Il Fatto Quotidiano

Uber, il colosso Usa gioca l’ultima carta per non finire travolto

- » VIRGINIA DELLA SALA

sciopero dei tassisti indetto per il 21 novembre, una regolament­azione che ancora langue e un’azienda che sembra in agonia per i colpi all’immagine ricevuti negli ultimi mesi: è il giro di valzer che attende Uber in Italia. Intanto, al ministero dei Trasporti sul tavolo ci sono due documenti che dovrebbero dirimere il caos tra l’azienda americana e i tassisti: un decreto attuativo della delega approvata da oltre due mesi dalla legge sulla concorrenz­a per riformare l’intero settore e il decreto interminis­teriale, redatto con il ministero dello Sviluppo economico, che a giorni inizierà il suo iter. Fascicoli con un esito molto differente: il primo non vedrà la luce prima dello scioglimen­to delle Camere (sarà materia per il nuovo governo) mentre il secondo sarà attuato prima della fine della legislatur­a. “Una situazione delicata – spiegano dal ministero – per le diverse richieste che arrivano dalle parti in causa”.

L’AGONIA. Non tira una buona aria per Uber in Italia. L’azienda, attaccata da ogni parte, teme di dover lasciare il Paese. Oggi gli autisti del noleggio con conducente sono sul chi vive: nonostante il Tribunale di Roma, a maggio, abbia annullato il fermo contro l’emendament­o Lanzillott­a al Milleproro­ghe (che sospendeva per il 2017 i limiti di circolazio­ne per gli Ncc previsti dalla legge sul trasporto del 1992), nella Capitale o a Milano gli autisti vengono fermati dalla polizia: “Non solo sono considerat­i in violazione della legge – spiegano dall’azienda – ma gli sequestran­o anche l’auto e gli viene tolta l’autorizzaz­ione per due mesi”. Le cause sono già arrivate in tribunale. “Qualche settimana fa – spiegano da Uber – il giudice ha dato ragione a un Ncc e ha ordinato anche il risarcimen­to”. Ma i conducenti sono spaventati e il timore è che la riforma del trasporto passi al n u o v o g overno. All’azienda, infatti, il decreto interminis­teriale non basta. Ritiene che l’obbligo del rientro in rimessa (a meno che non si abbiano prenotazio­ni già prima della partenza) e i vincoli alla territoria­lità affossino il servizio di Uber Black, dopo la morte di UberPop che consentiva a chiunque di diventare un autista.

Basta guardare fuori dai confini per accorgersi del cambio di strategia di Uber: la settimana scorsa ha chiuso spontaneam­ente UberPop in Norvegia. In Italia e in altri Paesi era già stato bloccato dai tribunali. Il piano in Europa, dicono, è muoversi secondo le leggi e sottoporre ai governi la propria visione: vorrebbero che le licenze fossero sul veicolo e non sulla persona, che fossero riconosciu­te le p ia tt a fo rm e digitali, che fosse creato un registro in cui inserirle insieme a chi ci collabora. Ai tavoli ministeria­li hanno portato come esempio l’Estonia, dove tutte le corse sono tracciate: “A fine mese gli autisti fanno clic e le tasse vanno al fisco”. Tasse che arrivano dal 75% del totale della corsa: il 25%, infatti, va a Uber che ha sede legale ad Amsterdam, e solo lì paga le imposte.

L’auspicio è per un modello “Uber-centrico”. In Estonia, hanno deregolame­ntato il settore dei taxi, rimosso la tariffa fissa, eliminato l’obbligo geografico: si può fare impresa ovunque. Il periodo di transizion­e, che si concluderà a gennaio, prevede anche il rimborso delle licenze acquistate e non ancora ammortizza­te dai tassisti. “Grazie alla app, possiamo verificare dove le persone cercano Uber. Gli stranieri lo cercano in tutta Italia mentre il 90 per cento dei taxi italiani è concentrat­o in sole 5 città: una legge come quella estone permettere­bbe anche ai taxi di fare impresa in quelle zone del Paese dove non ci sono”. Maggiore attenzione anche ai rapporti istituzion­ali: a settembre, il nuovo ad di Uber, Dara Khosrowsha­hi, è volato a Londra dopo la sospension­e della licenza da parte del sindaco che la accusava di non rispettare le regole sulla sicurezza dei passeggeri e dei driver. Scuse, lettere, tentativi di trovare un accordo: l’azienda china il capo per cercare di recuperare dopo gli scandali degli ultimi mesi. E per presentars­i ancora come un cavallo su cui puntare (è stato allontanat­o il fondatore Travis Kalanick e c’è un nuovo investi- tore, il fondo Vision Fund gestito dalla giapponese Softbank con l’obiettivo di arrivare in Borsa entro due anni). In pratica, o si vince o si muore.

I TASSISTI, intanto, danno battaglia: per il 21 novembre è stato indetto uno sciopero generale. “È stato proclamato – spiega il segretario nazionale Uil Trasporti, Alessandro Atzeni – per l’attuale disordine normativo che, di fatto, ha deregolame­ntato il servizio del trasporto pubblico non di linea e a causa della promesse non mantenute del ministero dei Trasporti, al fine di ripristina­re l'equilibrio normativo tra i settori taxi e ncc”. E anche se il decreto sembra andare a loro favore, i tassisti sono intanto divisi su Mytaxi, l’applicazio­ne che permette chiamare un taxi via app. La piattaform­a fa concorrenz­a al Radio taxi (per cui i tassisti pagano circa 400 euro al mese) e per questo le maggiori società hanno imposto dei contratti di esclusiva. Tanto che a gennaio l’Antitrust ha aperto due istruttori­e per possibili intese restrittiv­e della concorrenz­a nei confronti delle principali società di Radiotaxi a Roma: Radiotaxi 3570, Coop Pronto Taxi 6645 e Samarcanda.

Chi è

Dara Khosrowsha­hi dallo scorso agosto è il nuovo amministra­tore delegato di Uber

La carriera Laureato in Ingegneria elettronic­a, nel ’91 lavora come analista per Allen & Co. Nel 2005 diventa Ceo di Expedia

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