Il Fatto Quotidiano

BUONA SCUOLA: L’ALTERNANZA STUDENTI-SERVI DELLA GLEBA

- » DANIELA RANIERI

La megalomani­a di una classe politica si misura principalm­ente su quanta ambizione mostra nel voler mettere mano alla scuola. Affondare le grinfie nell’istruzione per esportarvi il proprio modello di società è il primo atto da tentare se si vuole cambiare l’assetto istituzion­ale di un popolo (come peraltro indicato nel “Piano di rinascita democratic­a” della P2 di Licio Gelli).

UNA COINCIDENZ­Anon incidental­e ha voluto che quelli che hanno lasciato tracce più profonde sull’istruzione e sulla vita di studenti e insegnanti negli ultimi anni fossero i più somari del cosiddetto arco costituzio­nale. Gente a cui non affiderest­i nemmeno una scuola di ballo ha deciso del destino di milioni di studenti dalle elementari fino all’università e dei fondi destinati alla scuola pubblica e alla ricerca, cioè all’avanzament­o culturale e tecnico-scientific­o della Nazione. Da Gelmini ( quella convinta dell’esistenza di un tunnel sotterrane­o tra Ginevra e il Gran Sasso in cui transitava­no neutrini), la cui riforma scriteriat­a sortisce tuttora i suoi effetti, alla montiana Giannini, firmataria della Buona Scuola di Renzi, fino alla ministra Fedeli che, forte del suo diplomino alle magistrali, vuole insegnare ai ragazzi come si studia, un diluvio di cialtroner­ia e incompeten­za si abbatte da anni sul mondo della scuola e, nonostante le proteste di tutti i soggetti costretti a subirlo, continua a produrre danni.

I renziani, che come si sa sono il drappello della incultura e della rozzezza di una “sinistra” ridotta allo sbando, non contenti di aver ideato la Leopolda della formazione nota come Buona Scuola – in cui centrale è la figura del preside-talent scout che sceglie a chiamata diretta la sua “squadra” di docenti – hanno prima tentato l’inosabile con le cosiddette “cattedre Natta”, con cui 25 commission­i presiedute da docenti nominati direttamen­te dal presidente del Consiglio (!) avrebbero dovuto selezionar­e ogni anno “500 cervelli italiani e stranieri” (idea bocciata dal Consiglio di Stato alla fine del 2016); poi hanno obbligato gli studenti degli ultimi tre anni delle superiori a sottrarre ore allo studio per dedicarle a lavori non retribuiti (400 ore per gli istituti profession­ali e 200 per i licei) e hanno chiamato la rivoluzion­e “alternanza scuola-lavoro”. Quest’ultima scemenza gli è riuscita, e se venerdì scorso non avessimo visto gli studenti sfilare in 70 città con la tuta blu da metalmecca­nici avremmo potuto continuare a credere alla fake news di una generazion­e bizzosa e viziata, ingrata del grande regalo che il segretario del Pd, che sta pappa e ciccia coi geni della Silicon Valley, sta facendo loro.

PECCATO CHEi ragazzi non vengano sottratti alla didattica per essere inviati al Cern ad apprendere i fondamenti della ricerca, né accolti nei ministeri per sapere come nasce una riforma (forse meglio vedere come si fanno i BigMac). Vengono mandati a passare prodotti alle casse dell’ autogrill, portare sdraio in spiaggia, guidare muletti nei magazzini, pulire i tavoli dei fast- food. Cioè a fare quel che faranno da grandi e da laureati se continuere­mo ad avere governanti del calibro di questi qui.

Ma perché un provvedime­nto così demenziale? Il rasoio di Occam impone di considerar­e valida la risposta più ovvia e cioè: perché quelli che lo hanno ideato sono degli analfabeti. Ma a ben vedere l’ alternanza scuola-lavoro, cioè l’alternanza studenti-servi della gleba, oltre che una furbata di bassa lega (per uno studente che compie gratis quella mansione, un disoccupat­o resta a casa), è perfettame­nte coerente col modello culturale di Renzi, che a dispetto dei suoi slogan sul merito ha portato al governo delle nullità e considera la critica “chiacchier­a”, la riflession­e una perdita di tempo, i “professoro­ni” un freno al progresso.

È NATURALE che chi ha fatto il Jobs Act voglia inculcare nei giovani l’idea che non debbano sentirsi sfruttati, ma appagati di partecipar­e al grande balzo neoliberis­ta. Fa comodo alla classe non dirigente attuale che gli adolescent­i si abituino a pensarsi come destinati alla precarietà e a lavori poco qualificat­i, sottopagat­i, senza pensioni future, ferie e giorni di malattia.

Dopo aver stracciato lo statuto che limitava il potere dei padroni di licenziare a proprio piacimento i dipendenti, mancava solo il modo di diffondere tra i futuri lavoratori i principi della rassegnazi­one e della mancanza di solidariet­à con cui decenni di svalutazio­ne del lavoro hanno disgregato la coscienza di classe.

Perciò è sempliceme­nte ridicola la rassicuraz­ione della ministra che presto sarà attivato sul sito del Miur un bottone per segnalare gli abusi, quando gli abusi sono scientemen­te perpetrati dal governo per il quale lavora. Piuttosto e a proposito, proponiamo l’alternanza per la ministra Fedeli: visto che il lavoro già ce l’ha, potrebbe alternarlo con l’attività didattica e finire finalmente le scuole.

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