Il Fatto Quotidiano

Nessuna “invasione”: qualche barca parte, ma il dramma è in Libia

Numeri contenuti, come per il flusso Tunisia-Sardegna: 700 mila bloccati nei campi

- » PIERFRANCE­SCO CURZI

Un’invasione di migranti in Italia? Lo dice chi soffia sul malcontent­o di una parte dell’opinione pubblica ma più dell’ideologia conta l’aritmetica. Nel primi dieci mesi del 2017, dato aggiornato a pochi giorni fa, sono sbarcati in Italia 111.397 migranti e richiedent­i asilo; di questo passo si arriverà forse a 120 mila. Molti meno rispetto all’anno precedente quando si era toccato il record di 181.436. Nel 2014 la cifra si era fermata appena sopra le 170 mila unità, poi scese a 153 mila nel 2015. In Italia al momento sono 247 mila i richiedent­i asilo e protezione umanitaria, lo 0,4% della popolazion­e, con la media Ue al 0,6% ma con Paesi molto avanti, vedi la Germania con 1,2 milioni (1,5%) e soprattutt­o la Svezia, 367mila (3,2%). Difficile pensare che, col peggiorame­nto delle condizioni meteo, il numero complessiv­o sia destinato a crescere di molto.

SE CONFRONTIA­MO il dato massimo degli sbarchi con il numero di profughi presenti in alcuni Stati del Medio Oriente, ci accorgiamo di quanto il termine “invasione” sia esagerato. In Giordania, oltre a una popolazion­e di 6 milioni di abitanti ce ne sono altri 2 milioni arrivati dagli scenari di guerra della regione: Siria, Iraq, Yemen. Che dire del Li- bano, appena 4,5milioni e quasi 2,5 milioni di profughi? Il record spetta alla Turchia che, dopo aver incassato 6 miliardi di euro dall’Ue, ha sigillato i confini e accolto il grosso di siriani, ospitando oltre 3 milioni di persone nei 26 campi allestiti.

Certo, tornando all’Italia, se il ministro dell’I nt er no , Marco Minniti, non avesse avviato il giro di “consultazi­oni” in Libia e Niger, per prendere accordi anche con soggetti poco raccomanda­bili, si sarebbe sfondata la soglia dei 200 mila arrivi. Problema risolto? Forse. Gli ultimi giorni, con una lieve ripresa degli arrivi rispetto ai mesi di agosto e settembre, specie dalla Libia, confermano una tesi incontrove­rtibile. Secondo alcune stime, sarebbero almeno 700 mila i profughi africani bloccati in Libia, dentro e fuori delle carceri dell’orrore. Poche migliaia, al contrario, quelli che sono tornati nei Paesi d’origine con i rimpatri assistiti voluti dall’Onu. Lo specchio di mare del Paese che fu di Gheddafi è pattugliat­o dalle autorità locali, ufficiali e ufficiose, ossia i capi tribù con cui anche l’Italia ha preso accordi facendo impegnativ­e concession­i, ma controllar­e 350 chilometri di costa non è semplice. Specie se i due governi auto-riconosciu­ti, quello della Cirenaica con capitale Tobruk controllat­o dal generale Khalifa Haftar e l’opposto in Tripolitan­ia guidato da Fayez al-Serraj, si fanno la guerra.

Le coste tunisine si trovano a poche decine di miglia da Lampedusa e Pantelleri­a, meno di 20 ore di navigazion­e. Tra settembre e ottobre ne sono partiti oltre 4 mila, quasi il triplo rispetto ai primi otto mesi dell’anno. La nave con 764 migranti di 30 nazionalit­à diverse, è approdata sabato scorso a Reggio Calabria dopo aver raccolto gruppi di migranti a bordo di svariate “carrette” del Mediterran­eo. Imbarcazio­ni che erano riuscite a sfuggire ai controlli delle autorità libiche ed egiziane.

In Africa c’è una massa di disperati che spinge per arrivare in Europa. Chi si è illuso che problema fosse risolto ha sbagliato. Secondo stime prudenti, ci sarebbero almeno due milioni di profughi dell’Africa sub sahariana, disposti a tutto pur di superare le barriere poste dagli accordi bilaterali. Con la rotta principale momentanea­mente congelata, quella libica, i flussi cerca- no di orientarsi altrove. A Occidente ci sono le due enclave spagnole in territorio marocchino di Ceuta e Melilla, letteralme­nte blindate, ma che quest’anno hanno visto un +91% di ingressi rispetto al 2016. Qualche falla c’è sempre e questo i profughi l’hanno capito. Si tratta, tuttavia, di numeri ancora bassi.

L’ALGERIA ha fatto di peggio: oltre a contrastar­e la migrazione, concedendo poche migliaia di partenze, soprattutt­o verso la Sardegna, il governo del presidente Bouteflika, contro ogni diritto internazio­nale, continua a espellere migranti subsaharia­ni con la forza. Per i migranti, raggiunger­e la Sicilia dall’Algeria è troppo rischioso, meglio puntare verso nord e il porto di Cagliari, piuttosto che le coste spagnole, super pattugliat­e. Passando a est, l’applicazio­ne degli accordi con l’Unione europea ha spinto la Turchia a sigillare la sua frontiera con Grecia e Bulgaria. Il risultato? Circa 10 mila profughi bloccati da quasi due anni nelle isole greche di Lesbo, Kos e Samo, stremati e senza futuro.

Sull’altra sponda Gli accordi di Minniti tengono nonostante la debolezza dei governi di al-Serraj e Haftar

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Nella base Migranti africani riportati indietro dai guardacost­e di Tripoli
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