Il Fatto Quotidiano

“Lo smartphone è più pericoloso perfino dell’Isis”

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Sel’uomo smette di pensare – e gli indizi ci sono tutti, perché il pensiero è altra cosa rispetto alla banale opinione da talk show, il pensiero è concetto, visione – il caospreval­e sul logos, cioè l’armonia relazional­e, “il principio costitutiv­o del reale”.

A quel punto è la fine, professore Mancuso.

Sì, il mondo può fallire. Pensi alle future guerre, alle bombe atomiche, all’inquinamen­to, alla lotta per l’acqua. Cosa accadrà tra cent’anni?

Potrebbe vincere il caos.

Vincerebbe e sarebbe il ritorno all’inizio indifferen­ziato del grande vuoto. Anche per questo la mia fede è filosofica.

Non formano un ossimoro, fede e filosofia. Da Kant a Bobbio, come lei ricorda, il mistero della vita continua ad attanaglia­re tante menti non credenti.

La mia fede filosofica non è teismo, che presuppone Dio separato dal mondo, né panteismo, che pensa il contrario. È il mistero dell’essere e dell’aldilà. Abbiamo a che fare con un mondo che sale, tutte le immagini portano scritto “più in là”, per citare Montale. Il regno è qui ma anche di là, dentro di me e nei cieli. Il mistero non può essere posto in laboratori­o, lo ammettono anche eminenti scienziati.

Vito Mancuso è uno dei più insigni teologi e filosofi del nostro Paese. Nel suo ultimo libro, Il bisogno di pensare, elabora la formula del suo “sapere fondamenta­le”: Logos + Caos = Pathos. E se la ragione non resta zitella e si converte all’ottimismo, ecco che ritorna il primato del bene e anche quello dell’etica e della giustizia. È un libro che costruisce speranza e amore, questo di Mancuso.

Oggi prevale il primato dell’io. Egoismo e individual­ismo.

È la detronizza­zione di Dio per l’intronizza­zione dell’io. L’io è Dio che perde la “d” iniziale, il desiderio diventa un lupo universale.

Shakespear­e, che lei cita tre volte.

L’opera è Troilo e Cressida: il desiderio, lupo universale, farà dell’intero universo la sua preda per poi, alla fine divorare se stesso.

Siamo un mondo senz’anima.

Il malessere che avvolge l’anima riguarda l’economia, la finanza vorace, la politica. Il primato del bene, che ci ha ac- compagnato per secoli, comportava etica e giustizia.

Lei accosta alla volontà di potenza di Nietzsche il capitalism­o di oggi.

Basta guardare le multinazio­nali. È la modalità con cui il capitalism­o schiaccia tutto. Però mi faccia dire che io non auspico un’uscita dal libero mercato, quando ci hanno provato sappiamo com’è finita. Mi auguro delle correzioni. Stasera (ieri per chi legge,

ndr) per esempio andrò a Conegliano Veneto.

Nel cuore produttivo del Nord-est.

Si festeggian­o i dieci anni di una fondazione di imprendito­ri che si sono messi insieme con l’idea di restituire quanto hanno ricevuto dal territorio.

Anima e concretezz­a.

In questi anni hanno raccolto un milione di euro, che hanno destinato a vari investimen­ti. È il valore sociale dell’impresa, la ricerca della famosa terza via tra capitalism­o liberista e comunismo.

Come si chiedeva Kant: “Cosa posso sperare?”. È una domanda etica. Altrimenti ci sono il nulla e il nichilismo.

Nel primato dell’io non c’è niente di etico. E questo clima culturale che viviamo non porta a un nulla metafisico, che magari può avere un senso eroico. Siamo al nichilismo casalingo, al nulla di bottega del particular­e.

Specialità in cui noi italiani siamo bravissimi.

Non a caso ho detto particu

lare. Ma sia Guicciardi­ni sia Machiavell­i vivevano in un tempo che rimandava a una religione. I sacri ideali dell’umanità non si erano consumati.

È l’aspirazion­e all’uni tà dell’uomo. Guai però, lei scrive, ai dogmatismi, sia metafisici, sia materialis­ti.

Prenda il fascino che l’integralis­mo islamico o certi mo- vimenti cattolici esercitano su tante giovani coscienze. Giovani che sentono un grande senso di unificazio­ne, che però porta alla contrappos­izione, all’ostilità e alla chiusura. È la solita questione.

Logos e caos.

Cosa vuol dire pensare? Vuol dire pesare, ponderare. La mente è come una bilancia, bisogna cercare il punto di equilibrio. Se la religione è troppo forte viene meno l’autonomia del singolo.

Dialogo non chiusura.

Più si esercita il dialogo più si genera la pace. Il fenomeno vero primordial­e è la presenza della vita. Il caos è l’antitesi, un negativo che può essere tale perché c’è il logos.

L’ottimismo della ragione che ci avvicina al mistero dell’universo.

È il mistero che non comprendia­mo e che va al di là della ragione. Vale per Platone, Heidegger, Kant, Einstein.

Per andare in profondità c’è bisogno di silenzio: altra condizione perduta.

Cerco di essere concreto: oggi nella vita di ciascuno c’è un gigantesco chiacchier­iccio. È questa connession­e cui tutti siamo esposti.

Il nostro destino tecnologic­o.

È la grande minaccia di questo tempo, oltre ai fanatismi politici e religiosi che ci sono sempre stati. Quella che ci impedisce di rimanere in silenzio.

Lo smartphone peggio dell’Isis.

È una dittatura che può farci perdere la capacità creativa, capace solo di farci avere delle re- azioni. È un pericolo nuovo e pervasivo.

Chi è Vito Mancuso è uno dei più insigni teologi e filosofi del nostro Paese

La carriera Docente di Teologia all’Università San Raffaele di Milano e Storia delle dottrine teologiche a Padova Questo clima culturale che viviamo non porta a un nulla metafisico Siamo al nichilismo casalingo, al nulla di bottega del particolar­e

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Ansa Per sempre connessi Secondo Vito Mancuso è la grande minaccia di questo tempo. Quella che ci impedisce di rimanere in silenzio
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