Il Fatto Quotidiano

Messina Denaro l’unico erede E tornerà a riunirsi la Cupola

Solo il superlatit­ante può comandare sui capi mandamento, potrebbe riprendere la sfida armata allo Stato. E il tritolo per Di Matteo è ancora lì

- » GIAMPIERO CALAPÀ

Gli ordini del capo di Cosa Nostra, a meno che non siano revocati dal capo stesso, l’organizzaz­ione li esegue. Se Totò Riina non ha ritirato prima della sua fine la sentenza di morte emessa nei confronti del magistrato Nino Di Matteo è molto probabile che quanto raccontato dal pentito Vito Galatolo nel 2014 (“a Palermo ci sono 200 chili di tritolo per colpire Di Matteo”) possa essere replicato con altri tentativi, anche ora che il pm della Trattativa Stato-mafia è operativo alla Procura nazionale antimafia, la cosiddetta Superprocu­ra, a Roma.

È convinzion­e di molti magistrati delle principali procure siciliane, come nella stessa Superprocu­ra, che in questi ultimi anni in Cosa nostra non abbia davvero prevalso la strategia della “sommersion­e”, più sempliceme­nte che la “piovra” sia ancora in difficoltà dal punto di vista militare dopo la repression­e dello Stato negli anni 90, ma che i capi mandamento siano alla finestra per capire l’evoluzione politica del Paese, da che parte schierarsi cercando sponde o come e quando attaccare: tanto che sarebbero pronti a riunire la Cupola, la super commission­e mai più convocata dall’arresto di Riina il 15 gennaio 1993, come rivelato domenica da Repubblica sull’edizione di Palermo.

Il boss

L’ALTRA convinzion­e di chi indaga sulle mafie è quella del crescente malcontent­o dei boss detenuti al 41 bis, che aspettano di nuovo di poter rialzare la testa se non arriverann­o benefici e un vero allentamen­to del carcere duro. E Cosa Nostra è considerat­a l’unica organizzaz­ione mafiosa davvero capace di portare il livello criminale fino a un nuovo possibile attacco al cuore dello Stato, perché nonostante la potenza economica e militare della ’ndrangheta calabrese, è la mafia siciliana ad avere queste caratteris­tiche nel dna. “Cosa nostra ha un a pp r oc ci o più raffinato nella attitudine a farsi anti-Stato ”, spiega una fonte qualificat­a. L’altra consideraz­ione, punto fermo nelle telefonate intercorse nella giornata di ieri tra gli inquirenti a Roma e i loro colleghi in Sicilia, è che il sipario su Riina apra davvero per la prima volta dal 1982 – anno della vittoria dei Corleonesi nella guerra di mafia – la corsa alla succession­e. E che non ci sarà molta storia a riguardo, perché dovrebbe essere – secondo le risultanze investigat­ive – gioco facile per Matteo Messina Denaro raccoglier­e il testimone di Riina e divenire il nuovo capo dei capi. Un elemento di cui tener conto, rispetto alla vulgata degli ultimi anni, è che Bernardo Provenzano, morto nel luglio 2016 al 41 bis come Riina, non sia mai davvero stato il capo dell’organizzaz­ione, neppure tra il 1993 e il 2006 durante la latitanza mentre Riina era già al carcere duro: i capi mandamento si sarebbero sempre rifiutati in quel periodo di ribaltare ordini e “sentenz e” s ta bi l it i da Riina in p r e c e de n z a : Totò “u curtu” è stato fuorigioco per la gestione ordinaria dell’organizzaz­ione, “ma con un gesto capace di dettare strategie complessiv­e per l’atteggiame­nto di Cosa Nostra fino alla fine, anche dal 41- bis”, spiega un’altra fonte qualificat­a. D’altra parte, proprio dal carcere, il 16 novembre del 2013, giorno del suo compleanno come ieri, tre anni prima di entrare in coma, Riina pronuncia la sua sentenza di morte contro Nino Di Matteo: “Organizzia­mola questa cosa, facciamola grossa e non parliamone più”. Già qualche giorno prima, il 26 ottobre, aveva detto al suo compagno di passeggiat­e nell’ora d’aria, riferito a Di Matteo: “Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono”. Perché “ne dovrebbero nascere mille l’anno come Totò R i in a ” ( 18 agosto 2016), ma così non è, sostiene, ed è per questo motivo che il boss di Corleone non ha mai passato davvero la mano.

L’erede al trono, però, Matteo Messina Denaro, “è l’unico che adesso può reclamare il potere su tutti i capi mandamento”, spiega più di un inquirente al lavoro sulle mafie. Il 4 settembre 2013 Riina in carcere dice: “Una persona responsabi­le ce l’ho e sarebbe Messina Denaro, però che cosa per ora questo, che io non so più niente. L’unico ragazzo che poteva fare qualcosa perché era dritto... Non ha fatto niente... un carabinier­e... io penso che se n’è andato all’estero”. Una sorta di scomunica per l’unico in grado di prendere le redini di Cosa Nostra, che però resta l’unico e adesso ne avrà la vera occasione. Di Cosa Nostra e delle altre mafie, perché proprio Riina negli anni 80 affilia a Cosa Nostra famiglie di Napoli (come prima aveva già fatto Luciano Liggio con i Nuvoletta) e “perché dal punto di vista simbolico era percepito – spiega un’altra fonte – come una sorta di vertice di tutte le organizzaz­ioni mafiose”.

TOTÒ RIINA IN CARCERE SU DI MATTEO E MESSINA D.

Organizzia­mola questa cosa, facciamola grossa / Una persona responsabi­le ce l’ho, l’unico che poteva far qualcosa

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