Libertà o sopravvivenza Amalia Signorelli aveva ragione: siamo chiusi in una gabbia
Una cosa bisogna riconoscere al Pd: l’assoluta incapacità di autocritica. La colpa degli insuccessi elettorali è sempre degli altri, ovviamente il merito del successo invece è sempre proprio. Bisognerebbe invece ammettere, una buona volta, che gli insuccessi vengono fortemente influenzati dalle politiche del governo in carica.
Il Pd ha un bel dire che hanno fatto cose meravigliose ma la gente che vive in Italia e non nel Parlamento ha ben presente, giorno dopo giorno, che la situazione è disastrosa. Il Jobs act grava pesantemente s ul l ’ attuale governo, i derubati dalle banche sono rimasti derubati, i colpevoli invece assolutamente impuniti, gli insegnanti e gli studenti credono abbiano qualcosa da ridire pure loro.
La sanità pubblica è stata devastata da un ministro che chiaramente non conosce la materia, le pensioni, con annessa Fornero, sono un grave problema per molti, a fronte degli impuniti parlamentari ed ex parlamentari che hanno usufruito e che usufruiranno di un ignobile privilegio che si chiama vitalizio, ecc. L’elenco potrebbe essere decisamente più lungo.
Non è stata capita la perdita del referendum relativo alla riforma della Costituzione, eppure il messaggio era chiaro a chi avesse voluto capire.
I dissidenti nel Pd sono stati presi a “pesci in faccia”, e adesso la colpa della clamorosa sconfitta alle elezioni siciliane sarebbe degli altri? Colpa di Grasso, dei dissidenti del Pd, (è noto che tutti gradiscano moltissimo farsi prendere a randellate dal segretario del proprio partito), dei populisti (detto dal re dei populisti), dei cittadini che essendo un po’ stupidi non hanno capito lo splendido governo in carica da alcuni anni, insomma colpa di tutti gli altri? Un po’ di sana autocritica no? Hanno ancora un paio di mesi per rastrellare qualche voto, potrebbero cominciare ad eliminare la vergogna dei MI SONO COMMOSSAleggendo l’articolo di Caporale che non aveva i soliti caratteri del necrologio, ma parlava di Amalia come una figura viva, ironica, coraggiosa che solo per una “questione di cuore” ci ha dovuto lasciare.
Così sono andata subito a rileggermi la sua ultima rubrica su Millennium, che ho sempre apprezzato, ma questa volta di più. Si apre con un’analisi dell’antropologa sul narcisismo maschile, all’origine di conflittualità intollerabili, mai abbastanza sondata. Poi individua il tramonto dei partiti insieme a buona parte della cultura di massa, per lasciar spazio a piccoli gruppi uniti da interessi specifici, un fenomeno non solo italiano, ma assai negativo.
Come si affrontano poi i problemi e i rischi che minacciano il Pianeta?
La conclusione dell’antropologa intravede per il futuro la drastica alternativa: sopravvivenza o libertà.
A me sembra che il futuro intravisto da Amalia Signorelli, per chi vuol vedere, lo incontriamo da ora con il restringersi di spazi importanti di libertà, vuoi per il terrorismo, vuoi per i diversi assetti geopolitici, vuoi per il crescere di diseguaglianze, vuoi perché il troppo è troppo di tutto... Vabbè Amalia, continua a illuminarci da dove sei, se sei, se puoi! CARA ALESSANDRA, il nuovo numero di Millennium, uscito sabato in edicola e che penso avrà fra le mani, indaga sul mondo senza braccia. Sul tempo che presto verrà dove gli umani avranno un sostituto funzionale nella macchina nel robot, nell’artificio di una mente costruita in laboratorio. E questo futuro, benché illustrato fin nei dettagli, ci procurerà altre crisi di panico, altri spaventi. Amalia Signorelli ha sempre raccontato vitalizi e far restituire dai dirigenti colpevoli dei disastri bancari i risparmi ai cittadini derubati. In fin dei conti non sarebbe molto difficile.
Cade un albero a Roma e diventa un caso nazionale
Sono un abbonato del Fatto . Non per polemica. Nell’articolo dedicato all’albero caduto a Roma, considerato che la notizia (di rilevanza mondiale) è stata data a tut- la realtà attraverso l’uomo e la sua postura ed era più facile per lei scoprirne il disagio, giungere al dettaglio della crisi sociale. Oggi il continente più grande al mondo è quello di Facebook col suo miliardo e seicento milioni di abitanti.
Siamo tutti rinchiusi in questo recinto. Se ci pensa, Alessandra, siamo perseguitati dalla necessità di condividere con altri ogni istante della giornata in una solitudine che si fa però angosciante.
Una società senza coesione ma con l’assillo della condivisione. Nell’artificio del virtuale, che pure rende grandi vantaggi alla nostra esistenza, siamo così tanto immersi da smarrire l’uscita, una minima via di fuga. ti: tv, radio, giornali, ecc., almeno voi evitatemi questi accanimenti. Richiesta importante: spero che nelle prossime edizioni troveremo l’elenco di tutte le piante che sono cadute in Italia.
Niente di male nel Fuan, ma ognuno ha le sue idee
Gentile Marco Travaglio, leggo sul giornale da lei diretto (e del quale sono assiduo lettore) la risposta che ha dato a Piero Fassino che l’ha accusata di essere stato scritto al Fronte Universitario di Azione Nazionale (Fuan), con toni sottintesi quasi come fosse un’associazione a delinquere.
Voglio solo ricordare che il Fuan è stata un’associazione studentesca perfettamente legale per la quale disegnò un simbolo il grande Giorgio De Chirico e alla quale sono stati iscritti migliaia di giovani poi affermatisi nella vita civile per i loro meriti. Caro Travaglio se lei fosse stato iscritto al Fuan si sarebbe In merito agli episodi denunciati dai giovani di Cuneo, credo che ciascuno ricordi almeno un episodio, magari giovanile, che lo abbia visto vittima dell’arroganza di qualche uniforme e credo altresì che sia quasi automatico che quando si vesta una divisa si possa cadere nella tentazione di prevaricare il proprio ruolo ed indulgere in tali odiosi atteggiamenti. Il problema sarebbe facilmente risolvibile estendendo agli agenti delle forze dell’ordine l’obbligo del cartellino col nome: beninteso, non un obbligo all’ “italiana”, ma a l l’americana o, se vogliamo, all’inglese, cioè sottoposto a verifiche e controlli.
Questo semplice fatto, che viene ridicolmente imposto anche, per esempio, agli insegnanti, di cui ciascuno, nella scuola, conosce nome, cognome e indirizzo, non solo renderebbe più facili le segnalazioni, ma indurrebbe gli stessi agenti ad un comportamento corretto. Facciamo una campagna? I NOSTRI ERRORI
L’autore dell’articolo uscito ieri “Smog, la falsa emergenza che punisce i più poveri” è Francesco Ramella, docente di Trasporti all’Università di Torino e vicepresidente di Bridges Research, e non il suo omonimo professore di Sociologia economica, come erroneamente indicato. Ce ne scusiamo con l’interessato e con i lettori.