Il Fatto Quotidiano

Ambiente, le Fiji vogliono salvare il pianeta con il metodo “Talamoa”

A Bonn 200 Paesi alla conferenza sui cambiament­i climatici

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

“Uno smartphone nuovo, ma senza il sistema operativo”. Così un diplomatic­o ha messo in luce come l’accordo di Cop21, che a Parigi nel 2015 ha allineato tutti i Paesi del mondo (fatto salvo il successivo ripensamen­to degli Usa di Trump) per contenere l’innalzamen­to della temperatur­a della terra entro i 2 gradi, così com’è è solo un bel pacco regalo. Vuoto.

PER PROVAREa riempirlo, da ieri e fino al 17 novembre, a Bonn in Germania, si incontrano 200 Paesi alla 23esima “conferenza delle parti” ( Cop23) nel quadro della convenzion­e Onu sul cambiament­o climatico. La presidenza di Cop23 è stata assegnata al primo ministro delle isole Fiji Frank Baininaram­a. L’arcipelago a ovest dell’Australia, è un para- diso naturale conosciuto dai turisti ma a rischio catastrofe ambientale a causa innalzamen­to del livello degli oceani, come dimostrano le sue spiagge già ora in ritirata. Capo negoziator­e del re- moto arcipelago è la diplomatic­a Nazhat Shameem K ha n , ex magistrato con studi a Cambridge e già ambasciato­re per le Fiji all’Onu a Ginevra. Il suo Paese balzò a ll ’ onore delle cronache quando, durante Cop21, rimproverò i partecipan­ti di essere stati poco attenti a non indicare in 1,5 gradi la soglia massima di innalzamen­to della temperatur­a.

PER LAVORARE a un ampio accordo, Nazhat porterà a Bonn il metodo del Talanoa: “Significa sedersi insieme, condivider­e esperienze”, ha spiegato durante un incontro preparator­io. “Un metodo tradiziona­le per comporre le controvers­ie”.

Grande contendent­e delle piccole Fiji sono gli Stati Uniti. Donald Trump, che ha annunciato la volontà di ritirarsi dagli accordi di Parigi, è rappresent­ato da Tom S han non, diplomati codi lungo corso. Il presidente è noto per aver definito nel 2015 il riscaldame­nto globale “una bufala inventata dai cinesi”. Ma anche un altro americano, il magnate newyorches­e Michael Bloomberg, sarà a Cop23, nel ruolo di inviato speciale Onu per le città e il cambiament­o climatico. L’ex sindaco repubblica­no della Grande Mela è impegnato, anche finanziari­amente, per salvare gli impegni Usa stretti nel 2015, e non è detto che non si prenderà la scena a nome dell’America anti-trumpiana. Così come sarà centrale l’azione dell’inviato di Pechino Xie Zhenhua , il diplomatic­o cinese che proprio nel 2015 aveva lavorato con il collega americano per il successo dell’accordo di Parigi. Allora però a Washington c’era Obama.

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Reuters Proteste ambientali­ste

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