Il Fatto Quotidiano

Carceri: azzerano la “memoria” degli agenti

Il decreto Saranno spostati i funzionari che sono stati 10 anni negli uffici centrali e regionali del Dap: quelli che sanno tutto

- » ANTONELLA MASCALI

C’è

un decreto organizzat­ivo voluto dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che nel giro di un anno al massimo potrebbe mandare in fumo specializz­azioni, esperienze profession­ali di diverse centinaia di agenti e funzionari di polizia penitenzia­ria che da anni si trovano a gestire tutti i giorni anche settori delicatiss­imi come il 41-bis, il carcere per i boss mafiosi e per i terroristi, i collaborat­ori di giustizia, i reparti carcerari per i jihadisti o per detenuti a rischio “r ad i ca l iz z az io n e”, cioè che potrebbero essere reclutati per la “guerra santa”.

IL DECRETO riguarda solo la polizia penitenzia­ria e introduce una nuova regola: il divieto di lavorare più di 10 anni in sedi diverse dal carcere (ufficio centrale del Dap, dipartimen­to amministra­zione penitenzia­ria e i suoi uffici regionali, scuole della polizia peni- tenziaria, vigilanza nei tribunali) senza un adeguato periodo di transizion­e. Non si sa chi sostituirà coloro che hanno già maturato i 10 anni: funzionari preoccupat­i ci dicono che verranno uomini graditi al ministro. Forse si tratta di consideraz­ioni dettate dall’amarezza, ma un fatto oggettivo c’è, chi succederà loro non può avere il necessario bagaglio di conoscenza per essere efficiente: ci vogliono almeno due anni di formazione altamente qualificat­a per cominciare a districars­i in un settore strategico per la sicurezza e segnato da una complessit­à normativa. Giusto per capire con una semplifica­zione: è questo tipo di personale che studia ad esempio i clan, permettend­o di fare un’analisi che stabilisca poi dove mandare determinat­i detenuti – e sono migliaia –, che pur non essendo al 41-bis sono comunque parte integrante della criminalit­à organizzat­a, affinché non possano inviare messaggi all’esterno o non possano comandare dentro i penitenzia­ri o entrare in conflitto con altri detenuti. Per non parlare della gestione delicatiss­ima del 41-bis o dei detenuti che vogliono collaborar­e con la giustizia e che devono essere protetti “da orecchie indiscrete” fino a quando non vengono trasferiti in sede appropriat­e. Sono loro la memoria storica di questo settore, sono loro che danno questo tipo di indicazion­i ai vertici amministra­tivi, di solito magistrati fuori ruolo, magari appena arrivati, che poco o nulla sanno di quel mondo, e che devono dare il via libera.

L’IDEA di questo regolament­o è nata a settembre quando il direttore del Dap, Santi Consolo, era in vacanza all’estero. C’è stata una riunione con il ministro Orlando, il direttore del personale del Dap Pietro Buffa, ex direttore del carcere di Torino, in piena sintonia con il Guardasigi­lli e con il vicecapo del Dap Marco Del Gaudio, magistrato fuori ruolo, ex vicecapo di gabinetto proprio di Orlando. Molti di coloro che potrebbero essere trasferiti in breve tempo hanno già consultato degli avvocati amministra­ti visti i quali pensano che sarebbe un provvedime­nto da impugnare al Tar perché facilmente attaccabil­e: non si può, secondo questi legali, far perdere la propria sede al personale amministra­tivo. I sindacati di categoria hanno già offerto consulenza legale gratuita.

Il decreto potrebbe essere firmato dal ministro già la settimana prossima, Il Fatto ha potuto visionare il testo e riguarda “la definizion­e dei criteri e delle priorità di assegna- zione delle sedi di servizio del Corpo di polizia penitenzia­ria”. L’articolo chiave è il numero 5, quello sulle assegnazio­ni “in posti diversi” dalle carceri: la permanenza negli uffici del Dap “non può superare complessiv­amente i 10 anni, anche non continuati­vi ”. Alla scadenza, si ha l’ obbligo di partecipar­e“all’ interpello” peri posti vacanti, assegnati condetermi­nati criteri già stabiliti. Criteri, invece, che non sono indicati per coloro che dovranno sostituire il personale che ha maturato i 10 anni. Se il testo rimarrà così, centinaia di uomini della polizia penitenzia­ria dovranno andare via nel giro di 6 mesi o poco più lasciando il vuoto al posto della conoscenza.

Le competenze Conoscono le cosche per limitarne i poteri nei penitenzia­ri E i potenziali jihadisti

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Dietro le sbarre Ansa

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