Il Fatto Quotidiano

Italia, stivali sul terreno in Niger

Al crocevia fra terrorismo, droga e tratta di migranti, Usa e Francia hanno già basi militari operative e i tedeschi si stanno organizzan­do. Roma nega, ma prepara la missione

- » PIERFRANCE­SCO CURZI Agadez (Niger)

Nel

suo discorso alla nazione, in occasione della festa nazionale per l’indipenden­za del Niger, il 3 agosto, il presidente Mahmadou Issofou, al popolo ha parlato di tre sfide principali per il suo Paese: demografia, clima e sicurezza: “Il Niger continua a subire attacchi barbari da gruppi terroristi­ci. Traffico di droga, di armi e di persone sono minacce serie”. Ce la farà da solo il Niger a sconfigger­e certe piaghe che neppure i grandi della terra riescono a limitare? Con l’aiuto di vecchie e nuove forme neocon, un tentativo va fatto. È qui che entra in gioco l’Italia e la sua voglia di contare sullo scacchiere internazio­nale. L’asse sulle politiche migratorie messo in piedi con la Francia, sempre in posizione subalterna, sta producendo nuovi slanci conquistat­ori. Nonostante il ministero della Difesa abbia, nei mesi scorsi, seccamente smentito qualsiasi tipo di operazione militare durevole nel cuore dell’Africa sahariana, i dubbi restano. Nessun ‘Deserto Rosso’, dunque?: “In Niger lo sanno tutti che l’Italia è pronta ad avviare delle operazioni – spiega un funzionari­o nigerino che presta servizio nella base americana ad Agadez – qui dentro di ufficiali italiani se ne vedono spesso in visita. Prima di piazzare la struttura operativa ad Agadez, l’Italia si preparerà il terreno e la retrovia con una struttura logistica a Niamey”.

FRANCESI e americani sono già nella zona del ‘sale e dell’uranio’con nuclei avviati in diversi nodi strategici. A Madama, verso il confine orientale con la Libia, punto chiave del transito di migranti, i transalpin­i in meno di un mese hanno costruito una Bat, Base avanzata temporanea, utilizzata per voli tattici, con droni e caccia; i francesi sono ad Arlit per difendere la multinazio­nale dell’uranio Areva, e a Diffa, al confine meridional­e con Chad e Nigeria, area di espansione del gruppo islamista Boko Haram; gli Stati Uniti hanno basi ad Agadez, Arlit e Niamey, mentre la Germania ne sta pianifican­do una a Tahoua. L’Italia, sempre in ritardo, stavolta vorrebbe dire la sua. Il deserto del Sahara pullula di bande che trafficano in qualsiasi settore capace di rendere. La rotta dell’hashish incrocia quelle dei migranti proprio nel ‘triangolo’ dei disperati, al confine tra Niger, Libia e Algeria. In attesa di trovare accordi razionali ed efficaci con la Libia dei due presidenti e dei mille signori della guerra, l’Italia sta cercando una sponda sicura nel Niger, diventato ormai terra di conquista post-coloniale 2.0. Le smentite della Difesa hanno solo rallentato le voci sulle nuove regole di ingaggio. Non si tratterebb­e di basi stabili e di grosse dimensioni, quanto di strutture snelle, da spostare da un territorio all’altro a seconda delle necessità. Gli europei, ufficialme­nte sul fronte anti- terroristi­co, lavorerann­o a stretto contatto con le autorità del cosiddetto ‘G5’ africano, composto da Mali, Niger, Burkina Faso, Ciad e Mauritania.

Sale e uranio

La crisi libica ancora incerta giustifica l’intervento in accordo con il G5 subsaharia­no

 ?? Ansa ?? Alleati Un militare del Niger a Niamey
Ansa Alleati Un militare del Niger a Niamey

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy