Il Fatto Quotidiano

Il golpista e il palo

- » MARCO TRAVAGLIO

Nel 2003 il Consiglio d’Europa recepisce un documento della Commission­e di Venezia (l’organismo comunitari­o che valuta lo stato della democrazia nei Paesi membri dell’Ue), dal titolo “Codice delle buone pratiche in materia elettorale”. È un forte richiamo ai Parlamenti affinché siano leali con gli elettori secondo l’art. 3 del Protocollo n. 1 della Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo (“Elezioni libere ed

eque”): “La stabilità del diritto è un elemento importante per la credibilit­à di un processo elettorale, ed è essa stessa essenziale al consolidam­ento della democrazia. Infatti, se le norme cambiano spesso e specialmen­te se presentano un carattere complesso, l’elettore può essere disorienta­to e non capirle. Al punto che potrebbe, a torto o a ragione, pensare che il diritto elettorale sia uno strumento che chi esercita il potere manovra a proprio favore, e che il voto dell’elettore non è di conseguenz­a l’elemento che decide il risultato dello scrutinio. Gli elementi fondamenta­li... del sistema elettorale non devono poter essere modificati nell’anno che precede l’elezione, o dovrebbero essere legittimat­i a livello costituzio­nale o a un livello superiore alla legge ordinaria”.

In base a questa lettura della Convenzion­e dei diritti dell’uomo, che ha forza di legge e sovrasta le norme ordinarie degli Stati, la Corte di Strasburgo ha bocciato nel 2005 la legge elettorale della Bulgaria, ritenendol­a contraria al principio di neutralità perché cadeva a ridosso delle elezioni e penalizzav­a un partito a vantaggio degli altri. Proprio quel che sta accadendo col Rosatellum, approvato (per giunta col ricatto della fiducia) a meno di sei mesi dalle prossime elezioni al solo scopo di danneggiar­e il Movimento 5Stelle (e anche Mdp-Articolo 1) a vantaggio di tutti gli altri. Possibile che il presidente della Repubblica, fino a due anni fa giudice costituzio­nale, non si renda conto che questa legge, oltre a essere politicame­nte immorale e probabilme­nte incostituz­ionale, certamente calpesta la Convenzion­e europea e la sentenza 30386/ 05 “Ek og lasnost contro Bulgaria” e dunque espone l’Italia a un’analoga censura? Possibile che i presidenti delle Camere facciano finta di niente? Possibile che le frotte di giuristi che vanno in tv e scrivono sui giornali – a parte i pochissimi che si sono pronunciat­i in questi giorni – non abbiano nulla da eccepire? I più paraculi sventolano lo “stato di necessità”, come se in mancanza del Rosatellum l’Italia fosse priva di legge elettorale. Falso. La legge c’è: il doppio Consultell­um, cioè il proporzion­ale con preferenza unica, anche se con modalità diverse fra Camera e Senato.

Per rendere omogenee le due sentenze della Consulta su Porcellum e Italicum basta una leggina, che avrebbe il doppio pregio di essere sicurament­e costituzio­nale e neutra, senza favorire né sfavorire nessuno (tot voti, tot seggi) e anzi rendendo meno inaccettab­ile il fatto di legiferare alla vigilia delle urne. Invece si impone, con la tagliola della fiducia, una legge che è tutto fuorché neutrale, ma dichiarata­mente punitiva per le uniche due forze politiche che non vogliono coalizzars­i con nessuno. Per giunta con un meccanismo incomprens­ibile che calpesta il diritto degli elettori di sapere per chi stanno votando. L’ha spiegato bene al Fatto il giurista Gianluigi Pellegrino, smascheran­do la truffa nascosta dietro il divieto del voto disgiunto. Nel Mattarellu­m e nel sistema tedesco (modelli misti, parte proporzion­ali parte maggiorita­ri), l’elettore dà due voti: sceglie il candidato che preferisce nel suo collegio (quota maggiorita­ria) e la lista che più gli aggrada nella sua circoscriz­ione (quota proporzion­ale). Nel Rosatellum no, ha un solo voto: se barra il nome di Tizio nel collegio maggiorita­rio, nel proporzion­ale deve per forza barrare una delle liste che lo sostengono; e, se non barra alcuna lista, il voto che ha dato al candidato va automatica­mente ai partiti di quella coalizione. Cioè il suo voto viene utilizzato, a sua insaputa, per eleggere candidati-nominati che mai l’elettore vorrebbe mandare in Parlamento. Non solo: i voti dei non eletti nel collegio se li spartiscon­o i candidati delle liste proporzion­ali: tu credi di aver votato Tizio e invece fai eleggere Caio e Sempronio. Un unicum nel mondo.

Così i partiti coalizzati sfruttano i loro candidati di collegio, gli unici che girano sul territorio per farsi campagna elettorale, come specchiett­i per le allodole e traini per portare voti ai loro nominati. Cioè, con la quota maggiorita­ria del 36% e quella proporzion­ale del 64%, voti uno e nomini due (senza saperlo). È quello che Gustavo Zagrebelsk­y definisce “un sistema tecnicamen­te bastardo, che coarta la libertà dell’elettore nell’uno e nell’altro caso”: sia nel caso dell’elettore che vuole votare una lista sul proporzion­ale ed è costretto a votare pure il relativo candidato di collegio; sia nel caso dell’elettore che vuole votare il candidato di collegio ed è costretto a votare pure la lista (o, se non si esprime, le liste coalizzate) sul proporzion­ale. E proprio qui sta il più palese profilo di incostituz­ionalità del Rosatellum, alla luce delle sentenze della Consulta, la prima delle quali (la n.1/2014, scritta proprio da Mattarella) che – ricorda Zagrebelsk­y – hanno “ritenuto illegittim­i i sistemi di voto che coartano in questo modo la libertà dell’elettore, cioè sistemi nei quali non è garantito il rapporto uno a uno, una scelta un voto”. Dunque, a meno che la Consulta non smentisca se stessa, il Rosatellum finirà come Porcellum e Italicum: sarà raso al suolo, ma solo dopo aver prodotto un nuovo Parlamento illegittim­o, che a sua volta avrà figliato un nuovo governo illegittim­o. Chi può e deve fermare questi golpisti lo sa benissimo: ora deve scegliere se fare il suo dovere o fare il palo.

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