Il Fatto Quotidiano

Il massacro degli “apostati” fra le bandiere nere dell’Isis

Egitto, i testimoni raccontano la strage dei sufi: “I miliziani gridavano Allah Akbar”

- » VALERIO CATTANO

Da

un lato l'ultimatum ai sufi: basta con i vostri riti. Dall'altra la sfida al governo di al Sisi che ha promesso di eliminare il terrorismo islamico. In mezzo ci sono 305 morti, tra cui 27 bambini, e 128 feriti: sono questi i “numeri” della strage avvenuta venerdì a Rawda, nella zona nord del Sinai. Un massacro annunciato. Il sito egiziano Mada Masr ha raccolto alcune testimonia­nze che confermano come gli estremisti sunniti la settimana scorsa avevano dato istruzioni agli abitanti di smettere di compiere riti sufi. Per i jihadisti si tratta di una forma mistica dell’Islam che offende i veri precetti di Maometto. I sufi, per l'Isis, sono apostati. La minaccia aveva sortito un primo effetto: lo sheikh che conduceva i riti in un edificio di fronte alla moschea colpita aveva deciso di piegarsi all'inti- midazione: non così avevano fatto nella struttura vicina. A Rawda - sede dell’ordine sufi Gaririya, uno dei maggiori nel nord del Sinai con la moschea attaccata fra le più attive - si aspettavan­o un attacco e avevano chiuso la strada adiacente all’edificio come misura di precauzion­e. I sopravviss­uti parlano di 25-30 miliziani con uniformi militari e volti coperti, bandiere dell’Isis, armati con armi leggere e pesanti. I jihadisti hanno circondato l'edificio aprendo il fuoco sulle 12 finestre per colpire i fedeli. “Tutti erano a terra e tenevano la testa bassa. Se la alzavi, ti sparavano” ha raccontato Mansour, operaio di 38 anni. “All’inizio la sparatoria era sul mucchio, poi è diventata più mirata, chiun- que non erano sicuri fosse morto, o ancora respirava, lo uccidevano”. Durante la strage, afferma l'operaio, i membri del commando gridavano Allahu Akbar, Dio è grande. “È il nostro ‘11 Settembre’ – ha detto all’emittente al Arabiya Said Sadek, professore di sociologia politica all’Università del Cairo - la Penisola del Sinai ha visto diversi attacchi mortali negli anni precedenti, compresi gli assalti alle forze di sicurezza e l’abbattimen­to di un aereo russo nel 2015, ma questa azione è unica” perché sono stati colpiti civili in preghiera. Il raid, a parere di Sadek è un “disastro politico” per il governo di al Sisi.

Come l’11 Settembre 305 morti e 128 feriti L’esperto a al Arabiya: “Per al Sisi questo raid è un disastro politico”

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Ansa Preghiere e pallottole Il teatro dell’attacco

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