Il Fatto Quotidiano

IL LUTTO Villari, la storia contro i dogmi

Lo storico ed ex parlamenta­re Rosario è morto ieri a 92 anni

- » STEFANO CASELLI » LORENZO GIARELLI

Hai presente quando giochi a pallone per una vita da dilettante e poi incontri uno che a calcio gioca veramente ad alti livelli? Capisci che è un altro sport. E tu cosa fai? Non ci giochi nemmeno insieme, lo guardi e basta. Ecco, quando penso a Elio è così”. E se lo dice Michele Mozzati, che di cabaret e dintorni in salsa milanese se ne intende parecchio, c’è da credergli.

Michele, Elio e le Storie Tese si ritirano… Davvero? Me l’ero persa questa notizia. Se hanno deciso così è giusto. Fare i mestierant­i nel loro campo è una cosa da evitare sempre. E loro mestierant­i non lo sono mai stati. Sono dei profession­isti straordina­ri.

Siete stati voi dello Zelig a lanciarli...

Ricordo che li vedemmo casualment­e in giro per Milano un paio di volte. Era la prima metà degli Anni 80 e qualche folle aveva pensato di metterli ogni sera a suonare nel foyer del Teatro Elfo, un teatro serissimo. La gente usciva dopo aver visto Ibsen o qualche altra cosa ipersperim­entale e si sentiva questi pazzi che suonavano Sei scontrosa sei pelosa. Una cosa meraviglio­sa.

Reazioni?

Si rideva. Era uno straordina­rio tocco di leggerezza. Anzi no, non leggerezza, che ha un’accezione un po’ frivola. Loro erano lievi, che è una cosa ben diversa. Mi hanno sempre dato l’i mpressione che, nel peggiore dei casi, fossero dei coglio- nazzi, nel migliore, mi facevano morir dal ridere. Ma la cosa più divertente è un’altra...

Dica…

Una sera – io purtroppo non c’ero ma è un racconto mitologico di Elio, che forse esagera un po’– suonarono in un centro sociale milanese. Erano i primi Anni Ottanta, con i Settanta ancora dietro l’angolo, per intenderci. Salirono sul palco e dissero: “Suoneremo solo due pezzi”. Attaccaron­o Sei pelosa, sei scontrosa. La platea era vuota, c’erano solo alcune donne appositame­nte imbruttite e rese pelose che limonavano e urlavano verso il palco: “Cazzo canti?”. Allora attaccaron­o il secondo pezzo, Inter Inter Cuore Ner az z u rr o . Peccato che in quel centro sociale poche sere prima ultras nerazzurri di estrema destra avessero fatto irruzione. Era finita in maxi-rissa, così Elio e le Storie Tese furono cacciati a pedate.

E poi?

Poi hanno cominciato a girare clandestin­amente delle cassette audio, che venivano scambiate a mano quasi fossero roba porno o droga. Avevo degli amici a Roma che venivano a Milano apposta per procurarse­le.

Ricorda la prima volta che ne ascoltò una? Altroché. Pensai subito a quel giorno di una quindicina di anni prima in cui un amico mi portò il 45 giri di uno sconosciut­o genovese che cantava una canzone che si intitolava Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, che allora era un pezzo molto, molto osé. Ecco, quando ho sentito Elio e le Storie Tese ho pensato a Fabrizio De André.

Poi, finalmente, il palco di Zelig...

Segnalai Elio e Le Storie Tese a Gino e Giancarlo Bozzo e io decidemmo di invitarli per una serata. Si presentaro­no con un repertorio a dir loro “impubblica­bile”, anche se penso che qualcosa nei dischi sia finito sicurament­e. Finì che chiedemmo loro di incidere la sigla di Zelig (il locale eh, non il programma tv) da diffondere tutte le sere. Una roba inascoltab­ile piena di ironie pe- santissime su gay, drogati e donne… Roba che oggi sarebbe censurata in un minuto.

E lo Zelig non era certo un luogo frivolo… Facevamo gli intellettu­ali. Quindi loro funzionava­no alla grande. Chi si innamorò di loro, al limite dell’attrazione fisica, soprattutt­o per Faso, fu Giancarlo Bozzo. Il loro rapporto diventò così stretto che quando uscì Italyan, Rum Casusu Çikti nel 1992, misero Giancarlo in copertina. Ma non di faccia,

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e comunità in cui la conoscenza della storia è più diffusa hanno qualche vantaggio rispetto a quelle in cui prevale la strumental­izzazione politica, la visione retorica o il culto integralis­ta del passato. Purtroppo, però, queste ultime sono più numerose”. Parola di Rosario Villari, storico e accademico scomparso ieri a 92 anni e padre di una concezione della storia – e del suo insegnamen­to – mutabile, dinamica, da rinnovare in virtù degli sviluppi della contempora­neità. “La scientific­ità del nostro lavoro – diceva Villari – non consiste nei risultati, inevitabil­mente parziali, ma nelle procedure della ricerca”.

NATO a Bagnara Calabra (RC), Rosario Villari aveva fatto della questione meridional­e il suo primo campo di studi. La storia di Napoli (prima) e del regno delle due Sicilie ( poi) era materia di Mezzogiorn­o e contadini nell’età moderna e Il Sud nella storia d'Ita lia , pubblicati per Laterza negli anni ’60. Risale a quegli anni anche il testo, in tre parti, che sarebbe diventato una pietra miliare dei manuali scolastici: Storia medievale, moderna, contempora­nea, anticipato da una lette- ra agli insegnanti a cui Villari chiedeva “consigli e critiche” per la versione definitiva del libro.

Militante antifascis­ta, Villari fu membro del comitato centrale del Pci e venne eletto deputato nel ’76, schierando­si apertament­e per un comunismo riformista, in contrasto con il modello sovietico.

Insegnò per molti anni nelle università: a Messina, dal 1968, poi a Firenze (1971-79), e a La Sapienza di Roma, dal ’79 al ’95. Nel ’96 era stato nominato presidente della giunta centrale per gli Studi Storici. Villari lascia in eredità la sua visione della storia contraria al dogmatismo, una concezione in grado di influenzar­e i metodi di apprendime­nto di milioni di studenti, ma anche di rivoluzion­are l’intero dibattito storiograf­ico italiano degli ultimi decenni.

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Questione meridional­e Lo storico Rosario Villari

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