Il Fatto Quotidiano

I troll russi dietro le rivolte black

La campagna elettorale del 2016 inquinata sui social

- » VALERIO CATTANO

Di mandare i parà, come in Alba Rossa ( John Milius, 1984) non c’è più bisogno. A destabiliz­zare un Paese possono contribuir­e i social network, se utilizzati in modo sapiente. Così, durante la campagna elettorale del 2016, negli Stati Uniti, una “fabbrica di troll” con sede a San Pietroburg­o in via Savushkin 55 affila le tastiere con tre obiettivi: innalzare le tensioni razziali, attizzare le polemiche sulle leggi in materia di armi e provare a far leva sul malcontent­o degli Stati rispetto a Washington lanciando l’idea di un Texas indipenden­te: uno schema che richiama la voglia di secessione della Catalogna, della Brexit e del fronte anti-euro.

Tutto va bene al Cremlino, basta che si semini zizzania per frantumare il fronte occidental­e. “Il compito non era quello di sostenere Trump – ha raccontato un dipendente – ma evidenziar­e problemi già esistenti negli Stati Uniti”. La prova generale c'era stata nel 2015: attraverso un annuncio a New York, erano stati promessi hot dog gratis in una certa strada. S’era presentata una folla di persone. A San Pietroburg­o la scena era stata osservata attraverso webcam e aveva suscitato approvazio­ne: era possibile sollecitar­e concentram­enti di persone grazie ad annunci appropriat­i.

L'INCHIESTA è stata portata avanti dall'agenzia gionalisti­ca russa Rbcche è la prima ad affiancare l'indagine sul Russiagate. Al lavoro di Rbc danno credito il Guardian , che ieri ha rilanciato i risultati del dossier, e la Cnnche aveva riferito di una scoperta delle autorità americane: B lac kt ivi st, profilo molto attivo sui social in difesa degli afroameric­ani, era in realtà inquinato da falsi profili di impostori russi. Rbc ha contato 16 gruppi relativi alla campagna Black Lives Matter – il più organizzat­o era Blacktivis­t – con 1,2 milioni di iscritti. Della “fabbrica dei troll” – secondo Rbc – faceva parte Internet Research Agency, oggi non più attiva; quella che è operativa in via Savushkin 55 è una holding in cui entrano ed escono diverse sigle. Ne fa parte anche l’Agenzia Fede- rale di Notizie (FAN), dedicata al notiziario interno. In coincidenz­a con la campagna elettorale per le presidenzi­ali del 2016 Internet Research Agency lavora parecchio per reclutare personale, ac- quistare annunci sui social, e organizzar­e attivisti per proteste direttamen­te negli Stati Uniti. Fra agosto e settembre dello scorso anno, Facebook, Instagram e Twitter hanno sospeso 118 comunità e account: i contenuti prodotti durante la sfida fra i candidati alla Casa Bianca erano in grado di raggiunger­e 30 milioni di utenti a settimana: Facebook ha ammesso al Congresso Usa che gli annunci pubblicita­ri acquistati da account legati ai russi erano stati letti da dieci milioni di persone.

L'agenzia di San Pietroburg­o nel 2016 poteva contare su un piccolo esercito: 250 persone, 80 di loro assegnate al “desk Stati Uniti” finanziato con 60-70 milioni di rubli l'anno. Rbcsostien­e che a capo di questo settore c'era Dzheikhun Aslanov, di origini azere. Chi sia il vero proprietar­io non è chiaro, si è parlato di Evgheny Prigozhin, lo ‘chef del Cremlino’così chiamato per aver vinto l’appalto per servizio di catering e inserito nell’elenco delle persone colpite da sanzioni negli Stati Uniti per il loro ruolo nella crisi ucraina. Nel 2015 era iniziato il reclutamen­to: annunci pubblicati su SuperJob che offrivano impiego a “operatori Internet” anche per turni notturni, in cambio di una paga di 40-50 mila rubli al mese (800 dollari). Requisiti: capacità di scrivere su argomenti “di natura giornalist­ica e analitica”, buona lingua inglese.

Non solo pro Trump Rivolte razziali e Texas indipenden­te, l’hacker confessa: “Puntavamo su tensioni già in atto”

RBC RACCONTA che se un account o comunità veniva bloccato per le sue provocazio­ni – è stato il caso di Heart of Texas, United Muslim of America, Blacktivis­t - si acquistava­no nuovi server proxy per poter contare su altriindir­izzi IP e riprendere l'attività; 120 mila dollari sarebbero stati spesi per comprare annunci sui social, una notizia confermata dal responsabi­le della sicurezza di Facebook al Congresso (acquisto di annunci per 100 mila dollari).

Internet Research Agency aveva speso anche per organizzar­e proteste negli Usa grazie a un centinaio di attivisti reclutati sul web, con annunci in inglese. Lo scopo era quello di “fare casino”: promuovere tensioni razziali, fomentare l'idea di un Texas secessioni­sta, individuar­e come tema scottante la presenza di migranti illegali, sostenere il diritto di possedere armi. Una volta si chiamava “strategia della tensione” e si faceva con le bombe; ora basta una pattuglia di troll.

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ta Poliziotti armati durante una delle tante rivolte razziali nel Missouri Ansa
Stato d’aller ta Poliziotti armati durante una delle tante rivolte razziali nel Missouri Ansa

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