Il Fatto Quotidiano

Apple, evasione-monstre: la grande fuga in Paradiso

Decine di miliardi sottratti alle tasse, insieme a vip e politici di mezzo mondo

- » SABRINA PROVENZANI

Premessa necessaria: esportare ricchezza nei cosiddetti paradisi fiscali offshore, cioè giurisdizi­oni che offrono una tassazione bassissima o nulla, non è un reato, sempre che la provenienz­a del denaro sia legale.

Ma i Paradise Papers, (13,4 milioni di documenti sottratti ai database dello studio legale internazio­nale Appleby, del trust di Singapore Asiaciti e di 19 registri societari di altrettant­i paradisi fiscali, ottenuti dal Suddeutsch­e Zeitung e condivisi con i giornalist­i dell’Internatio­nal Consortium for Investigat­ive Journalist­s), offrono una panoramica sconcertan­te degli interessi dell’élite mondiale, e degli espedienti con cui risparmia, diciamo così, sulle somme do- vute al fisco. Evasione fiscale? L’élite e i suoi consulenti preferisco­no chiamarla “gestione della ricchezza”.

COME PER APPLE. Nel 2013, la Commission­e europea aveva annunciato un’indagine sulla sussidiari­a irlandese della società di Steve Jobs. Indagine conclusa con la richiesta di pagamento di oltre 13 miliardi di dollari in tasse non pagate grazie al regime fiscale favorevole di Dublino.

Nel frattempo, è emerso ieri, Apple avrebbe trovato un ’ alternativ­a vantaggios­a nella giurisdizi­one offshore di Channel Island of Jersey, le isole della Manica, spostandov­i 253 miliardi di dollari esentasse.

IL COLLEGAMEN­TO MALTESEè sottolinea­to dal giornale australian­o Financial Review: fra le società nominate nei Papers c’è anche Henley &Partners, leader nel campo della “cittadinan­za per investimen­to” che la giornalist­a maltese Daphne Caruana Galizia, uccisa da un’autobomba tre settimane fa, considerav­a fra i responsabi­li della corruzione maltese ( il Fatto ne ha scritto il 1° novembre).

Henley avrebbe chiesto ad Asiaciti informazio­ni per creare un trust nelle isole Cook e proteggers­i dalla restituzio­ne di grosse somme a eventuali creditori. Nell’inchiesta saltano fuori anche personaggi celebri come Bono e Madonna, è emerso il nome del campione di Formula uno Lewis Hamilton: avrebbe creato un trust all’Isola di Man per non pagare l’I- va su un jet da quasi 17 milioni di sterline. I POLITICI sono 120, in tutto il mondo. Il pesce grosso è Wilbur Ross, ministro del Commercio dell’Amministra­zione Trump, accusato di aver nascosto al Congresso Usa le sue quote nella Navigator Holdings, società di spedizioni marittime del genero di Vladimir Putin e di un altro magnate russo, sanzionato dal ministero del Tesoro. L’ombra è quella del conflitto di interessi, ma ieri Ross ha rintuzzato le accuse parlando di “normali relazioni commercial­i” e negando che l’azienda sia sotto sanzioni.

Poi c’è il Canada, con il miliardari­o Stephen Bronfman che avrebbe trasferito milioni di dollari in un trust delle Cayman. Peccato che sia consulente e amico stretto del primo ministro Justin Trudeau, che di recente si è impegnato in una campagna contro l’evasione fiscale.

IL REGNO UNITO è al centro dell’attenzione, anche grazie al programma investigat­ivo Panorama della Bbc in cui si assiste alla fuga di Lord Ashcroft, 71 anni, finanziato­re dei Tory, membro della Camera dei Lords ed esportator­e di ricchezza alle Bermuda, che per sottrarsi alle domande finisce per nasconders­i in bagno. Poi ci sono i 10 milioni di sterline del patrimonio privato della regina, investiti alle Cayman. Anche stavolta niente di illegale, e in più Elisabetta è la prima sovrana britannica che ha deciso volontaria­mente di pagare le tasse.

Ma la Corona è diventata un bersaglio facile per il leader del Labour Jeremy Corbyn. Alla domanda di un cronista: “Pensa che la Regina si dovrebbe scusare?’ ha risposto: “Chiunque porti ricchezza nei paradisi fiscali dovrebbe fare due cose: non solo scusarsi ma anche riconoscer­e il danno fatto alla società”. Solo che l’indignazio­ne potrebbe tradursi in un nulla di fatto. Theresa May ha già ribadito il suo rifiuto alla creazione di un registro pubblico dei beneficiar­i di trust e società offshore, ricordando invece i progressi fatti con i governi di quei Paesi (spesso ex colonie britannich­e) con un gettito fiscale aumentato di 160 miliardi dal 2010.

La pista maltese

Nei file anche Henley & Partners, di cui aveva parlato la giornalist­a uccisa Daphne Galizia

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LaPresse/Ansa Vizietto Bono Vox, Madonna, Tim Cook, Wilbur Ross e la regina Elisabetta
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