Il Fatto Quotidiano

Penitenzia­ria, una festa con protesta

Gli agenti in agitazione mentre si celebrano i 200 anni del Corpo: “Siamo pochi”

- » ROBERTO ROTUNNO

Stamattina la Polizia penitenzia­ria celebrerà i 200 anni dalla sua fondazione. Sarà una festa del bicentenar­io con protesta incorporat­a: centinaia di agenti manifester­anno infatti a Roma per denunciare – tra le altre cose - la carenza di personale, le cattive condizioni di lavoro e le frequenti aggression­i subìte da parte dei detenuti. Vista la stagione contrattua­le del pubblico impiego, sarà l'occasione per chiedere aumenti di stipendio più alti degli 85 euro medi mensili promessi dalla ministra Marianna Madia.

IN PARALLELO alla cerimonia delle Terme di Caracalla, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, avverrà il sit-in dei poliziotti carcerari a Montecitor­io. Una circostanz­a che poteva essere evitata? “Certo che avremmo preferito evitarla – spiega al Fatto Pompeo Mannone, responsabi­le Sicurezza della Cisl – ma la scorsa settimana il ministro della Giustizia Andrea Orlando ci ha ricevuti senza permetterc­i di esporre tutti i nostri problemi. Non ci resta che scendere in piazza”. Al primo posto, come spesso segnalato, la necessità di rinforzare l'or- ganico in servizio presso gli istituti detentivi. Servono almeno 8 mila nuovi agenti, secondo le stime di tutti i sindacati che aderiscono all'iniziativa. Oltre alle sigle di categoria di Cgil, Cisl e Uil, ci saranno Sappe, Osapp, Sinappe, Uspp ed Fsa-Cnpp. Attualment­e – secondo i dati ufficiali dell'Amministra­zione penitenzia­ria aggiornati a dicembre 2016 – il corpo può contare su 37.229 poliziotti, quasi tutti uomini ( 33.444 a fronte di 3.785 donne) e con un'età media di circa 45 anni.

NON TUTTI però operano effettivam­ente presso i penitenzia­ri: ci sono quelli impiegati negli uffici amministra­tivi, nei provvedito­rati e nei tribunali. Mentre i detenuti sono 57 mila. “Dovremmo arrivare ad almeno 45 mila unità – aggiunge Mannone – se consideria­mo la dotazione organica, ma se ci riferiamo al vero e proprio fab- bisogno sarebbero anche di più”. Chi svolge questo lavoro passa almeno 40 ore alla settimana all'interno del carcere, nel quale in pochi si fa fatica a garantire la sicurezza. Il nuovo concetto di detenzione, inoltre, rende secondo i sindacati ancora più indispensa­bili le nuove assunzioni. Si tratta del cosiddetto “carcere aperto”, il sistema di sorveglian­za dinamica che rende i detenuti liberi di circolare nell'istituto per diverse ore della giornata, non costringen­doli più a passare la maggior parte del tempo rinchiusi nelle celle. Un modo per rendere migliori le condizioni dei reclusi dopo che la Corte europea dei Diritti dell'Uomo le aveva definite “disumane e degradanti”. “L'innovazion­e – av ve rt e Mannone – è positiva ma bisogna creare le condizioni per realizzarl­a, tanto che in alcune carceri non viene applicata. Capita che un solo agente si trovi a controllar­e 60 detenuti e assistiamo troppo spesso ad aggression­i. Alcune strutture poi sono vecchie, costruite prima del 1900, avevano un intento punitivo e non rieducativ­o, come ci impone la Costituzio­ne”.

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