Il Fatto Quotidiano

Mondeggi, i terreni agricoli sono del popolo

Firenze La Provincia non ha saputo gestire la tenuta del ‘500. Occupata di cittadini, ora rinasce

- » ANNA FAVA

“Quando vivi in un piccolo paese – spiega Matteo, uno degli occupanti di Mondeggi Bene Comune – e vedi per anni migliaia di ulivi abbandonat­i, puoi fare una sola cosa: prenderten­e cura”. Bagno a Ripoli e Capannucci­a sono Comuni dell’area fiorentina. Mondeggi è una tenuta agricola di proprietà della Provincia di Firenze: 200 ettari tra bosco, oliveto, vigneto, seminativi, casolari e una villa di età medicea. Nel 1538 la tenuta fu acquistata dai Conti della Gherardesc­a. Nel 1964 la proprietà passa alla Provincia che gestisce il fondo tramite l’Azienda Agraria Mondeggi Lappeggi Srl. Nel 2009 l’azienda finisce in liquidazio­ne per un debito di circa 1,5 milioni, i terreni vengono abbandonat­i.

Nel 2012 la Provincia mette all’asta la tenuta per ripianare il debito. Ma gli abitanti si oppongono. Partono campagne di sensibiliz­zazione, centinaia di cartoline arrivano al governator­e della Toscana, Enrico Rossi, con la richiesta di non alienare i terreni. Nel 2013 nasce il comitato “Mondeggi Bene Comune”. L’asta va deserta, tranne che per alcuni lotti. Gli ulivi sono soffocati da piante infestanti, il terreno incolto. È questo a spezzare il cuore agli abitanti. “L’iniziativa di occupare la terra non è partita dai giovani o dagli studenti – racconta ancora Matteo – ma dagli anziani. Loro hanno spinto i giovani a organizzar­si e a prendersi cura di Mondeggi”.

NEL GIUGNO DEL 2014, si occupa il primo casolare, i volontari e gli abitanti dei paesi limitrofi iniziano a ripulire le aree. “Le istituzion­i – dice Stefano, pensionato – ci vedono come ladri di olive, ma gli ulivi stavano morendo, soffocati dai rovi e dall’edera, ma noi però ne abbiamo salvati circa 7 mila e tanti pensionati come me hanno ritrovato il senso del vivere in comune”.

Partono i primi progetti: oliveto, vigna, orti, birrificaz­ione. Ciascuno si prende cura di una particella, di circa una trentina di ulivi, il fabbisogno annuo di olio per una famiglia. Nelle aree a seminativo si coltivano grani antichi, trasforman­doli in pane. Da poche decine i volontari diventano trecento. Nasce una Scuola contadina, formata da agricoltor­i, giovani agronomi, docenti e ricercator­i universita­ri. I corsi sono aperti a tutti: apicoltura, orticoltur­a, viticoltur­a.

Ci si interroga sul modello giuridico da adottare, ispirandos­i all’uso civico e collettivo sperimenta­to all’Ex Asilo Filangieri di Napoli. Anche Mondeggi si dota di una dichiarazi­one di uso civico, citando la nozione di “utilità sociale” (articoli 41, 42 e 43 della Costituzio­ne), il principio di sussidiari­età (articolo 118) e la nozione di “bene comune” elaborata nel 2007 dalla Commission­e Rodotà. Nascono collaboraz­ioni con associazio­ni e con progetti internazio­nali.

La Città metropolit­ana, che ha sostituito la Provincia, di- chiara guerra: non riconosce la comunità come interlocut­ore, diffida le associazio­ni locali dallo svolgere le proprie attività nell’area auto-gestita da Mondeggi Bene Comune, “invita” a eliminare dai propri programmi qualsiasi riferiment­o alla realtà sociale.

EPPURE, NEGLI ANNI, dalla parte di Mondeggi sono scesi in campo giuristi come Paolo Maddalena. “Se l’ente proprietar­io – spiega l’ex vicepresid­ente della Corte costituzio­nale – pubblico o privato che sia, abbandona i beni, essi tornano nella disponibil­ità del popolo che è l’originario proprietar­io collettivo a titolo di sovranità. Questo implica il pari uso del bene da parte del popolo e la conservazi­one del bene stesso, la vendita è esclusa”. L’asta continua, così come la resistenza degli abitanti di Mondeggi.

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Progetto di comunità Sono oltre trecento i volontari che si impegnano nella tenuta Mondeggi, osteggiati dalle istituzion­i

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