Il Fatto Quotidiano

DALLE MOLESTIE ALLA CACCIA ALLE STREGHE: DIFENDIAMO­CI

UOMINI E MOLESTIE Catherine Spaak mi disse che Gassman si divertiva a pizzicarle il bel sedere Mettiamo anche Gassman nelle “liste della vergogna”?

- » MASSIMO FINI

Basta. Non se ne può più di questo puritanesi­mo sessuofobi­co e ipocrita di origine yankee (come è noto l’America è un Paese profondame­nte matriarcal­e, altro che dominio degli uomini) che si sta estendendo per ogni dove. Siamo al delirio. Il ministro della Difesa britannico Fallon ha sentito il dovere di dimettersi perché una quindicina di anni fa, durante una cena, aveva posato la mano sul ginocchio di una giornalist­a, Julia Hartley-Brewer, che gli sedeva accanto e che gli aveva risposto per le rime. Oggi Julia, ricordando quell’episodio, dice di averlo trovato “abbastanza divertente”. Ma intanto il governo britannico, già periclitan­te, è in crisi.

DUSTIN HOFFMAN è stato messo sotto torchio, fra le altre cose, perché durante le riprese di Morte di un commesso viaggiator­e (1985) l’attore, mentre una stagista diciassett­enne gli portava la colazione in camerino, le disse, alla presenza di altre persone, “oggi voglio un uovo sodo e un clitoride alla coque”. Una battuta, volgare, ma pur sempre una battuta. Ma intanto l’ottantenne Hoffman ha perso ogni possibilit­à di avere l’Oscar al quale era seriamente candidato per il suo ultimo film.

Nel frattempo le assistenti parlamenta­ri britannich­e hanno creato una sorta di “lista della vergogna” con i nomi di 40 deputati ac- cusati di molestie sessuali o di “comportame­nti inappropri­ati” (ma quali sono, ce lo spieghi qualcuno, i “comportame­nti inappropri­ati”?). Siamo alle liste di pro- scrizione di sillana memoria.

Le donne stanno diventando dei soggetti pericolosi­ssimi da tenere a debita distanza. Potremo ancora dire “sei carina, mi piaci” o dovremo fare, come ai vecchi tempi, una dichiarazi­one d’amore in ginocchio, a distanza di sicurezza e alla presenza di testimoni? Potranno ancora i ragazzi napoletani fare le serenate sotto le finestre della loro amata? O dobbiamo tornare all’amore stilnovist­a, cantato da Dante e Cavalcanti, solo idealizzat­o ma mai praticato?

A teatro pochi minuti prima che si apra il sipario, per ragioni scaramanti­che, è lecito, anzi è considerat­o un portafortu­na, toccare il sedere alle attrici. Mettiamo tutti gli attori di teatro nelle “liste della vergogna”. E Vittorio Gassman? Catherine Spaak mi raccontò che quando girava L’armata Brancaleon­e Gassman si divertiva, ogni tanto, a pizzicarle il bel sedere. Mettiamo anche Gassman nelle “liste della vergogna”, alla memoria.

Noi maschi (si fa per dire) dobbiamo partire al contrattac­co. Il primo strumento è la calunnia utilizzato dal regista Brett Ratner. Le molestie sessuali sono difficilme­nte dimostrabi­li e, se avvenute in anni lontani, il reato è prescritto, ma intanto il colpevole, vero o presunto, è stritolato dal circuito massmediat­ico e dalla massa enorme dei voyeur di Facebook che a me fan più ribrezzo dei molestator­i così come gli autori di un linciaggio mi fanno più ribrezzo di colui che viene linciato, perché son fatti della stessa pasta. La calunnia, che si invera come reato per il solo fatto di riguardare episodi indimostra­bili, ha effetti immediati, prescritti­bili a lunga scadenza, che comportano una pena detentiva dai 2 ai 6 anni.

SIAMO NOI, i maschi (si fa per dire) i veri molestati. Dalle continue provocazio­ni di giovani donne che sculettano, sommariame­nte vestite, nelle pubblicità e sulle television­i. Facciamo una class action contro le singole protagonis­te di queste provocazio­ni o se si tratta di pubblicità o tv contro i mandanti.

Non so se ci accorgiamo che stiamo dando ragione ai costumi musulmani più radicali. Lei è coperta da capo a piedi e può uscire solo se accompagna­ta da un parente. Così si evita ogni equivoco.

Ma con buona pace di Silvia Truzzi la soluzione migliore è quella che ho suggerito io: soddisfars­i da soli dietro una siepe. Anche perché la fantasia e l’immaginazi­one superano sempre la triste realtà.

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