“Uranio, basta bufale” Denunciato un generale
Dice: “I militari erano protetti”. E la commissione d’inchiesta manda gli atti ai pm
Era comparso l’ 8 novembre, tutto impettito, al Tg2, al termine di un coraggioso servizio su morti e malati da uranio impoverito. Il generale aveva detto che “assolutamente sì”, negli anni 90 i nostri militari nella ex Jugoslavia sapevano dei pericoli legati ai bombardamenti Usa all’uranio impoverito perché “durante la fase di pianificazione vengono presi in considerazione tutti gli aspetti e anche una possibile minaccia di tipo nucleare biologico e chimico”. I soldati, diceva ancora, “hanno ricevuto tutta la protezione che era possibile con le conoscenze del periodo”. Peraltro a suo dire i morti e malati di tumore (342 e circa 7.000 secondo le associazioni che se ne occupano) non sono neanche tanti “se confrontati con una popola- zione non militare”.
Ieri però il generale Carmelo Covato, responsabile della sicurezza e della prevenzione del personale militare dell’Esercito, davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, era un po’meno impettito e molto meno sicuro. Interrogato dal presidente Pd Gian Paolo Scanu, che gli ricordava le audizioni dei suoi colleghi secondo i quali negli anni 90 non si sapeva nulla, ha detto di essersi “documentato” sui verbali delle audizioni dei vertici militari di quasi vent’anni fa. Non sapeva però dei warnin g ( avve rtimen ti) Usa che pure giunsero fin dal 1992 sui pericoli chimici e radioattivi delle polveri prodotte dall’esplosione di quei colpi, all’origine della famigerata “sindrome del Golfo” per cui furono risarciti migliaia di soldati americani.
TUTTI RICORDANOle immagini dei militari italiani anni dopo in Kosovo, in zone colpite da quei proiettili, in pantaloncini e maglietta mentre gli americani avevano maschere e tute bianche. “Non ho competenza sulle missioni all’estero”, ha detto Covato ai parlamentari, esterrefatti perché in tv aveva parlato della ex Jugoslavia. Quanto a tumori e mortalità, il generale ha citato l’Osservatorio epidemiologico militare, ma per Scanu è “una bufala, una provocazione”. Dagli atti raccolti dalla commissione risulta che quei dati tengono conto solo di chi si ammala in servizio mentre queste patologie, come è or- mai noto, insorgono anche dopo decenni. Il generale, incalzato dall’ex governatore sardo Mauro Pili, ha spiegato di essere stato incaricato dell’intervista dal capo di Stato maggiore dell’Esercito. “Mandato allo sbaraglio”, ha commentato Paolo Cova del Pd. “Muro di gomma”, dicono Giulia Grillo e Gianluca Rizzo del M5S.
L’ufficio di presidenza della commissione ha deciso di trasmettere gli atti alla Procura di Roma perché valuti la posizione del generale, tenuto per legge a dire la verità come testimone. Non è la prima volta che si rivolgono ai pm. L’ex procuratore Raffaele Guariniello, consulente della commissione, l’altroieri ha chiesto e ottenuto di trasmettere alla Procura di Lanusei, che conduce il processo contro ex comandanti del poligono interforze del Salto di Quirra in Sardegna, atti che dimostrerebbero il brillamento di munizioni pericolose nel 2008: il disastro colposo, se provato, non sarebbe prescritto. Ma al di là dei reati, la sconcertante audizione di ieri dà l’idea dello scontro tra la commissione guidata da Scanu e l’apparato della Difesa. “Il punto è se c’è una volontà di collaborare o no. C’è una totale subalternità della politica nei confronti della Difesa”, ha sottolineato il presidente.
La commissione ha avanzato due proposte di legge per evitare, in futuro, che la Difesa mantenga i poteri in materia di malattie professionali dei militari. Succede oggi che il ministero neghi pensioni e risarcimenti che vengono concessi dai giudici dopo anni: ci sono già 80 pronunce di cui 43 definitive (e tre per l’amministrazione). Le proposte di legge, pur firmate da parlamentari di tutti gli schieramenti, sono su un binario morto. Le hanno ripresentate, dopo aver cercato un accordo col governo, come emendamenti al decreto fiscale: uno per istituire un registro di tutte le attività dei poligoni di tiro; l’altro per affidare la vigilanza sanitaria nei luoghi di lavoro della Difesa a “nuclei misti” di civili e militari ma “con criteri tali da assicurare la maggioranza al personale dell’Ispettorato del lavoro”.“Ce li hanno bloccati”, allarga le braccia Scanu. Alle 4 di notte il senatore Silvio Lai, relatore Pd, ha fatto sapere sconsolato che il parere favorevole del governo non c’era.
Le audizioni proseguiranno, potrebbe toccare anche al generale Rolando Mosca Moschini, capo di Stato maggiore della Difesa tra il 2001 e il 2004 e poi consigliere militare al Quirinale con Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella.
Il nodo dei controlli Bloccate dal governo le norme per istituire una vigilanza civile nelle caserme e nei poligoni C’è una totale subalternità della politica nei confronti della Difesa GIAN PAOLO SCANU (PD)