Il Fatto Quotidiano

Mafia Capitale, indagato Zingaretti: “Disse bugie”

Dopo l’invio degli atti da parte del tribunale che aveva ravvisato “elementi di reità”, la mossa dei pm nei confronti del presidente della Regione Lazio per le dichiarazi­oni rese in aula il 21 marzo

- » VALERIA PACELLI

Il

presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti è indagato dai pm di Roma dopo che la X sezione penale del Tribunale – che ha condannato Massimo Carminati e Salvatore Buzzi (per associazio­ne a delinquere semplice, non per mafia) – ha inviato alla Procura i verbali resi da alcuni soggetti chiamati a testimonia­re durante il processo. La notizia della trasmissio­ne degli atti è di venerdì scorso, ma oggi Il Fatto è in grado di confermare che è avvenuta l’iscrizione nel registro degli indagati del presidente della Regione Lazio. Non è la prima volta che l’inchiesta Mafia Capitale rappresent­a una grana per Zingaretti, sempre estraneo alle vicende legate all’indagine madre.

DOPO LE DICHIARAZI­ONI di Salvatore Buzzi, il governator­e infatti era stato iscritto per concorso in turbativa d’asta in relazione alla gara per il servizio Cup (centro u- nico prenotazio­ni sanitarie) istituita nel 2014 dalla Regione Lazio. Vicenda archiviata. Adesso Zingaretti però rischia di vedere aprirsi un altro capitolo. I giudici della X sezione del Tribunale hanno chiesto ai pm capitolini di indagare su quanto ha detto in aula. Non c’è alcuna certezza, ma solo il sospetto “di una testimonia­nza falsa o reticente di Zingaretti”. Che nei giorni scorsi si è detto “assolutame­nte sereno sui fatti, ma amareggiat­o. Ho fatto della difesa della legalità la mia ragione di vi- ta”. Se i sospetti dei giudici sono fondati lo stabilirà la Procura di Roma che potrà decidere di archiviare la sua posizione. Come quella di altri finiti nella lista trasmessa dal Tribunale ai pm.

TRA I 27 NOMI c’è anche Micaela Campana, responsabi­le nazionale welfare del Pd. Nelle motivazion­i della sentenza che ha escluso la mafia, i giudici scrivono: “Conclusiva­mente si sospetta di reticenza e/o falsità la testimonia­nza resa da Campana Micaela in relazione ai suoi numerosi ‘non ricordo’, spesso del tutto inverosimi­li in quanto apodittici e non meglio motivati e contrastan­ti con il contenuto chiaro delle intercetta­zioni telefonich­e attinenti ad argomenti importanti nella vita politica o personale della donna”.

Per il tribunale - così è scritto nell’atto del 17 ottobre - sono anche “emersi elementi di reità in ordine al reato di calunnia per il teste assistito Roberto Grilli”, ossia il collaborat­ore di giustizia che sentito in aula non ha confermato alcune accuse fatte all’ex Nar Massimo Carminati davanti ai pm: “Sono dichiarazi­oni orchestrat­e - aveva detto Grilli in aula - e organizzat­e dal mio avvocato per ottenere la protezione. (...) Ho dato retta a quel legale...”. Il giorno della sua testimonia­nza, i pm a sorpresa hanno depositato la trascrizio­ne di un audio registrato durante un incontro tra Grilli e il capitano del Ros, Antonio Corvino, che era andato a consegnarg­li l’atto di citazione per la testimonia­nza: “Capitano... – diceva – il mio profilo basso fino adesso mi ha garantito di stare in vita a Roma... Adesso, dopo questa cosa, non so’ più garantito con nulla (...) durerò due settimane”.

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Zingaretti
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Ansa Nei guai Il governator­e Nicola Zingaretti

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