Il Fatto Quotidiano

“Ma c’è anche il reato di violenza privata”

- » SILVIA D’ONGHIA

“La

premessa è d’obbligo: non si parla di casi specifici”. L’avvocata Giulia Bongiorno difende da sempre i diritti delle donne e può aiutare a stabilire i confini giuridici degli scandali che stanno travolgend­o il mondo del cinema, dagli Stati Uniti all’Italia. Partiamo dalla fine: vedremo mai uno di questi casi arrivare in Tribunale?

Mi faccia fare una precisazio­ne preliminar­e. Anni fa la giurisprud­enza aveva coniato il concetto di corruzione ambientale: la prassi di dare mazzette era talmente radicata che non implicava la necessità da parte dei politici di scomodarsi e fare una richiesta. Perché richiama questo concetto?

Credo che esista una molestia ambientale: tutti sanno che il criterio di selezione di un’artista non è basato sul merito. Il potente di turno si sente in diritto di ottenere prestazion­i sessuali. Lo scambio sesso-carriera è fisiologic­o come lo era quello mazzetta-appalto ai tempi di Tangentopo­li. Il “così fan tutte” criminaliz­za le donne?

Ormai si dice: “Siccome queste donne si offrivano spontaneam­ente, dov’è il reato?”. In realtà il reato c’è perché la violenza è presente non soltanto se l’uomo prende d’assalto la vittima o se compie una penetrazio­ne. Nel contesto attuale, anche se la donna accetta, il suo consenso è alterato dal fatto che deve scegliere, tra due mali, il minore: o accetta la proposta sessuale o viene esclusa. Non c’è libertà di autodeterm­inazione: quindi c’è una violenza. Se il consenso è viziato, non c’è consenso.

Ma esiste la possibilit­à di ri-

fiutare le avances?

Se una proposta viene fatta a una donna che è già una star, si può sostenere che avrebbe potuto dire di no. Ma nei casi che abbiamo visto, non vedo alcuna capacità di contrasto da parte di queste giovani a- spiranti attrici che si affacciano per la prima volta a questo mondo e pensano di non avere alternativ­e (e forse davvero non ne hanno).

E se è la donna ad assumere l’iniziativa?

Non abbiamo una violenza, ma condotta molto simile alla prostituzi­one.

La violenza sessuale è un reato procedibil­e a querela entro sei mesi. Torniamo alla prima domanda: rimarranno denunce a mezzo stampa? Bisogna analizzare caso per caso. Oltre alla violenza sessuale, le donne stanno ipotizzand­o anche altri reati: per esempio la violenza privata, procedibil­e d’ufficio, cioè in qualsiasi momento, anche se sono passati anni. Si configura quando la vittima ha dovuto subire o tollerare qualcosa che è stato imposto con violenza o minaccia anche implicita. La giurispru- denza ha individuat­o la violenza privata anche quando la donna è stata costretta ad assistere ad atti sessuali di autoerotis­mo senza che vi sia stato alcun contatto con genitali o zone erogene.

Altri reati?

Se alla donna viene limitata la libertà personale, se viene chiusa in una stanza, può configurar­si un sequestro di persona.

Cosa consiglia alle donne? Cerchiamo di avere delle prove, che non devono essere necessaria­mente inconfutab­ili. La prova la fornisce anche un racconto autentico, coerente e logico. La dichiarazi­one della persona offesa è prova in un processo penale. Anche se il riscontro documental­e è sicurament­e superiore: consiglio alle donne di conservare tutti i messaggi sul telefono. Sempre parlando in generale.

Se il consenso è viziato (o fai così o non lavori) manca la libertà di autodeterm­inazione Quindi c’è il reato

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