Ilva, 4 mila esuberi. A chi resta niente art. 18
Marcegaglia parte con i tagli. La Fiom: “Il costo della cassa scaricato sui cittadini”
Più vengono svelate le strategie per il rilancio dell'Ilva, più si acuisce lo scontro tra i sindacati e Am InvestCo, cordata che ha rilevato lo stabilimento di Taranto e gli altri sparsi in tutta Italia. In una lettera di ieri, sono stati confermati i 4 mila esuberi, oltre all'intenzione di assumere gli altri 10 mila attuali dipendenti del gruppo con un nuovo contratto di lavoro, a condizioni ritenute penalizzanti dagli operai.
IL CONFRONTOripartirà a Roma lunedì e si fa ancora più complicato di come era partito a maggio, quando il ministero dello Sviluppo economico ha accettato l'offerta di Arcelor Mittal e Marcegaglia. Proprio il 9 ottobre si sciopererà in tutte le sedi Ilva. Am InvestCo ha ribadito l'entità degli investimenti: 2,4 mi- liardi di euro in totale; 1,13 per il risanamento ambientale e 1,25 per il piano industriale, più altri 10 milioni per ricerca e sviluppo. Ma è il capitolo lavoro che ha irritato i sindacati. A Taranto, dove adesso ci sono quasi 11 mila dipendenti, saranno reimpiegati in 7.600. A Genova invece diventeranno 900 (da 1.500), mentre a Novi Ligure torneranno in servizio 700 persone (754 gli esuberi). Poche decine per ognuno degli altri stabilimenti. In totale, come detto, poco meno di 10 mila. “Non vi sarà continuità rispetto al rapporto di lavoro intrattenuto con le società – si legge nella lettera – neanche in relazione al trattamento economico e all'anzianità”. Insomma, i “fortunati” che saranno selezionati per il nuovo corso dovranno partire da zero e si vedranno applicare il contratto collettivo nazionale, ma perderanno gli scatti e l'integrativo. In più, trattandosi di un nuovo rapporto di lavoro, quindi a tutele crescenti, non saranno più protetti dall'articolo 18. Sarà di conseguenza più facile licenziarli a livello individuale, visto che la nuova normativa prevede solo l'indennizzo di due mensilità per ogni anno di servizio. Quanto perderanno in busta paga con questa operazione? “Direi dal 20 al 30%”, afferma Rosario Rappa, responsabile siderurgia della segreteria Fiom. “Questo piano non ci convince – spiega il dirigente sindacale – Se è vero che vogliono lavorare in totale dieci milioni di tonnellate di acciaio, quei numeri della forza lavoro sono troppo bassi. Allora ammettano che non è veritiero quel volume, altrimenti aumentino l'organico”. Il cronoprogramma però prevede nei prossimi anni un'ulteriore diminuzione degli addetti, che passerebbero a 8.480 costanti. Tra l'altro, essendo questa una nuova società, potrà utilizzare partendo da zero tutta la cassa integrazione necessaria, entro i limiti posti dal Jobs Act. Molto critico verso il piano è stato anche il segretario metalmeccanici Cisl Marco Bentivogli: “Se tale approccio sarà confermato nell’incontro di lunedì – ha avvertito - è chiaro che il ricorso alla mobilitazione generale diventerà inevitabile. Alcuni stabilimenti inizieranno la mobilitazione già nelle prossime ore”.
CHE COSA succederà invece ai 4 mila dichiarati in esubero? Resteranno nel perimetro della vecchia Ilva in amministrazione controllata, sotto i tre commissari Corrado Carrubba, Piero Gnudi ed Enrico Laghi. Il governo ha assicurato che saranno utilizzati nei lavori di ambientalizzazione. Per loro, comunque, sarà possibile per via di un apposito decreto, usare la cassa integrazione fino al 2023. “Come al solito – ha concluso Rappa – il costo degli ammortizzatori per gli esuberi sarà scaricato sui cittadini, in linea con il classico metodo che prevede la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite”.