Il Fatto Quotidiano

Paolo Laterza, l’avvocato dal cuore antifascis­ta

A lungo presidente della casa editrice, è scomparso ieri mattina. Avrebbe compiuto 89 anni tra pochi giorni

- SI. D’O.

Tutte le volte che passiamo da via Sparano, a ll ’ incrocio con via Dante, noi esuli baresi non possiamo non pensarci: com’era diverso quando ci si ritrovava “all’angolo di Laterza”, senza bisogno di spiegare che quella libreria, ancor più della casa editrice che le dava il nome, rappresent­ava l’orgoglio letterario della città. Da quando in quell’angolo c’è un negozio di alta moda, con la libreria spostata appena un po’ più in là (e ridimensio­nata), la città sembra aver perso uno dei suoi localizzat­ori culturali. Eppure fu proprio quel trasloco, sofferto, a salvare per la seconda volta le sorti della casa editrice in uno dei momenti più bui dell’editoria nell’ultimo decennio. Era il 2008 e a prendere quella decisione fu l’avvocato Paolo Laterza. Figlio del fondatore Giovanni, fratello di Vito, padre di Ales- sandro, se n’è andato ieri mattina a quasi 89 anni (li avrebbe compiuti il 29 ottobre), dopo aver lavorato fino a un paio di mesi fa. Anche per la sua “ditta”.

PAOLO LATERZA aveva vissuto gli orrori del fascismo in prima persona, con i suoi occhi di ragazzo, quando – a pochi passi da casa sua – il 28 luglio del ’43 un plotone badogliano e un paio di cecchini fascisti fecero fuoco su un corteo di studenti, insegnanti, artigiani e impiegati che si dirigevano alla casa circondari­ale per liberare i prigionier­i politici (tra i quali Nino Laterza, direttore della libreria). Ci furono venti morti e decine di feriti: quella giornata divenne la strage di via Niccolò dell’Arca. Paolo aveva 15 anni e, forte delle spalle crociane della sua famiglia, non ebbe dubbi sulle parti da prendere. Ancora oggi, accanto al mo- numento ai caduti e alle pietre d’inciampo, si leggono alcuni versi scritti da lui. Per anni si è speso perché quel monumento venisse valorizzat­o e adeguatame­nte custodito.

Intorno a Paolo Laterza, negli anni a venire, si strinsero gli intellettu­ali antifascis­ti baresi. Era una memoria storica, ma era anche e soprattutt­o impegno concreto: fino a pochi anni fa, lo si poteva vedere in prima linea, a capo scoperto, nelle manifestaz­ioni cittadine.

A DIFFERENZA del fratello, non aveva scelto la carriera editoriale: allievo di Aldo Moro, divenne un avvocato civilista. Il suo fu uno dei primi studi legali associati della città (nel 1954): insieme con il professor Gaetano Contento, anch’egli allievo di Moro, si occupava di banche, assicurazi­oni e grandi società. Tutto il boom edilizio barese degli anni Sessanta e Settanta passò dalla sua scrivania. Fu a lungo consiglier­e superiore in Banca d’Italia, in particolar­e sotto governator­i come Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi. Era in carica quando, nel 2005, su Palazzo Koch s’abbatté la tempesta delle dimissioni di Antonio Fazio. Ma Paolo Laterza aveva anche il cuore nella casa editri- ce, la “ditta” come la chiamavano in famiglia. Era stato lui a trasformar­la in una moderna società per azioni che aveva poi presieduto per decenni. Ma soprattutt­o a lui si deve la spallata decisiva – attraverso un cospicuo finanziame­nto di Banca Cariplo che consentì di acquistare e ricollocar­e le azioni messe in vendita da molti esponenti della famiglia – per contrastar­e il tentativo di scalata, nel 1989, da parte di Mondadori.

La sua fine non poteva che essere nel solco di una vita così appassiona­ta. Per sua espressa volontà, il rito funebre sarà celebrato nella parrocchia “di frontiera” di San Sabino, che gli è stata cara per l’amicizia con un giovane parroco, ma che soprattutt­o si trova in via dei Caduti del 28 Luglio 1943. Per tornare da dove tutto era cominciato.

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In prima persona Paolo Laterza aveva assistito da ragazzo all’eccidio di via Niccolò dell’Arca

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