Incubi verticali e claustrofobici nelle tavole di Andreas, il Lovecraft del fumetto d’autore
Il lettore resta prigioniero di una griglia fatta di vignette compresse
Iregisti di film dell’orrore hanno mille strumenti per far sobbalzare lo spettatore: la colonna sonora, le apparizioni improvvise, gli effetti speciali. E i grandi scrittori del genere sanno che quello che conta è evocare, non descrivere, lasciar immaginare più che sottoporre immagini già definite. Ma l’orrore a fumetti? È una sfida praticamente impossibile, tanto che l’horror più celebre in Italia, Dylan Dog, usa in realtà la grammatica splatter per parlare d’altro, per affrontare i grandi temi sociali, sempre con la chiave dell’ironia, perché quel genio di Tiziano Sclavi ha capito che non c’è niente di più ridicolo di chi si prende troppo sul serio in un prodotto di puro intrattenimento, anche se alimentato a sangue e budella.
Ogni regola però ha le sue eccezioni e per l’horror a fumetti l’ecce- zione è Cromwell Ston e, un ciclo di storie prodotto tra il 1986 e il 2004 in bianco e nero che Magic Press ha appena pubblicato, nell’ambito di una riscoperta di un autore geniale: Andreas. Il nome completo è Andreas Martens, tedesco, 66 anni: un genio del montaggio. Le sue storie sono l’equ ivalente fumettistico dei racconti di H.P. Lovecraft, l’autore più saccheggiato da fumettisti di ogni genere negli ultimi anni. Ma per Andreas la sfida è notevole: disegnare gli orrori indicibili e indescrivibili che il romanziere di Providence si limita a tratteggiare. E questo fenomenale autore tedesco ha trovato un sistema originale: l’orrore è costruito nel montaggio delle vignette. Il lettore si sente risucchiato in queste inquadrature strette, compresse, claustrofobiche e nerissime, in una tavola che si frammenta come uno specchio rotto, con i personaggi che perdono l’orientamento e non riescono più a distinguere il sogno dalla realtà, il presente dal passato, con racconti racchiusi dentro altri racconti, alcuni sono “v e ri ”, altri semplicemente possibili. Inutile provare a descrivere la trama, immergetevi nel bianco e nero tagliente di Andreas e la scoprirete da soli.
Un’altra peculiarità dell’orrore a fumetti è che non basta chiudere gli occhi per superare la scena più inquietante: sarà sempre lì, quando li riaprirete. Per questo, forse, dal gorgo in cui si sprofonda seguendo il montaggio delle vignette di Andreas non si riesce a uscire neppure dopo aver chiuso il volume.