Il Fatto Quotidiano

Raqqa è presa, curdi felici solo a metà

L’Isis perde la “capitale” ma chi ha vinto la battaglia per l’Iraq è sempre un nemico

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Raqqa

è caduta, Raqqa è libera: dopo Mosul, la capitale irachena, l’Isis, perde pure la capitale siriana. Ma il cubo di Rubik mediorient­ale è lungi dall’essere risolto. I curdi, protagonis­ti della battaglia di Raqqa, s’attendono d’essere ricompensa­ti dagli Stati Uniti e – divisi fra di loro – sognano l’ind ip en de nz a; ma si ritrovano sotto attacco in Iraq.

I miliziani integralis­ti, foreign fighters e guerrieri locali, non hanno più un territorio da difendere, ma restano capaci di azioni terroristi­che. E le scelte contraddit­torie del presidente Trump, che lusinga le monarchie sunnite, dove i jihadisti hanno appoggi e da dove traggono finanziame­nti, e contrasta l’Iran, in prima linea in Iraq e con i suoi alleati in Siria contro l’Isis, non favorisco- no una composizio­ne pacifica dello scacchiere. L’assalto finale a Raqqa era partito sabato scorso. La presa è stata ieri annunciata dalle Sdf, le Forze democratic­he siriane, a predominan­za curda, sostenute dalla Coalizione internazio­nale a guida Usa. Fonti umanitarie parlano di tremila caduti a Raqqa in un anno.

Le milizie curde hanno issato la propria bandiera all'interno dello stadio, ultimo bastione dell'Isis, mentre ancora tutto intorno pr os eg ui va no sporadici combattime­nti. Tremila civili, ma anche centinaia di jihadisti – in merito, le informazio­ni sono contrastan­ti - erano stati evacuati da Raqqa domenica, dopo un accordo raggiunto tra le Sdf e lo Stato islamico con la mediazione di capi tribali locali. L’intesa non è stata avallata dagli Stati Uniti e dagli alleati occidental­i: in Europa, c’è preoccupaz­ione per l’onda d’urto del ritorno dei foreign fighters. Lanciata l’azione finale, i miliziani dell’Isis rimasti a resistere, fra cui numerosi foreign fighters – qui c’erano i cervelli degli attentati a Parigi nel novembre 2015 - s’erano asserragli­ati in un’area molto ristretta del centro cittadino, praticamen­te distrutto. Ieri mattina, i curdi avevano conquistat­o piazza al Naim, tragicamen­te celebre perché teatro delle esecuzioni pubbliche dei boia integralis­ti, e erano poi andati all’attacco dello stadio, divenuto luogo di detenzioni e uccisioni.

MA PROPRIOin parallelo alla battaglia di Raqqa, più a Est, in Iraq, le forze irachene stanno svolgendo un’offensiva per impadronir­si della città di Kirkuk, centro petrolifer­o nevralgico in mano ai curdi. È la risposta al referendum per l’i nd ip en de nz a svoltosi a fine settembre nel Kurdistan iracheno, che già gode di larga autonomia. L’esercito iracheno e le forze curde sono tutti armati ed equipaggia­ti da americani e occidental­i.

Le forze irachene stanno inanelland­o successi, profittand­o della rotta dell’I s is : controllan­o ormai Hawija, 65 chilometri a sud-ovest di Kirkuk, una ridotta dei miliziani, e Tal Afar, nel nord, roccaforte dell’Isis nella provincia di Ninive. In Siria, muovono contro l’Isis i lealisti a Dayr az Zor e i qaedisti ad Hama. Il Califfato si sgretola, anche se ciò non significa la fine della jihad.

Lo scontro in atto tra curdi e iracheni in Iraq; i fermenti fra i curdi di Siria, che sognano anch’essi d’uno Stato curdo; l’ostilità ai curdi dei governi centrali di Damasco e Baghdad e, ancora di più, Ankara e Teheran; tutto ciò complica il quadro della regione, ulteriorme­nte liso dal deterioram­ento dei rapporti tra Usa e Iran. E mentre Washington deve gestire un dissidio armato fra suoi alleati, altri suoi alleati, i sauditi e i turchi, fanno shopping d’armi a Mosca, mentre, in funzione anti-curda, si parlano persino Teheran e Ankara.

Il covo

Nella città dei foreign fighters erano stati organizzat­i gli attacchi in Francia

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Reuters Combattent­i Reparti delle Syrian Democratic Forces a Raqqa
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