IL LUTTO Villari, la storia contro i dogmi
Lo storico ed ex parlamentare Rosario è morto ieri a 92 anni
Hai presente quando giochi a pallone per una vita da dilettante e poi incontri uno che a calcio gioca veramente ad alti livelli? Capisci che è un altro sport. E tu cosa fai? Non ci giochi nemmeno insieme, lo guardi e basta. Ecco, quando penso a Elio è così”. E se lo dice Michele Mozzati, che di cabaret e dintorni in salsa milanese se ne intende parecchio, c’è da credergli.
Michele, Elio e le Storie Tese si ritirano… Davvero? Me l’ero persa questa notizia. Se hanno deciso così è giusto. Fare i mestieranti nel loro campo è una cosa da evitare sempre. E loro mestieranti non lo sono mai stati. Sono dei professionisti straordinari.
Siete stati voi dello Zelig a lanciarli...
Ricordo che li vedemmo casualmente in giro per Milano un paio di volte. Era la prima metà degli Anni 80 e qualche folle aveva pensato di metterli ogni sera a suonare nel foyer del Teatro Elfo, un teatro serissimo. La gente usciva dopo aver visto Ibsen o qualche altra cosa ipersperimentale e si sentiva questi pazzi che suonavano Sei scontrosa sei pelosa. Una cosa meravigliosa.
Reazioni?
Si rideva. Era uno straordinario tocco di leggerezza. Anzi no, non leggerezza, che ha un’accezione un po’ frivola. Loro erano lievi, che è una cosa ben diversa. Mi hanno sempre dato l’i mpressione che, nel peggiore dei casi, fossero dei coglio- nazzi, nel migliore, mi facevano morir dal ridere. Ma la cosa più divertente è un’altra...
Dica…
Una sera – io purtroppo non c’ero ma è un racconto mitologico di Elio, che forse esagera un po’– suonarono in un centro sociale milanese. Erano i primi Anni Ottanta, con i Settanta ancora dietro l’angolo, per intenderci. Salirono sul palco e dissero: “Suoneremo solo due pezzi”. Attaccarono Sei pelosa, sei scontrosa. La platea era vuota, c’erano solo alcune donne appositamente imbruttite e rese pelose che limonavano e urlavano verso il palco: “Cazzo canti?”. Allora attaccarono il secondo pezzo, Inter Inter Cuore Ner az z u rr o . Peccato che in quel centro sociale poche sere prima ultras nerazzurri di estrema destra avessero fatto irruzione. Era finita in maxi-rissa, così Elio e le Storie Tese furono cacciati a pedate.
E poi?
Poi hanno cominciato a girare clandestinamente delle cassette audio, che venivano scambiate a mano quasi fossero roba porno o droga. Avevo degli amici a Roma che venivano a Milano apposta per procurarsele.
Ricorda la prima volta che ne ascoltò una? Altroché. Pensai subito a quel giorno di una quindicina di anni prima in cui un amico mi portò il 45 giri di uno sconosciuto genovese che cantava una canzone che si intitolava Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, che allora era un pezzo molto, molto osé. Ecco, quando ho sentito Elio e le Storie Tese ho pensato a Fabrizio De André.
Poi, finalmente, il palco di Zelig...
Segnalai Elio e Le Storie Tese a Gino e Giancarlo Bozzo e io decidemmo di invitarli per una serata. Si presentarono con un repertorio a dir loro “impubblicabile”, anche se penso che qualcosa nei dischi sia finito sicuramente. Finì che chiedemmo loro di incidere la sigla di Zelig (il locale eh, non il programma tv) da diffondere tutte le sere. Una roba inascoltabile piena di ironie pe- santissime su gay, drogati e donne… Roba che oggi sarebbe censurata in un minuto.
E lo Zelig non era certo un luogo frivolo… Facevamo gli intellettuali. Quindi loro funzionavano alla grande. Chi si innamorò di loro, al limite dell’attrazione fisica, soprattutto per Faso, fu Giancarlo Bozzo. Il loro rapporto diventò così stretto che quando uscì Italyan, Rum Casusu Çikti nel 1992, misero Giancarlo in copertina. Ma non di faccia,
L’ULTIMO CONCERTO La band si esibirà il 19 dicembre al Forum di Assago dopo aver pubblicato il singolo “Licantropo vegano”
e comunità in cui la conoscenza della storia è più diffusa hanno qualche vantaggio rispetto a quelle in cui prevale la strumentalizzazione politica, la visione retorica o il culto integralista del passato. Purtroppo, però, queste ultime sono più numerose”. Parola di Rosario Villari, storico e accademico scomparso ieri a 92 anni e padre di una concezione della storia – e del suo insegnamento – mutabile, dinamica, da rinnovare in virtù degli sviluppi della contemporaneità. “La scientificità del nostro lavoro – diceva Villari – non consiste nei risultati, inevitabilmente parziali, ma nelle procedure della ricerca”.
NATO a Bagnara Calabra (RC), Rosario Villari aveva fatto della questione meridionale il suo primo campo di studi. La storia di Napoli (prima) e del regno delle due Sicilie ( poi) era materia di Mezzogiorno e contadini nell’età moderna e Il Sud nella storia d'Ita lia , pubblicati per Laterza negli anni ’60. Risale a quegli anni anche il testo, in tre parti, che sarebbe diventato una pietra miliare dei manuali scolastici: Storia medievale, moderna, contemporanea, anticipato da una lette- ra agli insegnanti a cui Villari chiedeva “consigli e critiche” per la versione definitiva del libro.
Militante antifascista, Villari fu membro del comitato centrale del Pci e venne eletto deputato nel ’76, schierandosi apertamente per un comunismo riformista, in contrasto con il modello sovietico.
Insegnò per molti anni nelle università: a Messina, dal 1968, poi a Firenze (1971-79), e a La Sapienza di Roma, dal ’79 al ’95. Nel ’96 era stato nominato presidente della giunta centrale per gli Studi Storici. Villari lascia in eredità la sua visione della storia contraria al dogmatismo, una concezione in grado di influenzare i metodi di apprendimento di milioni di studenti, ma anche di rivoluzionare l’intero dibattito storiografico italiano degli ultimi decenni.