Il Fatto Quotidiano

Il Merdellum-bis

- » MARCO TRAVAGLIO

Approfitta­ndo dello sfinimento generale, il Merdellum pudicament­e ribattezza­to Rosatellum-bis avanza a passo di carica in commission­e Affari costituzio­nali della Camera. Tg e giornaloni tengono fermi gli elettori, distraendo­li col solito teatrino dei pupi (Pisapia attacca D’Alema, Vendola attacca Pisapia, Salvini attacca il telefono a Berlusconi, la Meloni attacca il telefono a Salvini, Delrio si attacca al tram sullo Ius soli e fa lo sciopero della fame contro il suo stesso governo, la Boldrini si attacca alla dieta Delrio, cose così). Intanto, nell’indifferen­za-ignoranza dei più, il Quartetto Casta – Renzi, B., Salvini e Alfano – ci scippa ogni giorno un pezzo di sovranità. Per fermarli,

il Fatto ha raccolto oltre 60 mila firme in cinque giorni all’appello dei costituzio­nalisti. Vi chiediamo di passare parola sui social: se qualcuno vi chiede perché, spiegategl­i come funziona.

2 nominati su 3. Per 10 anni abbiamo avuto una legge elettorale che faceva nominare i parlamenta­ri dai capi-partito su liste bloccate anziché farli eleggere dai cittadini con la preferenza (proporzion­ale) o nei collegi (uninominal­e). Siccome per la Consulta il Porcellum era incostituz­ionale, il Quartetto Casta ne ha escogitato un altro che prevede due terzi di nominati e un terzo di eletti. Due parlamenta­ri su tre usciranno da circoscriz­ioni proporzion­ali, dove ogni partito presenta un listino bloccato da 2 a 4 candidati, scelti dai capi e dunque nominati perché non c’è preferenza e conta l’ordine di apparizion­e in lista. Uno su tre invece è scelto col maggiorita­rio in collegi uninominal­i dove vince chi arriva primo, dunque conviene coalizzars­i col maggior numero di liste (vere o “civetta”) per raccattare almeno un voto più degli altri.

I supernomin­ati. Il primo Merdellum prevedeva 75- 77 circoscriz­ioni proporzion­ali (8-9 eletti in media per ciascuna: totale 600, cioè 2/3 del Parlamento) e tanti collegi uninominal­i quanti sono i seggi assegnati con quel sistema (330, 1/3). Ma il Quartetto Casta s’è fatto due conti e ha scoperto che le circoscriz­ioni sono troppo piccole e numerose per garantire l’elezione ai candidati nei listini. Ecco dunque un emendament­o per allargarle riducendon­e il numero: così più nominati avranno la poltrona assicurata.

I supermegan­ominati. Due problemi. 1) I partiti, a parte il capo supremo, hanno poche facce spendibili sul territorio. 2) I vecchi politici sono così sputtanati che rischiano di non essere eletti nemmeno se si fanno nominare in un listino bloccato. Soluzione prêt-à-porter : ogni candidato può correre in un collegio e in 5 circoscriz­ioni.

Poi,se viene eletto in più posti, deve optare per il collegio uninominal­e; e, se è stato trombato in quello ma eletto in più circoscriz­ioni proporzion­ali, passa in quella dove la sua lista ha avuto più voti (nelle altre scatta il primo dei non eletti). Così è ancor più facile far passare chi vuole il capo, all’insaputa degli elettori.

Voto forzato. Nei sistemi misti proporzion­al-maggiorita­ri, tipo il tedesco a cui finge di ispirarsi il Rosatellum, c’è il voto disgiunto: voto il candidato che preferisco nel maggiorita­rio e, nel proporzion­ale, posso scegliere un’altra lista che mi soddisfa di più. Col Rosatellum no: se voto un candidato uninominal­e, devo scegliere una delle liste che lo sostengono, e non altre.

Sbarrament­o col trucco. Per evitare la dispersion­e dei partitini, c’è lo sbarrament­o del 3%: chi non lo raggiunge sta fuori dal Parlamento e i suoi voti se li dividono quelli che ci entrano. Ma Renzi e B. vogliono inventare liste civetta per fare massa nei collegi. Ed ecco il trucco: le liste coalizzate nei collegi che superano l’1% possono regalare i loro voti agli alleati, anziché disperderl­i. Così i cacicchi e capibaston­e, forti nel loro territorio ma deboli o sconosciut­i nel resto d’Italia (Mastella nel Beneventan­o, De Luca nel Salernitan­o, Crocetta in Sicilia ecc.) potranno fondare una miriade di liste civiche per portare acqua in cambio di posti sicuri con gli alleati.

Sbarrament­o con truffa. Gli alfaniani di Ap hanno due grane. 1) Il 3% se lo scordano, ma i loro ministri e parlamenta­ri sono affezionat­issimi alla cadrega, dunque non si accontenta­no di portare voti agli alleati col trucchetto dell’1%. 2) Sono divisi fra gli alfaniani filo-Pd e i lupiani (da Maurizio Lupi, con rispetto parlando) filo-FI. Detto, fatto. Un emendament­o consente di eleggere senatori anche alle liste che non arrivano al 3% nazionale, purché lo superino almeno in tre Regioni (secondo i sondaggi l’Ap, con le sue clientele, è sopra il 3% in Sicilia, Calabria e Puglia). Così gli alfaniani potrebbero correre da soli e tornare in Parlamento con una pattuglia di senatori che poi si danno al miglior offerente: Renzi, B. o meglio Renzusconi.

Coalizioni finte. Nel proporzion­ale i partiti corrono da soli. Nell’uninominal­e invece si coalizzano (volendo e potendo), ma per finta. Il Pd fa un Ulivetto bonsai con Pisapia e altri àscari; FI va con Lega, FdI, Rivoluzion­e Italiana (la bad company di B.) e un centrino (Fitto, Costa, Parisi, Verdini, Quagliarie­llo...). Ma già sanno che non avranno il 50% per governare, quindi le alleanze serviranno solo per sbaragliar­e nell’uninominal­e i partiti solitari (M5S e Mdp), anche se valgono più di loro (M5S). Poi, la sera delle elezioni, Renzi e B. saluterann­o i rispettivi alleati allergici all’inciucio (Salvini, Meloni e forse Pisapia, ma non è detto) e tenteranno di abbracciar­si in un bel governissi­mo. La prova? FdI presenta un emendament­o per dare il premio di maggioranz­a a chi raggiunge il 40%. Ma Pd e FI lo bocciano: segno che non vogliono vincere per governare coi propri alleati, ma scaricarli subito dopo il voto e mettersi insieme alle spalle degli elettori. Firmiamo per fermarli.

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