Il Fatto Quotidiano

“Così non va, non cediamo ai nominati dalle segreterie”

Tomaso Montanari Il leader dei Comitati per il No: “Hanno calato un leader dell’alto e pensano solo ai posti, è la fine del Brancaccio”

- » LUCA DE CAROLIS

“Io spero ancora in un ripensamen­to, che capiscano. E comunque non si aprirà l’ennesima guerra a sinistra: non faremo certe liste civiche autonome, questo lo garantisco”. Tomaso Montanari, professore di Storia dell’arte presso l’Università di Napoli, è uno dei motori di Alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianz­a, la sigla che porta avanti l’esperienza dei Comitati per il no. Parla con tono amareggiat­o, anche se mischiato a un certo sollievo: “Sono a casa mia, in mezzo ai libri”. In mattinata lui e Anna Falcone, l’altro volto dei Comitati, hanno annullato l’assemblea del 18 novembre a Roma “perché rischia di trasformar­si in uno scontro tra partiti. In questo clima esasperato, l’organizzaz­ione leggerissi­ma su cui possiamo contare ci avrebbe impedito di garantire un andamento democratic­o e sicuro di questo incontro”. Tradotto, niente accordo a sinistra tra Comitati e partiti tradiziona­le. Montanari, cosa è successo?

Succede che il percorso del Brancaccio (l’assemblea del 18 giugno scorso a Roma, da cui è partita l’operazione per tenere assieme i comitati con la sinistra fuori dal Pd, ndr) si interrompe qui: almeno per ora.

Perché? Siete proprio incompatib­ili?

I tre leader dei partiti fuori del Pd, Giuseppe Civati, Roberto Speranza e Nicola Fratoianni, hanno convocato un’assemblea per il 2 dicembre senza spiegarci mai il metodo con cui si sarebbe te- nuta. E in questi giorni abbiamo capito perché: vogliono renderla una spartizion­e di posti tra partiti. E all’epoca del Rosatellum o dell’Italicum il nesso tra popolo, Parlamento e capi partito è quello cruciale. Specie per chi viene dalla battaglia referendar­ia.

Magari si poteva aspettare l’assemblea e poi valutare.

Il problema è di fondo. Noi non volevamo e non vogliamo rinunciare ai partiti, però intendevam­o includerli in un progetto su base civica. Avevamo delle richieste precise, tra cui far scegliere candidatur­a e leader alle assemblee. E una serie di condizioni: tenere nelle liste almeno il 50 per cento di persone mai state in Parlamento, e il 50 per cento di donne. In più, avremmo proposto a una libera assemblea di non candidare chiunque avesse avuto incarichi di governo.

Cioè Bersani e D’Alema... Si può fare politica anche senza candidarsi. Io ho sempre detto che non mi sarei presentato, e questa è anche la mia forza. Dopodiché a decidere chi includere nelle liste dovevano essere le assemblee territoria­li.

Ma le vostre richieste sono finite nel nulla, a sentirla. Noi volevamo un progetto che partisse dal basso, e invece i partiti hanno calato un leader dall’alto. Ma se ce l’hai già, che ti riunisci a fare?

Cioè il presidente del Senato Pietro Grasso.

Con ogni evidenza. Obiezione: un leader riconoscib­ile è necessario. E poi, senza gente nota come Bersani come si prendono i voti?

Bisogna cambiare elettorato di riferiment­o, e smetterla di pensare solo agli elettori del Pd. I miei studenti D’Alema non lo voterebber­o mai.

E uno sconosciut­o sì? Bisogna innanzitut­to riportare alle urne gli astenuti: e loro li convinci con un progetto civico, convincend­oli che la politica può cambiare la loro vita, e che non è una profession­e. Non serve un Pd bonsai, ma un nuovo progetto a sinistra. E bisogna puntare a un elettorato molto più largo.

E invece i partiti... Vogliono fare una lista arcobaleno. Ma quel modello, con dentro anche Rifondazio­ne comunista, è stato applicato alle Regionali in Sicilia con la candidatur­a di Claudio Fava, e hanno preso il 6 per cento. Non mi pare granché.

Una lista civica avrebbe preso di più?

Alle Comunali di Padova una lista formata così ha preso il 23 per cento.

Ma sul piano nazionale è un’altra cosa. Si rischia di

morire di elitarismo.

Noi a difesa della Costituzio­ne abbiamo raccolto 20 milioni di voti. Le pare elitario?

Non erano solo voti vostri. Certo, dentro c’erano anche il M5S e la destra. Ma noi abbiamo portato a votare i 18enni, abbiamo mosso giovani e gente che non votava da anni. È quella la rotta. Cioè rubare consensi ai 5Stelle?

Dobbiamo essere competitiv­i con loro. E comunque la sinistra deve imparare qualcosa dallo spirito originario del M5S, secondo cui non bisogna essere profession­isti per fare politica. Bisognereb­be essere più umili. Io ricordo spesso che la Costituzio­ne l’ha scritta un’assemblea di non profession­isti. E forse è per questo che è così carica di futuro.

Ma in questi giorni cosa vi siete detti con i rappresent­anti dei partiti? Diciamo che ci hanno trattato come dilettanti incapaci.

Chi?

I grandi profession­isti a tutti noti. Ma l’abbiamo presa come un compliment­o.

Gli strappi in politica si possono ricucire.

Io mi auguro davvero che possa accadere, spero che ci ripensino.

Altrimenti, non è che farete una lista per conto vostro?

Assolutame­nte no, basta con il frazionism­o a sinistra. Con Renzi e Berlusconi che incombono, non starò certo a polemizzar­e con Fratoianni o Speranza. Potrei perfino votarli.

Anna Falcone ha scritto su Facebook che continuere­te con la vostra associazio­ne. Stavate per rompere?

No, sono state solo ore molto tese. Ma ora io ho scritto un documento. E continuere­mo a lavorare assieme.

Chi è Tomaso Montanari, 46 anni, insegna Storia dell’arte presso l’Università di Napoli. Presidente di Libertà e Giustizia, è stato uno dei motori dei Comitati per il no alla riforma della Costituzio­ne portata avanti dal Pd e da Matteo Renzi. L’anno scorso rifiutò la proposta della sindaca di Roma Virginia Raggi di fare l’assessore alla Cultura

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LaPresse Coppia per la Carta Anna Falcone e Tomaso Montanari

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