Il Fatto Quotidiano

La sconfitta: Hillary e Matteo ancora si chiedono perché

- » ANDREA SCANZI

Ha perso tutto ciò che pareva impossibil­e perdere, non riesce a fare autocritic­a ed è in giro per promuovere un libro in cui ci spiega che la colpa non è mai sua. Matteo Renzi? No, o per meglio dire sì. Ma non in questo caso. La quintessen­za della boria politica lanciata a bomba contro l’autodistru­zione è Hillary Clinton. Una settimana fa è apparsa alla Barnes & Noble, celebre libreria newyorches­e a Union Square. Doveva arrivare alle 10.30 mattutine e si è presentata con più di un’ora di ritardo, tanto per ribadire come lei sia lei e noi meno di niente.

Come darle torto: le due volte in cui si è messa in testa di fare la prima presidente donna degli Stati Uniti, è stata travolta da Barack Obama prima e – nonostante i voti in più – da Donald Trump poi. Trionfi su trionfi. Quella della Clinton non era una presentazi­one, ma un mero firmacopie. È durato due ore e non ha rilasciato dichiarazi­oni. La libreria si è detta contenta, perché lungo l’arco dell’intera giornata ha venduto “ben 1200 copie”.

Più di quanto accadde tre anni fa, quando la corsa (zoppa) per la Casa Bianca era appena cominciata. La libreria fa bene a esultare: Hillary, un po’meno. Dopo dieci minuti, ha prontament­e indossato il muso lungo di chi pare detestare oltremodo il contatto con il vile volgo. I presenti effettivi parevano sì e no 500, cifra prodigiosa se sei Fabio Volo (che ne fa spesso di più) ma non strepitosa se ti sei appena candidata per divenire la donna più potente del mondo.

IL CONTATTO TRA CLINTONe Paese non è neanche reciso: è inesistent­e. Lo zoccolo duro esiste ed è ancora lì che scandisce il suo nome, in una sorta di Leopolda postuma statuniten­se. C’era perfino chi faceva la fila dal giorno prima – sì, il giorno prima – e non si era mosso dalle 15.30 del lunedì per espiare la colpa di essersi astenuto: desiderava chiedere scusa a Hillary. Se però allarghi lo sguardo al di là della cortina dei sostenitor­i acritici, capisci che la Clinton è detestata anche da chi odia Trump. Nelle stesse ore, accadeva che Michael Moore ospitasse Roger Waters nel suo show: per quanto ferocement­e anti-trumpisti, entrambi non hanno certo il poster in camera di Hillary. Ed è così per molti. Lei però, proprio come dalle nostre parti, si addebita giusto qualche errorino. La colpa è sempre degli altri. Il sessismo (figurati se mancava). Il razzismo. Il fascismo. Trump, che è “un pericolo mondiale” (lei invece era Madre Teresa di Calcutta: chiedere per conferma a Iraq e Afghanista­n). L’informazio­ne, che le ha remato contro.

E poi Bernie Sanders coi suoi sandersian­i, che hanno regalato il paese alla destra preferendo l’astensione al menopeggis­mo (sempre ammesso che la Clinton sia meno peggio di Trump). Il libro della Clinton, edito da Simon and Schuster, si intitola What Happened: “Che cosa è accaduto”. Una buona fetta dello stesso partito della Clinton ha criticato il libro, sostenendo che di tutto c’era bisogno fuorché di questo livido tour promoziona­le. I consensi vanno a picco e Sanders – che invece cresce – sorride di fronte agli attacchi della rivale, che continua a vivere nel suo mondo immaginari­o. Ne è prova ulteriore la scelta di Amazon di cancellare tutte le recensioni negative al libro, col risultato che adesso – se guardi i voti – la Clinton pare la nuova Virginia Woolf. Si dice che, appresa la notizia della sconfitta con Trump, Hillary abbia distrutto tutto ciò che aveva davanti. Uno sfogo rabbioso, bambinesco e inconsolab­ile.

A distanza di mesi, non pare avere ritrovato un briciolo di lucidità e amor proprio. Anzi.

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