Penitenziaria, una festa con protesta
Gli agenti in agitazione mentre si celebrano i 200 anni del Corpo: “Siamo pochi”
Stamattina la Polizia penitenziaria celebrerà i 200 anni dalla sua fondazione. Sarà una festa del bicentenario con protesta incorporata: centinaia di agenti manifesteranno infatti a Roma per denunciare – tra le altre cose - la carenza di personale, le cattive condizioni di lavoro e le frequenti aggressioni subìte da parte dei detenuti. Vista la stagione contrattuale del pubblico impiego, sarà l'occasione per chiedere aumenti di stipendio più alti degli 85 euro medi mensili promessi dalla ministra Marianna Madia.
IN PARALLELO alla cerimonia delle Terme di Caracalla, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, avverrà il sit-in dei poliziotti carcerari a Montecitorio. Una circostanza che poteva essere evitata? “Certo che avremmo preferito evitarla – spiega al Fatto Pompeo Mannone, responsabile Sicurezza della Cisl – ma la scorsa settimana il ministro della Giustizia Andrea Orlando ci ha ricevuti senza permetterci di esporre tutti i nostri problemi. Non ci resta che scendere in piazza”. Al primo posto, come spesso segnalato, la necessità di rinforzare l'or- ganico in servizio presso gli istituti detentivi. Servono almeno 8 mila nuovi agenti, secondo le stime di tutti i sindacati che aderiscono all'iniziativa. Oltre alle sigle di categoria di Cgil, Cisl e Uil, ci saranno Sappe, Osapp, Sinappe, Uspp ed Fsa-Cnpp. Attualmente – secondo i dati ufficiali dell'Amministrazione penitenziaria aggiornati a dicembre 2016 – il corpo può contare su 37.229 poliziotti, quasi tutti uomini ( 33.444 a fronte di 3.785 donne) e con un'età media di circa 45 anni.
NON TUTTI però operano effettivamente presso i penitenziari: ci sono quelli impiegati negli uffici amministrativi, nei provveditorati e nei tribunali. Mentre i detenuti sono 57 mila. “Dovremmo arrivare ad almeno 45 mila unità – aggiunge Mannone – se consideriamo la dotazione organica, ma se ci riferiamo al vero e proprio fab- bisogno sarebbero anche di più”. Chi svolge questo lavoro passa almeno 40 ore alla settimana all'interno del carcere, nel quale in pochi si fa fatica a garantire la sicurezza. Il nuovo concetto di detenzione, inoltre, rende secondo i sindacati ancora più indispensabili le nuove assunzioni. Si tratta del cosiddetto “carcere aperto”, il sistema di sorveglianza dinamica che rende i detenuti liberi di circolare nell'istituto per diverse ore della giornata, non costringendoli più a passare la maggior parte del tempo rinchiusi nelle celle. Un modo per rendere migliori le condizioni dei reclusi dopo che la Corte europea dei Diritti dell'Uomo le aveva definite “disumane e degradanti”. “L'innovazione – av ve rt e Mannone – è positiva ma bisogna creare le condizioni per realizzarla, tanto che in alcune carceri non viene applicata. Capita che un solo agente si trovi a controllare 60 detenuti e assistiamo troppo spesso ad aggressioni. Alcune strutture poi sono vecchie, costruite prima del 1900, avevano un intento punitivo e non rieducativo, come ci impone la Costituzione”.