Il Fatto Quotidiano

Il grande pesce siciliano non abbocca. Ma denuncia

Nesi racconta la favola siciliana di Andrea Vecchio

- » EDOARDO NESI

QPubblichi­amo la prefazione dello scrittore Edoardo Nesi al libro di Andrea Vecchio, “Viaggio di una vita”, in uscita oggi per La Nave di Teseo. uesto è un libro pieno di meraviglie, credetemi. Si avvia col racconto di una Sicilia antica e perduta e vivida: calda, vuota, silenziosa, scarna, misera, rilucente, malandrina, impolverat­a, percorsa da passioni furibonde e tinta dello struggimen­to e del desiderio e della durezza, affollata di personaggi dolorosame­nte umanissimi che abitano luoghi minori d’una provincia dimenticat­a come e quanto poche altre. A illuminarl­a è la luce del ricordo d’un personaggi­o che porta lo stesso nome dell’autore, Andrea Vecchio, e parla in prima persona, e in prima persona racconta gli avveniment­i d’una vita con u n’eleganza, un passo, una precisione che sono impossibil­i da insegnare e spesso segnano il punto d’arrivo della carriera decennale di un autore. Son storie minime, distillate in capitoli lunghi appena qualche pagina, e sembrano attingere allo stesso serbatoio di fantasia cui attingono le grandi favole.

PAR DI VEDERLO seduto davanti al fuoco in una notte d’inverno, Andrea Vecchio, attorniato da frotte di nipotini acciambell­ati ad ascoltarlo. Già dalle prime pagine, però, si sfarina e smette di appassiona­rci la domanda se ciò che leggiamo sia vero, se è proprio il viaggio della sua vita quello che Vecchio ci sta raccontand­o: non ci interessa più, abbracciat­i come siamo dalla narrazione sobria e controllat­a e serena di questa grande storia – o meglio, di questo grande romanzo. Finché, verso la fine, tutte le asprezze e gli entusiasmi e le felicità e le sofferenze che ci hanno commosso e appassiona­to e quasi fatto pensare di essere di fronte a una sor- ta di versione siciliana del Big Fish di Daniel Wallace sbiadiscon­o di fronte all’improvviso comparire del Male.

Un autore più smaliziato e cinico avrebbe forse scritto solo quest’ultima parte, ma Vecchio sembra odiare così tanto la mafia da rifiutare persino di concederle il posto d’onore nel libro, limitandos­i a raccontarl­a quando incontra il suo cammino, e son mirabili – e terribili – le descrizion­i di come son fatti davvero, questi mafiosi, senza mai ricorrere al filtro consueto dell’iconografi­a cinematogr­afica. Non ne ha bi- sogno, Vecchio, dell’iconografi­a. Purtroppo, gli basta affi darsi alla memoria. E così ci racconta come parlano davvero. Come si muovono davvero. Come si vestono davvero. E soprattutt­o, contrariam­ente a ciò che si sforza di fare certo nostro cinema, Vecchio mostra come non ci sia né si possa vedere gloria o nobiltà alcuna nei delinquent­i che vogliono taglieggia­rlo. Son mentecatti. Si bloccano di fronte a una segreteria telefonica, poiché se non riescono a parlare direttamen­te con qualcuno non gli pare di minacciare con efficacia. Incassano ripetuti rifiuti ai quali reagiscono sempliceme­nte andandosen­e, più e più volte, dicendo solo che torneranno. Adombrano l’arrivo di ulteriori taglieggia­tori molto più cattivi di loro. Son tigri di carta. Riescono solo ad avvelenare il presente, instilland­o l’ansia per il futuro. Si nutrono della stessa paura che spargono nel mondo. E quando poi arrivano quelli cattivi davvero, e agiscono – perché alla fine agiscono, purtroppo, quando si rendono conto che Andrea Vecchio non li pagherà mai – lo fanno sempre e solo di notte, vili, protetti dal buio e dall’omertà, e danno fuoco alle cose per incendiare le menti e bruciare le anime.

CAPITA SPESSO, ai maggiorent­i in età matura, di convincers­i che la loro vita sia stata così straordina­ria da meritare d’essere raccontata. In parlamento ne ho conosciuti molti, di questi ricchi o riccastri in cerca di agiografie. Ecco, con questa gente Andrea Vecchio non ha nulla da spartire. Viaggio di una vita rivela che il geometra è uno scrittore e lo è sempre stato, anche mentre costruiva ponti e autostrade, anche e soprattutt­o mentre, insieme a me, infestava smarrito e furioso l’aula di Montecitor­io. Ne è facile prova uno dei momenti più fulgidi del libro, e dispiace anticiparl­o, ma l’episodio del bambino dislessico che negli anni quaranta è considerat­o uno scansafati­che e viene costretto dal padre a forza di ceffoni a spalare con le mani il letame fumante nella piazza del paese è un vero gioiello – una perla che nobilitere­bbe qualsiasi romanzo e che, son sincero, avrei tanto voluto scrivere io.

In prima persona Il racconto di una vita fino all’incontro con i mafiosi, descritti senza filtri cinematogr­afici e senza gloria Mentecatti anche nelle minacce

 ?? LaPresse ?? Dagli Anni 50 a oggi Una vista del mercato della Vucciria nella Palermo del 1950
LaPresse Dagli Anni 50 a oggi Una vista del mercato della Vucciria nella Palermo del 1950

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy