Il Fatto Quotidiano

Rosatellum, Forza Italia vuol dire “fiducia” sicura

Romani, capogruppo al Senato, studia il modo per fare passare il testo: “Faremo di tutto”

- » GIANLUCA ROSELLI

Forse non ci sarà bisogno che un gruppo di forzisti voti la fiducia al governo. Sarebbe un atto irrituale che nemmeno Gentiloni e il Pd auspicano. Semmai basterà che una decina di berlusconi­ani restino in aula e si astengano. E il problema del numero legale è risolto”. Un senatore di lungo corso fa il punto sui numeri della legge elettorale, arrivata in commission­e Affari costituzio­nali del Senato, dove ieri sera sono iniziati i voti sulle pregiudizi­ali.

A PALAZZO MADAMA la riforma è in sicurezza, perché i partiti che appoggiano il Rosatellum bis (Pd, Fi, Lega, Ap, Ala e Idea) arrivano a 220 voti. I problemi sorgeranno quando il governo porrà la questione di fiducia, perché a quel punto in aula resterebbe­ro Pd, Ap e verdiniani. Totale: 155 voti, al di sotto della quota di sicurezza (161). Ma gli escamotage per abbassare la soglia sono molteplici. Basta, per esempio, che Fi e Lega dichiarino di avere persone ammalate o in missione e l’asticella si abbassa. Ma per garantire il numero legale – che in Senato si aggira a quota 145 – il partito azzurro ha già pronta una pattuglia di dieci senatori disposti a restare in aula e astenersi: qui l’astensione vale voto contrario, ma sarebbero una decina di “no” ininfluent­i sull’esito finale.

Questo l’e scamotage che Paolo Romani e Luigi Zanda – il cui rapporto è definito “solidissim­o” – stanno studiando per far camminare il Rosatellum sul velluto. Approvarlo il più presto senza cambiare una virgola, del resto, è l’input arrivato da Renzi, Berlusconi e Salvini.

Per questo ieri Zanda ha proposto l’arrivo in aula per martedì prossimo anche se il testo non avrà terminato l’iter in commission­e, proposta passata col voto di tutti tranne M5S, Mdp e Sinistra italiana. Segno che il Pd ha fretta e che il governo metterà la fiducia. “Noi sosteniamo la legge, abbiamo solo il problema che ci sarà difficile votare la fiducia al governo, anche se si tratterà di una fiducia tecnica. Ma faremo in modo che questa legge venga comunque approvata”, ha spiegato Romani. Del resto è lo stesso Berlusconi a ribadire al Corriere che “questo è il miglior compromess­o possibile, quindi direi senz’altro che passerà…”.

Una linea talmente chiara che tra i senatori azzurri si e- ra anche disposti a votare una “fiducia tecnica”. “Non sarebbe drammatico, meglio dei vari escamotage che si sentono in giro”, osserva l’ex An salernitan­o Franco Cardiello. Le mosse dei forzisti sono guardate con qualche ironia dai verdiniani, ormai ufficialme­nte in maggioranz­a al posto di Mdp. “Tra Zanda e Romani c’è un rapporto privatisti­co, quando uno chiama, l’altro risponde. Sarà interessan­te seguire la legge di bilancio…”, sorride sornione il capogruppo di Ala, Lucio Barani. Che, tanto per gradire, ha definito Brunetta e Romani “due brocchi”.

Il punto cruciale, ora, è che Gentiloni si ritrova con una maggioranz­a diversa, con Ala (14 senatori e 15 deputati) al posto di Mdp (16 senatori e 43 deputati).

“CHIEDEREMO un incontro a Mattarella per capire come può un esecutivo fare una legge di bilancio senza una maggioranz­a consolidat­a”, fa sapere Cecilia Guerra, capogruppo Mdp in Senato. “Se si cambia maggioranz­a occorre un passaggio parlamenta­re”, fa notare Alfredo D’Attorre. Dopo l’incontro con i bersaniani, la palla sarà nelle mani del capo dello Stato, che dovrà decidere se convocare Gentiloni al Colle e poi mandarlo in Parlamento a chiedere un voto di fiducia sulla nuova maggioranz­a, certifican­do l’i ngresso di Denis Verdini. Cui il premier aveva chiuso la porta all’inizio del mandato, mentre ora, in Senato, dipende da lui.

Dovremo trovare il modo di manifestar­e il nostro parere favore vole (...) faremo in modo di agevolare che questa legge venga approvata

PAOLO ROMANI

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