Nuovi collegi, più seggi a destra E il Giglio renziano occupa i suoi
Lombardia e Veneto eleggono 5 parlamentari extra, esultano Lega e Fi
■ Maria Elena Boschi tentata dal presentarsi al Sud, lontano dalla sua Arezzo. I renziani prenotano le posizioni nei listini bloccati. Molti correranno in Toscana, Bonifazi al Nord
Il governo ha pubblicato la bozza di decreto legislativo con l’elenco dei collegi ( uninominali e plurinominali) ritagliati dalla commissione tecnica istituita ad hoc, come previsto dalla nuova legge elettorale approvata qualche settimana fa.
Non si tratta di un elenco definitivo: le commissioni Affari costituzionali sia della Camera che del Senato dovranno esprimere un parere, non vincolante, a seguito del quale il governo potrà fare delle modifiche emanando la versione definitiva.
LA PRIMA considerazione riguarda il numero e le dimensioni dei collegi. La legge prevede 232 collegi uninominali per la Camera, lo stesso numero previsto per il Senato dalla legge Mattarella (con cui si votò nel 1994, 1996 e 2001). Per questo motivo è stato necessario partire dal disegno dei vecchi collegi del 1993 per determinare i nuovi.
Le differenze: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna guadagnano due collegi ciascuna, mentre Basilicata, Umbria e Sicilia ne perdono 3, 2 e 1 rispettivamente.
Il criterio di questi cambiamenti sono le variazioni demografiche delle regioni tra il 1991 (anno in cui fu effettuato il censimento Istat sul quale era basato il Mattarellum) al 2011( anno dell’ultimo censimento ):“pesano” maggiormente le regioni che hanno conosciuto un aumento della popolazione in questo lasso di tempo.
La prima osservazione politica: questa variazione fa registrare un saldo positivo di 3 seggi nelle regioni storicamente più favorevoli al centrodestra (Lombardia, Veneto e Sicilia), mentre il saldo è di uguale entità, ma negativo, in quelle storicamente più favorevoli al centrosinistra (Emilia-Romagna, Umbria, Basilicata).
Una seconda osservazione riguarda la popolosità dei singoli collegi: all’interno di ciascuna circoscrizione (per la Camera) o regione (per il Senato) nessun collegio, per legge, può avere un numero di abitanti che si discosti di più del 20% dalla media degli abitanti dei collegi di quella circoscrizione/regione. Abbiamo verificato questo dato: con l’eccezione dei collegi del Trentino-Alto Adige (che però sono fissati a parte nella legge e non determinati secondo un criterio strettamente demografico), tutti i collegi rientrano regolarmente in questi limiti. Eppure, poiché le soglie sono calcolate secondo un criterio variabile a seconda della circoscrizione/regione, vi sono forti differenze sul piano nazionale: ad esempio, se alla Camera la dimensione media dei collegi (escluso il Trentino) è di circa 250mila abitanti, vi sono alcuni collegi con meno di 200mila abitanti ( i due del Molise, ma anche uno in Veneto) e molti altri con ben più di 300mila; mentre al Senato (dove la media nazionale è di poco più di mezzo milione di abitanti per collegio) gli estremi sono rappresentati, da un lato, dal collegio unico del Molise (con poco più di 300mila abitanti) e da alcuni collegi con poco più di 400mila abitanti (in Puglia e Umbria ad esempio), e dall’altro da collegi “monstre” con più di 600mila, e in alcuni casi anche oltre 700mila abitanti (come il collegio di Udine e quello di Pescara).
È ANCORA DIFFICILE rispondere alla principale preoccupazione sollevata dai partiti: sono state fatte operazioni di “gerrymandering”, ossia di ritaglio “scorretto” dei collegi sulla base di considerazioni politiche e non tecniche? Nella relazione con cui il governo ha accompagnato la bozza di decreto si sottolineano “critic it à ” nelle scelte effettuate dalla commissione tecnica (un organo di natura non politica e presieduto dal presidente dell’Istat).
La commissione è partita dai collegi del Mattarellum, e garantisce che le inevitabili variazioni rispetto a quella base hanno seguito un criterio oggettivo. Eppure nelle ore successive alla pubblicazione in molti hanno denunciato “forza ture ”: esponenti dell’opposizione e della stessa maggioranza, il segretario del Pd Renzi. Le tensioni hanno coinvolto anche il governo, i ministri Minniti e Boschi.
Il punto, però, è che si tratta di un campo per sua natura strettamente “tecnico”: qualunque proposta alternativa di ridisegno dei collegi (si tratti di uno solo o di buona parte di essi) dovrà essere giustificata da un criterio oggettivo. Non basterà denunciare presunti danneggiamenti, bisognerà proporre soluzioni migliori.
*YouTrend
Chi guadagna Lombardia e Veneto hanno 5 seggi in più: sono regioni in cui dominano Salvini e B.