Quel che resta del Nobel a Kazuo Ishiguro
Fine dei giochi. Il Nobel per la Letteratura 2017 è stato assegnato a Kazuo Ishiguro. Con un pizzico di sadismo e la voglia di stupire a tutti i costi, i togati di Stoccolma dell’Accademia ci hanno gabbato sventolando il vessillo del Sol Levante tuttavia, la scelta finale non è caduta su Haruki Murakami – considerato un predestinato come Philip Roth – ma, a favore di Kazuo Ishiguro, nato l’8 novembre 1954 a Nagasaki e da anni cittadino britannico. L’annuncio è arrivato alle ore 13 mediante Sara Danius, Permanent Secretary dell’Accademia Svedese. Ma subito prima e per ben cinque minuti, quasi tutti hanno provato ad indovinare, sciorinando nomi celebri – e se toccasse a Claudio Magris? – o improbabili. Del resto, dopo Bob Dylan e il suo dilemma alla
Ecce Bombo ( vengo o non vengo a ritirare il Nobel?) poteva davvero succedere di tutto.
E A QUANTO PARE a Stoccolma piace sul serio prenderci in contropiede, tanto che sulla pagina ufficiale ( nobelpri
ze.org) c’è persino uno sfizioso sondaggio: avete mai letto qualcosa di Kazuo Ishiguro? Stupisce il pronome usato, qualcosa ( al momento di chiudere il pezzo stravince il No con oltre il 60% e migliaia di votanti). Non si può certo dire che Ishiguro sia l’autore più celebrato e osannato dalle masse ma sicuramente è noto e amato, grazie al successo dei suoi sette romanzi, nei quali spazia fra realtà e distopia, fra la fantasia lanciata al galoppo e la celebrazione del passato.
A cominciare dal suo terzo romanzo, Quel che resta del
giorno( 1989) con cui ha vinto il Booker Prize, narrando la storia di un maggiordomo, Mr. Stevens, aduso a scomparire, reprimendo i suoi sentimenti, dissolvendosi nell’etichetta della formalità (e certamente ricorderete il film di James Ivory con Anthony Hopkins). Avanti veloce sino a Non
lasciarmi è del 2005, (da cui è stato tratto un film diretto da Mark Romanek con Keira Knightley) in cui il nuovo Nobel immaginava l’adolescenza di un gruppo di ragazzi; una trama spensierata che scivola ne ll ’ incubo quando si renderanno conto d’essere nient’altro che cloni, scatole di scorta dell’originale, donatori d’organi ideali. Sino al più recente Il gigan
te sepolto (Einaudi, 2015), un fantasy ambientato nella Britannia del V° secolo, un omaggio a Tolkien fra creature fatate – draghi, orsi e folletti – ovvero l’eterna lotta fra Bene e Male in salsa medievale ma con un tocco di western.
Ishiguro vive a Londra dall’età di sei anni, ha sposato una donna scozzese e rappresenta una perfetta crasi intellettuale fra Oriente e Occidente, evidenziata tanto nel romanzo d’esordio Una vista pallida delle colline
( 1982) – in cui una donna giapponese palesa la difficile convivenza in un contesto culturale occidentale – quanto nel successivo, Un artista
nel mondo fluttuante (1986), esplicito omaggio alla cultura del paese natio, prostrato dall’apocalisse nucleare.
E DIFATTI, nell’anno che celebra il 72° anniversario dell’atomica su Nagasaki – mentre infuriano i venti di guerra sull’asse Usa-Corea del Nord – ci piace pensare che premiando Ishiguro, si voglia celebrare anche la resilienza di un popolo ma senza illuderci sulla natura umana, visto che “nei suoi romanzi di grande forza emotiva ha scoperto l’abisso sotto il nostro illusorio senso di connessione con il mondo”, come recita la motivazione ufficiale.
E il premiato? Ha reagito con inevitabile sorpresa, affermando “questo premio giunge in un momento in cui il mondo è incerto per quanto riguarda i valori, la leadership e la sua stessa sicurezza. Spero che questo grande onore, in qualche modo, possa incoraggiare le forze di buo- na volontà che aspirano alla pace”. E forse il più grande merito è quello d’essere una delle voci meticce che hanno dato nuova linfa alla narrativa inglese, lontane dalla via maestra.
INTANTO, un attimo dopo l’annuncio, sui social è scattata la consueta gara: da una parte chi ironizzava sul vincitore (Murakami avrà fatto Harakiri?; Un Nobel a Kazuo!; Kazuo chi?), dall’altra chi ha tirato fuori i suoi libri twittando citazioni a raffica o rispolverando l’a lbum delle foto con vip.
Diamoci una calmata, in fondo in Italia in base alle statistiche, l’anno scorso ha letto un libro il 45,7% della popolazione (erano 52,9% nel 2013). Infine, è assai arduo mettersi nei panni dei soliti noti – ancora Roth o Margaret Atwood – che, anche stavolta sono stati esclusi.
Un consiglio? L’anno prossimo, lasciate fuori posto il telefono, staccate il campanello e rilassatevi. Tanto toccherà (probabilmente) sempre a qualcun altro.
MEMORIA Nel 72° anniversario dell’Atomica, l’Accademia ha premiato lo scrittore originario di Nagasaki: “Spero incoraggi chi aspira alla pace”