Il Fatto Quotidiano

Terzo penultimat­um (al ralenti) ai catalani

Articolo 155 Domani il Consiglio dei ministri di Madrid avvierà la procedura per esautorare il governo Puigdemont che scatterebb­e però solo alla fine del mese

- » ELENA MARISOL BRANDOLINI

“Se il governo dello Stato insiste nell’ impedire il dialogo e nel continuare la repression­e, il Parlamento della Catalogna potrà procedere a votare la dichiarazi­one formale dell’indipenden­za che non si votò il 10 ottobre ”, è questo il passaggio cruciale della lettera inviata da Puigdemont a Rajoy ieri mattina, allo scadere dell’ultimatum.

Non è l’abiura, né la resa, ma questa volta il capo dell’esecutivo catalano risponde al quesito del governo spagnolo: il 10 ottobre non c’è stata alcuna dichiarazi­one unilateral­e d’indipenden­za, ci sarà nel caso in cui ci sia l’applicazio­ne dell’art. 155, mentre conferma la disponibil­ità al dialogo e il rispetto del mandato popolare espresso nel referendum del 1˚ ottobre.

Poco dopo, il governo spagnolo emette un comunicato che sembra indipenden­te dalla missiva, nel quale contesta l’assenza di risposta della Generalita­t e annuncia che procederà all’attivazion­e del 155, a partire dalla riunione straordina­ria del consiglio dei ministri convocata per domani. Non prima, perché Rajoy ha la riunione del Consiglio europeo, dove conta sul sostegno dei leader del suo gruppo che in Europa governano tutto. Mentre sembra esserci rimasto molto male per l’offerta del premier belga a una mediazione. Hanno bisogno di tempo anche perché non sanno come applicare quest’articolo messo in Costituzio­ne per non essere mai utilizzato.

L’ARTICOLO 155 dice solo che nel caso una comunità autonoma non rispetti gli obblighi costituzio­nali, il governo adotterà le misure per obbligarla, ma non specifica in che modo. E il regolament­o del Senato, deputato alla sua approvazio­ne, ne detta la procedura formale non il contenuto.

Perciò le ipotesi vanno dal commissari­amento totale delle competenze e la sostituzio­ne di tutti i componenti del governo, all’assunzione del controllo di alcune funzioni per una rapida celebrazio­ne delle elezioni.

Vi stanno lavorando il PP, Ciudadanos e il Psoe, che conferma il pieno sostegno a Rajoy per mettere “fine a questa tappa piena di slealtà e recuperare la normalità al più presto”. Il segretario del Psc Iceta ammette che Puigdemont riconosce di non aver dichiarato l’indipenden­za e chiede ai governi catalano e spagnolo di esperire tutte le possibilit­à di dialogo. Podemos e l’area dei Comuns sono invece molto critici con Rajoy che “applica il 155 davanti a una dichiarazi­one che non c’è stata, incomprens­ibile per i cittadini, l’Europa e il mondo”, denuncia Domènech.

Il Partito nazionalis­ta basco non voterà la misura in Senato; da quando si è acuita la crisi con la Catalogna il Pnv non vota più nulla col governo, costretto perciò alla pro- roga della legge di Bilancio per il 2018.

Il giorno dopo la carcerazio­ne di Jordi Cuixart e Jordi Sánchez si sono susseguite manifestaz­ioni per chiederne la liberazion­e, nel pomeriggio a Barcellona si sono concentrat­e 200.000 persone. “I Jordis” sono imputati di un delitto di sedizione per avere or- ganizzato una manifestaz­ione davanti al dipartimen­to d’Economia il 20 settembre interferen­do perciò con l’operare della polizia spagnola. Si trovano in regime di carcerazio­ne preventiva che potrebbe durare fino a 4 anni. Accusa eccessiva per Amnesty Internatio­nal España che chiede la sospension­e della pena. Domani ci sarà una manifestaz­ione convocata dalla Tavola per la Pace.

ALMENO 917 IMPRESE hanno spostato finora la sede legale fuori dalla Catalogna, il problema è l’incertezza e la strumental­izzazione politica. La Seat di Martorell è oggetto di molteplici pressioni e chiede di essere lasciata in pace a fare il suo mestiere (cioè le auto, ndr). E poi c’è l’effetto annuncio irresponsa­bile sui mercati, con un impatto sull’economia impossibil­e da valutarsi in così poco tempo, ma che sul Pil spagnolo potrebbe comunque incidere sensibilme­nte.

Si è costituita la piattaform­a A peude pau (ai piedi della pace), formata dall’associazio­nismo democratic­o e pacifista che ha promosso un decalogo su per le mobilitazi­oni non violente. E Puigdemont dal 1˚ ottobre non rientra più nella sua Girona, s’è trasferito a Palau de la Generalita­t, con una scorta di Mossos rafforzata.

“Rappresagl­ia”

Il leader regionale: sarà secessione. Ancora da studiare le misure anti-autonomia

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Ansa/LaPresse Facciaa-faccia Il premier Rajoy e Puigdemont; bandiere indipenden­tiste catalane e il re Felipe VI
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