Renzi, B. e Verdini: l’inciucio per Consob e Corte dei Conti
La spartizione delle nomine prima delle urne di primavera
■Al Pd andrebbe il presidente dell’autorità di Borsa (i nomi in corsa sono tutti renziani o giù di lì: Fortis, Legnini e Garofoli). In quota Berlusconi (che perde il fido Vegas in scadenza), la scelta per il posto ora vacante di commissario. Poi, per ripagare l’appoggio dei verdiniani al Rosatellum, si profila l’accordo sul senatore Falanga come membro del consiglio di presidenza della magistratura contabile
Le alleanze della prossima legislatura si costruiscono in questa, santificate dal rito delle nomine: il Pd di Matteo Renzi ha un accordo con Forza Italia e Silvio Berlusconi per le due poltrone da assegnare in Consob, l’autorità che vigila sui mercati finanziari, la necessità di accontentare le ambizioni di Ala di Denis Verdini stanno paralizzando la Corte dei conti. Ma a Verdini nessuno vuol dire di no, men che meno Renzi.
A DICEMBRE settennale il mandato settennale di Giuseppe Vegas come presidente di Consob: è stato nominato nel 2010 dal governo Berlusconi, passando direttamente dall’esecutivo in cui era viceministro alla guida di un’autorità che dalla politica dovrebbe essere indipendente. Non può essere rinnovato. A novembre 2016 si è dimesso il commissario Paolo Troiano e non è mai stato rimpiazzato. Ci sono quindi due poltrone da assegnare.
In teoria non c’è alcuna fretta, in Consob mancano scadenze vincolanti sulle nomine e si vede: dopo la fine del mandato di Lamberto Cardiaci fu una reggenza di otto mesi affidata al consigliere anziano, negli ultimi anni l’autorità non è praticamente mai stata a pieno organico, per le continue dimissioni dal vertice e ritardi nelle nomine. Non ci sarebbe quindi urgenza, anzi, sarebbe più sensato lasciare le nomine al governo che uscirà dalle urne nel 2018. Alla presidenza andrebbe, nella fase transitoria, il commissario con la maggiore anzianità: Anna Genovese, giurista che ha lavorato nello studio di Umberto Tombari, dove si è formata il sottosegretario Maria Elena Boschi.
E invece Renzi spinge perché il governo Gentiloni faccia subito le nomine. L’accordo con Berlusconi prevede che il Pd decida il presidente, mentre Forza Italia si prenda un commissario. All’autorità servirebbero esperti di mercati finanziari con una forte esperienza europea, visto che nei prossimi anni la Conosb sarà sempre più integrata con l’Esma (l’organismo comunitario) e possibilmente con idee chiare sulf in tech, il nuovo settore della tecnologia applicata alla finanza oggi quasi senza regole.
Ma le ragioni della politica sono più forti di quelle della competenza. E così si discute di nomi con profili poco finanziari: l’economista Marco Fortis( renziano ma bruciato dalle troppe candidature e dal renzismo troppo esplicito); Roberto Garofoli, magistrato amministrativo già lettiano oggi capo di gabinetto del ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan, cui mancano competenza specifica e indipendenza dal governo ma non le relazioni giuste; c’è sempre anche il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, in scadenza di mandato (arriva dal Pd, non si è mai occupato di finanza ma, come Vegas, è un esperto di conti pubblici). Tra gli altri nomi possibili: Mario Nava, al vertice della direzione generale della Commissione europea che segue i mercati finanziari, e il potente avvocato milanese Carlo Pedersoli.
SE ACCONTENTARE Berlusconi lasciadogli scegliere un commissario è semplice, Verdini e i suoi sono un dos- sier più difficile per Renzi. Da oltre un mese il Parlamento deve eleggere i quattro membri laici del consiglio di presidenza della Corte dei conti, l’organismo che vigila sulle spese della Pubblica amministrazione e le cui competenze si stanno allargando, dalla Rai alla lotta alla corruzione negli appalti in tandem con l’Anac guidata da Raffaele Cantone.
Il consiglio di presidenza è l’organismo di autogoverno della Corte, da cui dipendono carriere, trasferimenti, procedimenti disciplinari. E ora è dimezzato, ci sono soltanto i quattro membri indicati dalla Corte stessa ( Massimiliano Atelli, Andrea Lupi, Pio
S i lv e s tr i , Cl a u di o Chiarenza).
IL PRIMO DICEMBRE scade la proroga del consiglio in carica, poi si paralizzerà tutto se il Parlamento non nomina i suoi membri.
E dal primo gennaio, per effetto della riforma Renzi che fissa l’età massima a 70 anni, andranno in pensione il presidente Arturo Martucci e il procuratore generale Claudio Galtieri, cioè gli unici due titolati a prendere i provvedimenti necessari per riempire il vuoto di potere in caso di paralisi del consiglio superiore.
Il sostegno di Denis Verdini e del suo gruppo Ala al momento del voto di fiducia sulla legge elettorale Rosatellum non è stato però gra-
tis. E ora è il momento di saldare il debito: l’asse Renzi-Berlusconi ha promesso a Verdini che uno dei posti nel consiglio superiore della Corte spetta ai suoi.
Ambisce, in prima persona, il senatore verdiniano Ciro Falanga. I verdiniani già si erano attivati sulla Corte dei conti d’intesa con Forza Italia, con il tridente Lucio Barani (Ala), Antonio Azzollini e Rocco Palese (Fi): hanno cercato di prolungare il mandato del presidente uscente Martucci a colpi di emendamenti prima al decreto Mezzogiorno e poi al decreto fiscale. As-
salto respinto: il premier Paolo Gentiloninon rinuncia ai suoi poteri di nomina, Martucci andrà in pensione.
MA VERDINI e i suoi devono ottenere quella poltrona di membro del consiglio. Magari proprio per Falanga, autore di una contestata riforma della disciplina degli abusi edilizi. Uno in meno a cui Renzi (o Berlusconi) dovrebbe trovare posto in lista alle elezioni, un favore al più prezioso degli alleati, il nove volte inquisito Denis Verdini.
Scadenza a dicembre Nessuna proroga per Vegas, sostituto da trovare prima delle elezioni Effetto Rosatellum Un posto al vertice della magistratura contabile deve andare ai verdiniani