L’ascesa di Dabbashi: da boss a imprenditore-schiavista
Libia Così il capobanda di Sabrata è asceso a leader incontrastato prima del traffico di uomini poi a “stopper” di chi vuol arrivare da noi
Cecchini sui tetti e carri armati nelle strade in centro a Sabrata, 80 chilometri da Tripoli. Famiglie bloccate nelle case, alle quali i volontari della Mezzaluna Rossa non riescono a prestare soccorso. Riusciamo a raggiungere per telefono un uomo che vive sulla linea degli scontri: “Siamo appena riusciti a scappare”, ci ha raccontato Jamal ( nome di fantasia). “Poi tornerò a comb a t te r e ” specifica il quasi trentenne, che già nel marzo 2016 prese parte alla guerra contro lo Stato Islamico che vide la cellula del califfato perdere il proprio potere.
Oggi da una parte della barricata combatte la potente famiglia dei Dabbashi e dall’altra gli uomini del consiglio militare locale. Ahmed Dabbashi, meglio noto con il suo nom de guerre “Al Ammu”, è uno dei più grandi trafficanti di esseri umani. Nonostante il suo primato incontrastato nel business dei migranti, dal 2015 riuscì a ottenere l’incarico da parte della società petrolifera libica Noc per la protezione esterna del compound Mellita a guida della Eni Oil & Gas. All’epoca gli italiani chiusero un occhio, pare, sperando evidentemente che l’uomo forte della zona potesse garantire la sicurezza per continuare a pompare gas. Da allora “Al Ammu” ha continuato la scalata nella piramide delle istituzioni fino a negoziare con gli italiani il blocco dei migranti previsto dal piano di cooperazione tra Europa, Italia e Libia.
“A luglio gli italiani hanno fatto sapere ad “Al Ammu” che era arrivato il momento di porre fine al traffico, e che se non lo avesse fatto gli italiani stessi lo avrebbero preso”, ha detto al Fatto un importante uomo d’affari di Sabrata che preferisce mantenere l’anonimato. “Pare che ‘Al Ammu’ si sia spaventato e qualche giorno dopo, per dimostrare le buone intenzioni ha occupato la prigione Mellita”. Il centro di detenzione di Mellita, tre chilometri a Ovest del compound dell’Eni, apparteneva al ministero degli Interni e al momento dell’arrivo di Dabbashi la struttura era in stato di abbandono. La fonte ha raccontato che nel giro di un paio di giorni “Al Ammu” l’avrebbe riempita di migranti catturati in raid a Sabrata, da tre anni principale base delle carrette del mare. “Dabbashi voleva lanciare un messaggio agli italiani”, spiega la fonte. Dopo pochi giorni, il ministro degli Interni Arif Al Khoja sarebbe giunto a Sabrata per ufficializzare la consegna della prigione Mellita dal ministe- ro al Municipio di Sabrata. “D’altronde il capo della polizia Salam Mabrook di Sabrata sta con i Dabbashi. È il fratello di Ahmed Dabbashi, Emhadem Dabbashi, che con la sua brigata Esem El Gul, specializzata nel traffico di benzina e droghe, guarda le spalle di Mabrook”.
PROPRIO EMHADEM sarebbe stato incaricato della gestione della famigerata Brigata 48, nota per i raid contro i migranti. Infatti già a luglio i numeri dei migranti che riuscivano a raggiungere le coste italiane sono iniziati a calare, fino a far registrare tra agosto e settembre una riduzione dell’80% rispetto al 2016.
“Sono tutti lì”, ha detto al Fatto una terza fonte che collabora con il Dipar timento per la lotta alla Migrazione irregolare di Tripoli riferendosi al carcere Mellita. “La scorsa settimana lì se ne contavano almeno 2000. Ma nessuno ci può entrare perché non è stato ancora riconosciuto dalle autorità”.
Forse qualcosa è andato storto nelle trattative con gli italiani, forse i Dabbashi si aspettano un più tempestivo riconoscimento del lavoro svolto e quindi anche della struttura Mellita per poter iniziare sin da subito a fatturare anche come centro di detenzione. Jamal spiega: “I barconi partiti sabato sono stati messi in mare dagli uomini di ‘Al Ammu’”. Gli scontri sono iniziati subito dopo la partenza degli oltre mille migranti dalle spiagge di Sabrata.
Parrebbe che il casus belli sia stato lanciato dagli uomini della Brigata Anas Dabbashi, che domenica avrebbero sfidato un check point in città gestito dal Consiglio militare locale. Una sparatoria si è presto trasformata in guerra combattuta con mezzi pesanti. Presto in soccorso dei gruppi del Consiglio militare sono arrivati gli uomini della Brigata Anti-terrorismo Al Wadi. La famiglia Dabbashi conta al suo interno diversi membri appartenenti allo Stato Islamico. “Con Dabbashi stanno combattendo uomini di Bengasi”, ha detto Jamal.
Mentre sul terreno si combatte, l’ufficio stampa del Consiglio militare fa sapere agli italiani che non hanno apprezzato l’invito a Roma del generale Khalifa Haftar, loro rivale politico. Tuttavia la Brigata Al Wadi che è tra le forze del Consiglio di Sabrata, punterebbe ai contratti a 6 zeri della guerra ai trafficanti. D’altronde gli stessi salafiti di Tripoli sono in affari con i clan del secondo snodo del traffico d’esseri umani, la città di Zawiya.
Il guardiano dell’Eni In precedenza s’era accordato con la società petrolifera per garantire l’incolumità La scheda
IL CLAN Ahmed Dabbashi, meglio noto con il nom de guerre “Al Ammu” è ilcapo-fila della potenta famiglia di Sabrata che controlla vari traffici illeciti nella zona costiera a circa 80 chilometri a ovest di Tripoli
BRIGATA48 Il gruppo armato guidato dal fratello di Ahmed è responsabile di diversi raid contro i migranti sia a terra che in mare