Il Fatto Quotidiano

Il triangolo insospetta­bile Iran e Hamas tifano jihad

Strategie Gli analisti israeliani: Teheran ha combattuto i terroristi sunniti ma nel Sinai gli tornano utili per fiaccare il Cairo alleato degli Usa

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

C’è l’Iran dietro la strage nella moschea sufi di Al Rawda, villaggio sulla strada che dal capoluogo del Sinai settentrio­nale Al Arish porta a Bir Al- Abd: l’attentato di venerdì ha ucciso un quarto della popolazion­e maschile. La fonte dell’a f fe rmazione è sospetta, o almeno di parte: Arik Agassi, capo delle relazioni esterne di The Israel Project, sostiene sul magazine The Tower che il sedicente Stato islamico, l‘ Isis o quel che ne resta, va crescendo nel Sinai con l’aiuto dell’Iran tramite Hamas. Il triangolo Ir an- H ama s- Is is sta innescando “violenza e instabilit­à in Egitto, a Gaza e, presto, forse in Israele”; che, se poi aggiungiam­o al triangolo Hezbollah e ne facciamo un quadrilate­ro, sarebbe attaccato a nord e a sud.

LA TESI può essere inquinata da pregi udi zi: The Israel Project è un’organizzaz­ione non governativ­a che opera da decenni negli Usa e in Israele e che offre punti di vista israeliani conservato­ri a politici e giornalist­i, militari ed analisti, uomini d’affari e di studi. Ma ha pure un suo fondamento oggettivo nell’antico adagio “i nemici del mio nemico sono miei amici”: il che renderebbe gli iraniani, sciiti, pronti a foraggiare un movimento oltranzist­a sunnita contro l’autoritari­o generale presidente al Sisi, che manda i suoi a combattere i loro nello Yemen, insieme ai nemici sauditi ed emiratini proprio contro quelle milizie Houti che Teheran sostiene.

D’altro canto, ci voleva poco ad immaginare che proprio il Sinai fosse uno dei potenziali santuari dove miliziani dell’Isis in rotta da Iraq e Siria - quelli che non possono ‘mimetizzar­si’ tra la gente dei loro paesi – cercassero un rifugio, per continuare a colpire nell’attesa di provare a riorganizz­arsi.

IL SINAI è un territorio non controllat­o a pieno dal regime di al Sisi, nato dal colpo di stato del 2013: il presidente Morsi, eletto l’anno prima, leader della Fratellanz­a musulmana, venne rovesciato, nell’indifferen­za dell’Occidente.

La Fratellanz­a, tenuta sotto controllo ai tempi di Mubarak, è ora brutalment­e repressa da al Sisi che l’ha messa fuorilegge: la tesi è che la Fratellanz­a apra corridoi al fondamenta­lismo islamico e al Sisi questo non vuole permetterl­o.

Anche Agassi si rende conto, ovviamente, dell’apparente paradosso dell’Iran sciita che foraggi terroristi sunniti, per di più dopo averli combattuti in Iraq e Siria e cacciati dalle loro capitali, Mosul e Raqqa, e dai territori controllat­i. E scrive: “Molti danno per acquisito che Isis e Iran siano nemici mortali, ma non è sempre così. Almeno in un’area del Medio Oriente, l’Iran è divenuto un cruciale, per quanto indiretto, sponsor del suo presunto nemico”.

Mentre i nostri occhi so- no puntati sul terrorismo dell’Isis in Europa, che potrebbe essere rinfocolat­o dal ‘ritorno a casa’ dei foreign fighters, o in America, dove non ha finora colpito in modo strutturat­o – si sono solo manifestat­i ‘lupi solitari’-, “la filiale del gruppo che opera in Sinai è diventata una delle più potenti, pericolose ed efficienti nella Regio ne”; e il principale responsabi­le di tutto ciò, secondo Agassi, “è l’Iran, tramite il gruppo terrorista palestines­e Hamas”. L’asse Iran- Hamas- Isis sarebbe, dunque, un elemento “della strategia di Teheran di utilizzare ‘forze di prossimità’, presenti sul territorio, contro alleati degli Usa come l’Egitto e Israele, nel quadro d’una più ampia strategia per conquistar­e l’egemonia nel Medio Oriente”. Il che condurrebb­e a uno “dei meglio custoditi segreti della Regione: un meccanismo di intensa cooperazio­ne fra Iran, Hamas e Isis, basato su denaro, armi, addestrame­nto ed equipaggia­mento militari”.

Tutto, o quasi, passa dalla porosa, ma stretta e relativame­nte facile da controllar­e, frontiera tra Gaza e l’Egitto dove ci sono gli stessi tunnel che Hamas utilizza per far passare merci di ogni tipo adatte alla sua sopravvive­nza nella Striscia di Gaza.

IL TUTTO MUOVEda una tesi di fondo – le mire di egemonia dell’Iran nella regione – e si basa su casi, dettagliat­i, ma anche datati, di intercetta­zioni di traffici tra Hamas e i clandestin­i del Sinai. È pure vero che armi ed esplosivi, agli integralis­ti che fanno cadere aerei in volo, attaccano moschee e tengono regolarmen­te sotto scacco le forze regolari egiziane, da qualche parte devono pure arrivare.

Le idee di Agassi hanno un’eco importante alla Casa Bianca, dove Jared Kushner, uomo d’affari ebreo, genero di Trump e consiglier­e per il Medio Oriente, è l’artefice della strategia d’isolamento dell’Iran, appoggiand­o politicame­nte e foraggiand­o militarmen­te – come se ve ne fosse bisogno – Arabia Saudita e Israele. Una scelta rischiosa, che rischia di far esplodere nella Regione un conflitto senza precedenti tra Teheran e Riad.

Molti danno per scontato che Isis e Iran siano nemici mortali, ma non è sempre così Almeno in un’area del Medio Oriente, Teheran è sponsor del suo presunto avversario

ARIK AGASSI

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LaPresse In difficoltà Il presidente egiziano al Sisi, a destra miliziani di Hamas a Gaza
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