Ambiente, le Fiji vogliono salvare il pianeta con il metodo “Talamoa”
A Bonn 200 Paesi alla conferenza sui cambiamenti climatici
“Uno smartphone nuovo, ma senza il sistema operativo”. Così un diplomatico ha messo in luce come l’accordo di Cop21, che a Parigi nel 2015 ha allineato tutti i Paesi del mondo (fatto salvo il successivo ripensamento degli Usa di Trump) per contenere l’innalzamento della temperatura della terra entro i 2 gradi, così com’è è solo un bel pacco regalo. Vuoto.
PER PROVAREa riempirlo, da ieri e fino al 17 novembre, a Bonn in Germania, si incontrano 200 Paesi alla 23esima “conferenza delle parti” ( Cop23) nel quadro della convenzione Onu sul cambiamento climatico. La presidenza di Cop23 è stata assegnata al primo ministro delle isole Fiji Frank Baininarama. L’arcipelago a ovest dell’Australia, è un para- diso naturale conosciuto dai turisti ma a rischio catastrofe ambientale a causa innalzamento del livello degli oceani, come dimostrano le sue spiagge già ora in ritirata. Capo negoziatore del re- moto arcipelago è la diplomatica Nazhat Shameem K ha n , ex magistrato con studi a Cambridge e già ambasciatore per le Fiji all’Onu a Ginevra. Il suo Paese balzò a ll ’ onore delle cronache quando, durante Cop21, rimproverò i partecipanti di essere stati poco attenti a non indicare in 1,5 gradi la soglia massima di innalzamento della temperatura.
PER LAVORARE a un ampio accordo, Nazhat porterà a Bonn il metodo del Talanoa: “Significa sedersi insieme, condividere esperienze”, ha spiegato durante un incontro preparatorio. “Un metodo tradizionale per comporre le controversie”.
Grande contendente delle piccole Fiji sono gli Stati Uniti. Donald Trump, che ha annunciato la volontà di ritirarsi dagli accordi di Parigi, è rappresentato da Tom S han non, diplomati codi lungo corso. Il presidente è noto per aver definito nel 2015 il riscaldamento globale “una bufala inventata dai cinesi”. Ma anche un altro americano, il magnate newyorchese Michael Bloomberg, sarà a Cop23, nel ruolo di inviato speciale Onu per le città e il cambiamento climatico. L’ex sindaco repubblicano della Grande Mela è impegnato, anche finanziariamente, per salvare gli impegni Usa stretti nel 2015, e non è detto che non si prenderà la scena a nome dell’America anti-trumpiana. Così come sarà centrale l’azione dell’inviato di Pechino Xie Zhenhua , il diplomatico cinese che proprio nel 2015 aveva lavorato con il collega americano per il successo dell’accordo di Parigi. Allora però a Washington c’era Obama.