LA RAI, I PRECARI ALLO SBARAGLIO E I DANNI DELLE STAR STRAPAGATE
“L’attuale impiego della televisione non è un abuso funzionale, ma un abuso ‘etico’ di questo strumento” (da “La cultura dei media” di Vilém Flusser – Bruno Mondadori Editore, 2004 – pag. 107)
Mentre la Rai manda allo sbaraglio sul fronte dell’informazione i giovani cronisti precari e malpagati, disposti anche a rischiare l’osso del naso per strappare un’intervista, i conduttori-artisti coperti d’oro continuano a perdere ascolti sotto la “protezione” dell’azienda. Il caso del reporter Daniele Piervincenzi, colpito con una testata da un energumeno del clan Spada a Ostia e aggredito insieme al filmmaker Edoardo Anselmi, rappresenta fisicamente la vulnerabilità del giornalismo del servizio pubblico nel contesto sociale e politico in cui vive oggi chi fa questo mestiere in prima linea. Un mestiere che è sempre stato pericoloso per gli inviati nelle zone di guerra, di mafia o di camorra, ma che ormai lo è diventato anche alle porte di Roma, a 30 chilometri dai Palazzi del Potere.
Il fatto è che, al contrario delle versioni ufficiali, Piervincenzi non è “un giornalista della Rai” e Anselmi non è “un operatore della Rai”. Entrambi lavorano per FremantleMedia Italia, la società esterna – di cui è amministratore delegato Lorenzo Mieli – che produce diversi “format” per la televisione pubblica: programmi d’intrattenimento e d’informazione, tra cui appunto Nemo – Nessuno escluso, la trasmissione di Rai2 per la quale lavorano Piervincenzi e Anselmi. Il tutto all’insegna di quel genere ibrido e nefasto per un servizio pubblico che va sotto il nome di “infotainment”, informazione-spettacolo.
Nulla da eccepire sulla variegata attività di questa o di altre società di produzione televisiva. Loro fanno legittimamente il proprio mestiere, chi meglio e chi peggio, spesso riciclando prodotti d’origine americana o comunque straniera. E infatti, Fremantle Italia è per così dire la filiale di un colosso internazionale che annovera nel suo campionario numerosi titoli di successo.
NON SAPPIAMO se i giornalisti e gli operatori che lavorano per queste aziende siano o meno “contrattualizzati”, se abbiano cioè un regolare contratto con le relative tutele sindacali e assicurative. La questione riguarda piuttosto la Rai e in particolare l’informazione. Quest’ultima, come abbiamo sempre sostenuto, rappresenta il core business del servizio pubblico. E quindi è diritto di tutti i cittadini, telespettatori e abbonati, conoscere le condizioni in cui lavora chi fa informazione per la radiotelevisione pubblica, esigendo le dovute garanzie di professionalità, correttezza e trasparenza.
Nel frattempo, la Rai si preoccupa di “proteggere” dal calo degli ascolti i suoi conduttori- artisti, già tutelati dai maxi-compensi milionari garantiti dagli spot. È il caso di Fabio Fazio, con la sua trasmissione Che tempo che fa, al quale – come il Fatto Quotidiano ha già raccontato – l’azienda riserva un trattamento di favore, nel tentativo di risollevare l’audience.
In merito alla rubrica di sabato scorso, abbiamo ricevuto una precisazione da L’OFFicina, la società che produce il programma di Fazio e di cui lui stesso è partner. In base ai dati di ascolto, Rai1 avrebbe raggiunto la domenica uno share del 18,60% (in media) e sarebbe leader nella fascia del prime time. A parte il conflitto d’interessi del conduttore-artista-produttore, ci limitiamo qui a registrare il fatto che la trasmissione – dal 24 settembre al 15 ottobre – è scesa dal 21,09 al 15,50% perdendo quasi sei punti. E domenica 5 novembre, lo share è calato ulteriormente al 14,8%. Auguri di buon lavoro!