Il triangolo insospettabile Iran e Hamas tifano jihad
Strategie Gli analisti israeliani: Teheran ha combattuto i terroristi sunniti ma nel Sinai gli tornano utili per fiaccare il Cairo alleato degli Usa
C’è l’Iran dietro la strage nella moschea sufi di Al Rawda, villaggio sulla strada che dal capoluogo del Sinai settentrionale Al Arish porta a Bir Al- Abd: l’attentato di venerdì ha ucciso un quarto della popolazione maschile. La fonte dell’a f fe rmazione è sospetta, o almeno di parte: Arik Agassi, capo delle relazioni esterne di The Israel Project, sostiene sul magazine The Tower che il sedicente Stato islamico, l‘ Isis o quel che ne resta, va crescendo nel Sinai con l’aiuto dell’Iran tramite Hamas. Il triangolo Ir an- H ama s- Is is sta innescando “violenza e instabilità in Egitto, a Gaza e, presto, forse in Israele”; che, se poi aggiungiamo al triangolo Hezbollah e ne facciamo un quadrilatero, sarebbe attaccato a nord e a sud.
LA TESI può essere inquinata da pregi udi zi: The Israel Project è un’organizzazione non governativa che opera da decenni negli Usa e in Israele e che offre punti di vista israeliani conservatori a politici e giornalisti, militari ed analisti, uomini d’affari e di studi. Ma ha pure un suo fondamento oggettivo nell’antico adagio “i nemici del mio nemico sono miei amici”: il che renderebbe gli iraniani, sciiti, pronti a foraggiare un movimento oltranzista sunnita contro l’autoritario generale presidente al Sisi, che manda i suoi a combattere i loro nello Yemen, insieme ai nemici sauditi ed emiratini proprio contro quelle milizie Houti che Teheran sostiene.
D’altro canto, ci voleva poco ad immaginare che proprio il Sinai fosse uno dei potenziali santuari dove miliziani dell’Isis in rotta da Iraq e Siria - quelli che non possono ‘mimetizzarsi’ tra la gente dei loro paesi – cercassero un rifugio, per continuare a colpire nell’attesa di provare a riorganizzarsi.
IL SINAI è un territorio non controllato a pieno dal regime di al Sisi, nato dal colpo di stato del 2013: il presidente Morsi, eletto l’anno prima, leader della Fratellanza musulmana, venne rovesciato, nell’indifferenza dell’Occidente.
La Fratellanza, tenuta sotto controllo ai tempi di Mubarak, è ora brutalmente repressa da al Sisi che l’ha messa fuorilegge: la tesi è che la Fratellanza apra corridoi al fondamentalismo islamico e al Sisi questo non vuole permetterlo.
Anche Agassi si rende conto, ovviamente, dell’apparente paradosso dell’Iran sciita che foraggi terroristi sunniti, per di più dopo averli combattuti in Iraq e Siria e cacciati dalle loro capitali, Mosul e Raqqa, e dai territori controllati. E scrive: “Molti danno per acquisito che Isis e Iran siano nemici mortali, ma non è sempre così. Almeno in un’area del Medio Oriente, l’Iran è divenuto un cruciale, per quanto indiretto, sponsor del suo presunto nemico”.
Mentre i nostri occhi so- no puntati sul terrorismo dell’Isis in Europa, che potrebbe essere rinfocolato dal ‘ritorno a casa’ dei foreign fighters, o in America, dove non ha finora colpito in modo strutturato – si sono solo manifestati ‘lupi solitari’-, “la filiale del gruppo che opera in Sinai è diventata una delle più potenti, pericolose ed efficienti nella Regio ne”; e il principale responsabile di tutto ciò, secondo Agassi, “è l’Iran, tramite il gruppo terrorista palestinese Hamas”. L’asse Iran- Hamas- Isis sarebbe, dunque, un elemento “della strategia di Teheran di utilizzare ‘forze di prossimità’, presenti sul territorio, contro alleati degli Usa come l’Egitto e Israele, nel quadro d’una più ampia strategia per conquistare l’egemonia nel Medio Oriente”. Il che condurrebbe a uno “dei meglio custoditi segreti della Regione: un meccanismo di intensa cooperazione fra Iran, Hamas e Isis, basato su denaro, armi, addestramento ed equipaggiamento militari”.
Tutto, o quasi, passa dalla porosa, ma stretta e relativamente facile da controllare, frontiera tra Gaza e l’Egitto dove ci sono gli stessi tunnel che Hamas utilizza per far passare merci di ogni tipo adatte alla sua sopravvivenza nella Striscia di Gaza.
IL TUTTO MUOVEda una tesi di fondo – le mire di egemonia dell’Iran nella regione – e si basa su casi, dettagliati, ma anche datati, di intercettazioni di traffici tra Hamas e i clandestini del Sinai. È pure vero che armi ed esplosivi, agli integralisti che fanno cadere aerei in volo, attaccano moschee e tengono regolarmente sotto scacco le forze regolari egiziane, da qualche parte devono pure arrivare.
Le idee di Agassi hanno un’eco importante alla Casa Bianca, dove Jared Kushner, uomo d’affari ebreo, genero di Trump e consigliere per il Medio Oriente, è l’artefice della strategia d’isolamento dell’Iran, appoggiando politicamente e foraggiando militarmente – come se ve ne fosse bisogno – Arabia Saudita e Israele. Una scelta rischiosa, che rischia di far esplodere nella Regione un conflitto senza precedenti tra Teheran e Riad.
Molti danno per scontato che Isis e Iran siano nemici mortali, ma non è sempre così Almeno in un’area del Medio Oriente, Teheran è sponsor del suo presunto avversario
ARIK AGASSI