Venti squadre sono troppe: c’è il baratro delle piccole
Nel paese dei Dybala e dei M e r t e n s l ’ aspetto curioso è che, visto dall’alto, sembra un campionato molto divertente. Per trovare una triade a punteggio pieno – Napoli, Juventus, Inter – bisogna risalire al 1960. Perché sì, il passato non passa mai. Visto dal basso, viceversa, è un deserto. Siamo appena alla quarta, d’accordo, ma mezzo torneo ha già bisogno di ossigeno, di preci.
I POSTI CHAMPIONS sono saliti da tre a quattro, e questo aiuta a credere in una lotta più serrata (lassù, almeno). Venti squadre restano, in compenso, un non senso tecnico ovunque e comunque, soprattutto in un sistema come il nostro che distribuisce i proventi tv in maniera scandalosa: troppo alle grandi, troppo poco alle piccole. E così le distanze, invece di accorciarsi, si dilatano. Se a Napoli, Juventus e Inter aggiungete la splendida Lazio di questo scorcio, vi esploderà in mano un dato clamoroso: dei complessivi 48 punti in palio, ne hanno persi la miseria di due (proprio la Lazio, al debutto: 0-0 casalingo con la Spal).
Dal 6-0 del Manchester City al Watford al 6-0 del Napoli al Benevento, gli scarti tennistici non sono un’esclusiva dei cortili italici. La differenza, quella vera, esula dal “particulare” caro a Guicciardini e coinvolge l’equilibrio econo- mico della ricca Premier, infinitamente più calibrato e non legato, in termini quasi totalizzanti, ai diritti televisivi. Gli inglesi, beati loro, possono permettersi un Leicester campione (nel 2016, addirittura, con mister Ranieri). Persino i francesi, nel 2012, hanno prodotto l’an om a li a del Montpellier, ultima Bastiglia contro l’invasione del Qatar e i lussi del Paris SaintGermain, in fastoso bilico tra la saga di Ibrahimovic e l’epifania di Neymar. Noi siamo fermi al Verona del 1985 e alla Sampdoria del 1991, reliquie del Ventesimo secolo.
C’è poi il discorso che riguarda il ceto medio. In Spagna, il Siviglia è stato capace di conquistare tre Europa League consecutive, e l’Atletico del Cholo Simeone di arrivare, come la Juventus di Allegri, a due finali di Champions. Insomma: al di là di anticorpi non sempre efficaci (si pensi alle manette del presidente federale Villar), la sensazione è che siano più forti Real e Barcellona, e non troppo deboli le altre. Per la cronaca, il calcio italiano non si aggiudica l’Europa League dal 1999, quando ancora si chiamava Coppa Uefa. L’impresa riuscì al Parma di Malesani. Neppure una finalista, da allora.
A zero punti, con il Benevento, arrancano Malaga e Alaves nella Liga, Crystal Palace in Inghilterra e Colonia in Germania. I tedeschi di squadre ne hanno 18, il viagra che gli esperti suggeriscono per rianimare la competitività sfiorita, ma proprio la Bundesliga, a conferma del disordine superiore che governa il calcio, alimenta la tirannia del Bayern, cinque “scudetti” di fila, uno in meno, uno solo, della collezione juventina.
Un anno fa guidava il Napoli con 10 punti, davanti a Juventus (9), Roma, Lazio, Chievo e Inter (7). Ultimo era il Crotone, appeso al filo di un pareggio con il Palermo. L’area retrocessione sembrava un mortorio, così mesta, così orientata. Del Crotone celebrammo il funerale già a dicembre, salvo corrergli dietro e montare sul carro non appena Nicola accelerò fino al miracolo.
DI NATALE INCARNÒ il rinascimento dell’Udinese, prima che il ritiro ne propiziasse la caduta verso il grigio delle classifiche nebbiose. Il Sassuolo di Squinzi sembra aver rinunciato al salto di qualità: il più esoso, il più complicato. Via Zaza, via Defrel, presto toccherà a Berardi. I folli mercati di Preziosi hanno fatto e disfatto il Genoa, negandogli la serenità di crociera che, probabilmente, l’avrebbe issato ai piedi dell’eurozona.
Risultati come Atalanta-Everton 3-0 fanno sperare che ci sia ancora vita, nel torneo della porta accanto, e che la tentazione di scacciare la noia con le scommesse possa essere “resistibile”.
Questa sera, intanto, si torna in campo: Bologna-Inter. Domani tutte le altre, con Lazio-Napoli e Juventus-Fiorentina a indicare la rotta. Già, la Fiorentina: i Della Valle pronti a venderla, Bernardeschi avversario. Fuoco amico ti scrivo.