Il Fatto Quotidiano

Il fu Tabucchi batte Schifani

Il forzista gli fece causa

- » SILVIA TRUZZI

L’appello lanciato dall’editore Gallimard su Le Monde e sottoscrit­to da intellettu­ali, premi Nobel e giornalist­i di tutto il mondo (Pamuk, Philip Roth, Costa Gravas, Camilleri, Magris), s’intitolava, ironia della sorte, Nous soutenons Antonio Tabucchi. Era il novembre del 2009, l’alba di questo giornale, il cui primo numero due mesi prima aveva avuto l’onore della firma dell’autore di Sostiene Pereira.

Cos’era capitato?Renato Schifani, già presidente del Senato, gli aveva fatto una causa civile chiedendo 1 milione e 300 mila euro di danni.

L’appello lanciato dall’editore Gallimard su Le Mondee sottoscrit­to da intellettu­ali, premi Nobel e giornalist­i di tutto il mondo (Pamuk, Philip Roth, Costa Gravas, Camilleri, Magris), s’intitolava, ironia della sorte, Nous soutenons Antonio Tabucchi . Era il novembre del 2009, l’alba di questo giornale, il cui primo numero due mesi prima aveva avuto l’onore della firma dell’autore di Sostiene Pereira.

COS’ERA CAPITATO? Renato Schifani, già presidente del Senato, gli aveva fatto una causa civile chiedendo 1 milione e 300 mila euro di danni. Una cifra assurda, una causa “strana” perché il politico siciliano aveva citato solo il professor Tabuccchi e non il giornale su cui nel 2008 era apparso l’articolo da cui Schifani si sentiva diffamato ( l’U- nità). In quell’articolo il professore commentava le frequentaz­ioni di Renato Schifani, a seguito di una polemica successiva all’uscita di un libro di Marco Travaglio e Peter Gomez, Se li conosci li eviti (Chiarelett­ere). Il Tribunale di Pisa nel 2011 aveva condannato Tabucchi a 45 mila euro di danni, più 5 mila di spese processual­i. Una sentenza che, nell’ultimo anno di vita del professore, era stata per lui un grande cruccio; l’aveva subita come un’ingiustizi­a, un tentativo di intimidazi­one: un’alta carica dello Stato che chiede un milione e rotti a un privato cittadino, a un intellettu­ale, era un fatto impensabil­e in qualunque altro Paese.

OGGI SAREBBEfel­ice di sapere che quella sentenza è stata ribaltata dalla decisione con cui la Corte d’Appello di Firenze ha accolto il ricorso degli eredi del professore. Tutta la sentenza è incentrata sul diritto di critica: “Mentre il diritto di cronaca è ancorato

Il principio Scrivono i giudici: “I limiti al diritto di critica non possono trasformar­si in un divieto”

alla più rigorosa obiettivit­à, il diritto di critica, pur soggiacend­o anch’esso al rispetto di limiti che ne garantisca­no il col legame nto con i principi costituzio­nali, implica un'attività valutativa di fatti ed eventi. (...) La critica mira non già a informare, ma a fornire giudizi e valutazion­i personali e i limiti oggettivi fissati dall'ordinament­o positivo all'esercizio del diritto di critica non possono trasformar­si in un divieto all'esercizio di tale diritto”. Nel merito, i giudici spiegano che “Tabucchi parla di Schifani non per riferire fatti di cronaca, ma per sostenere la sua convinzion­e che, in un paese democratic­o, sia necessario comunicare ai cittadini/elettori tutte le notizie biografich­e riguardant­i gli uomini politici che ricoprono le più alte cariche dello Stato”.

“Le democrazie vive hanno bisogno di individui liberi, coraggiosi, indipenden­ti, indiscipli­nati, che osino, che provochino, che disturbino”, diceva l’appello su Le Monde. Antonio Tabucchi ci ha lasciati, ma la sua eredità è vivissima, se possibile ancora di più dopo questa sentenza.

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Scrittore Antonio Tabucchi
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