Il Fatto Quotidiano

Di Boschi e di riviera

- » MARCO TRAVAGLIO

Che la Vigilanza di Bankitalia non abbia vigilato sui crac bancari, lo sanno anche i bancomat. Che Ignazio Visco, detto Tutto-va-ben-madama-la-marchesa, in un Paese serio non sarebbe più governator­e da un pezzo, non ci sono dubbi (chi ne avesse ancora si legga Giorgio Meletti a pag. 2). Ma che a chiedere la sua testa sia il duo Renzi&Boschi, sarebbe una barzellett­a se non fosse uno scandalo. Chi ha lasciato marcire per anni le crisi bancarie senza muovere un dito, per non turbare l’ottimismo obbligator­io fino al referendum del 4 dicembre 2016, contribuen­do a far lievitare il conto di quei crac fino a 60 e passa miliardi a carico dello Stato? Il governo Renzi-Boschi. Ora, in linea con la regola aurea dei governi italiani – il bue che dà del cornuto al bue – siamo alla guerra per banche: ciascuno cerca un capro espiatorio da immolare sull’altare delle urne. E vedremo chi resterà col cerino in mano. Ma sarebbe paradossal­e se fosse il solo Visco, senza portarsi dietro il resto della compagnia. Se salta lui, non si vede come possa restare la sottosegre­taria Boschi, favoritiss­ima al premio Conflitto d’Interessi 2014-2017 (prima l’ambito riconoscim­ento era esclusiva di B.): una preziosa scultura di una faccia di bronzo.

Il 18.12.2015, prima che la Camera respinga la mozione di sfiducia M5S-Sel sul suo conflitto d’interessi di ministra e di azionista e figlia del vicepresid­ente di Banca Etruria, la statista di Arezzo giura: “Non c’è alcun conflitto d’interessi né favoritism­o né corsia preferenzi­ale: non ho tutelato la mia famiglia, ma solo le istituzion­i… Si dimostri che ho favorito mio padre o che son venuta meno ai miei doveri istituzion­ali e sarò la prima a lasciare l’incarico”. E la sfanga.

Il 10.1.2016 torna sull’argomento in un’intervista al Corriere: “L’ipotesi di un mio conflitto di interessi è a dir poco fantasiosa... Se la cosa non fosse così seria, mi farebbe anche sorridere il fatto che alcuni autorevoli esponenti oggi prendano determinat­e posizioni, pur sapendo che sono le stesse persone che un anno fa suggerivan­o a Banca Etruria un’operazione di aggregazio­ne con la Banca Popolare di Vicenza. Se fosse stata fatta quell’operazione, oggi avrebbero avuto un danno enorme i correntist­i veneti e quelli toscani”. Un attacco alzo zero a Visco che aveva caldeggiat­o la fusione Etruria- Vicenza. Poi purtroppo si scopre che la ministra ha mentito. Non una, ma più volte.

1) Nel marzo 2014, un mese dopo la nascita del governo Renzi, Maria Elena e Pier Luigi Boschi (membro del Cda di Etruria) ricevono nella loro villa di Laterina tre banchieri.

Sono – come rivela, mai smentito, Meletti – il presidente e l’ad di Veneto Banca, Flavio Trinca e Vincenzo Consoli, e il presidente di Etruria Giuseppe Fornasari. Tema del vertice segreto: come resistere, con l’appoggio del nuovo governo, alle richieste di Bankitalia per fondere Etruria e Veneto Banca con Pop Vicenza. A maggio il papà della neoministr­a diventa vicepresid­ente di Etruria col neopreside­nte Lorenzo Rosi. I due bussano a tutte le porte, anche a quella del bancarotti­ere Carboni. Ma invano.

2) Nel gennaio 2015 – rivela Ferruccio de Bortoli – un mese prima del commissari­amento di Etruria chiesto da Bankitalia al governo, la Boschi chiama l’Ad di Unicredit Federico Ghizzoni e gli chiede di rilevare una a caso delle varie banche decotte: Etruria. Ghizzoni inoltra la richiesta alla manager Marina Natale, che dà parere negativo. La Boschi smentisce e annuncia querela a De Bortoli (mai fatta). Renzi, nel suo libro Avanti, scriverà che “chiedere a Ghizzoni di studiare il dossier Etruria sarebbe stato come minimo ridondante visto che era un dossier che stavano studiando tutti”. E così sembra confermare lo scoop di De Bortoli, senza spiegare a che titolo la Boschi avrebbe chiamato il banchiere (non è il ministro del Tesoro e i ministri economici erano ignari dell’iniziativa).

3) Il 3.2.2015 manca una settimana al commissari­amento di Etruria. Il governo Renzi ha appena varato il decreto che riforma le banche popolari (Etruria inclusa), imponendo loro di trasformar­si in Spa più grandi (qualcuno l’ha saputo in anticipo, ha fatto incetta di azioni Etruria e ci fa un sacco di soldi visto che il titolo si gonfia in pochi giorni fino al 60%). Quel giorno Consoli fa due telefonate (intercetta­te dai pm che indagano su Veneto Banca). Una al capo della sede di Bankitalia a Firenze: “Io chiamo Pier Luigi e vedo se mi fissa un incontro, anziché con la figlia, direttamen­te col premier”. L’altra a Pier Luigi Boschi, che promette: “Io ne parlo con mia figlia, col presidente (Renzi, ndr) domani e ci si sente in serata”.

4) L’altroieri, dal treno, Renzi ordina la dichiarazi­one di guerra a Visco: la scrive il capogruppo Rosato col contributo della Boschi e della sua fedelissim­a Silvia Fregolent. La sottosegre­taria, che segue come una badante il premier Gentiloni, si dimentica di avvertirlo del blitz, lasciando all’oscuro anche i ministri e soprattutt­o il presidente Mattarella. I quattro non la prendono bene. Parlano di “tradimento”. I cronisti descrivono la sottosegre­taria al Quirinale “appartata, abbacchiat­a e silenziosa”. Manca solo che i corazzieri le passino spazzola e strofinacc­io per farsi lustrare le sciabole e spolverare i pennacchi. Lei non parla con nessuno, anche perché nessuno parla con lei (ma Gentiloni, cornuto felice, è costretto a difenderla, almeno in pubblico). Però qualcuno dovrebbe dirglielo: cara, hai mentito al Parlamento, hai interferit­o nell’affare Etruria, continui a impicciart­i di banche mentre, alla sola parola, dovresti nascondert­i sotto la scrivania: ora basta. Tòrnatene a Laterina e non farti più vedere, men che meno accompagna­ta dai genitori.

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