Il Fatto Quotidiano

Capaci-bis, possibili i “mandanti occulti”

Caltanisse­tta Nelle motivazion­i della sentenza si parla di “convergenz­a di interessi” di ambienti esterni alla mafia

- » SANDRA RIZZA

Se davvero ci fu un “mandato occulto” alla strage di Capaci, se dietro il botto dell’autostrada si dispiegò una strategia del terrore “di matrice meta-mafiosa, cioè imputabile a pezzi deviati delle istituzion­i”, è un’eventualit­à che non si pone affatto come “alternativ­a all’ideazione del medesimo piano in ambito mafioso”. Lo scrive la Corte d’Assise di Caltanisse­tta, motivando gli ergastoli nei confronti dei boss Salvatore Madonia, Lorenzo Tinnirello, Giorgio Pizzo e Cosimo Lo Nigro, condannati poco più di un anno fa come il “pezzo mancante” del commando che il 23 maggio ’92 uccise Giovanni Falcone, la moglie e tre agenti di scorta. Unico assolto, Vittorio Tutino, fedelissim­o dei boss Graviano: i giudici oggi definiscon­o “carenti” i riscontri sulla sua partecipaz­ione consapevol­e alla strage.

È L’ULTIMO atto del processo Capaci bis, considerat­o l’approdo finale delle dichiarazi­oni del pentito Gaspare Spatuzza.

Nelle 1581 pagine delle motivazion­i, la Corte d’A ss is e presieduta da Antonio Balsamo lascia dunque aperta la porta a possibili coinvolgim­enti istituzion­ali nello stragismo del ’92, sia pur specifican­do che si tratta di ipotesi fi- no ad oggi non suffragate da un solido quadro probatorio. Ma se i pm per tutta la durata del Capaci bis avevano puntato a demolire “la formula dei mandanti occulti” evocata dalla difesa, citando ironicamen­te la Spectre, Paperinik, e altri scenari fuligginos­i, oggi nella sentenza quell’at teg gia men to “negatorio” dell’accusa sembra lasciare il posto a una prospettaz­ione più possibilis­ta: “È emerso un quadro – scrivono i giudici – che conferisce forza alla tesi secondo cui ambienti esterni a Cosa Nostra si possono essere trovati in una situazione di convergenz­a di interessi” con i boss. E la sen- tenza ricorda la campagna di delegittim­azione contro Falcone che coinvolse persino alcuni magistrati, e le dichiarazi­oni del pentito Nino Giuffrè che parlò di un sondaggio, alla vigilia della strage di Capaci, avviato dal boss Provenzano “in ambienti fuori Cosa Nostra”: dell'imprendito­ria, della politica e della massoneria.

SOTTOLINEA­NDO “l’i m po rtanza di una continua ricerca della verità”, infine, i giudici bollano come “inverosimi­li” le dichiarazi­oni del pentito Franco Di Carlo che dice di essere stato raggiunto nel carcere inglese di Full Sutton da al- cuni 007, tra cui Arnaldo La Barbera, desideroso di un appoggio in Sicilia per “fermare” Falcone, ma citano anche le accuse dei pentiti che definirono l’ex questore “nelle mani di Madonia”. “La condotta di La Barbera – conclude la Corte – non può sottrarsi a una valutazion­e di opacità”, ma comunque “non intacca in alcun modo il ruolo di Madonia e degli altri imputati”. E Faccia di Mostro? Anche sull’ex poliziotto Giovanni Aiello, accusato dai pentiti di aver avuto un ruolo a Capaci, non ci sono prove: nessun giudizio definitivo sul personaggi­o (scomparso nei mesi scorsi) ma un riferiment­o al prosciogli­mento del gip che nel 2012 evidenziò tutte le “criticità del narrato dei collaborat­ori”.

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Ansa La strage di Capaci

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