Il Fatto Quotidiano

Il senso dell’Eternità è santificar­e quello che abbiamo qui e adesso

- » EUGENIO BERNARDINI* *Portavoce della Tavola Valdese

Secondo la tradizione cristiana occidental­e, oggi è l’ultima domenica dell’anno liturgico. Domenica prossima, infatti, è la prima delle quattro domeniche di Avvento che precedono il Natale e con le quali si torna a percorrere la vicenda di Gesù, il suo insegnamen­to e la nascita della sua comunità di fedeli. Questa ultima domenica dell’an no , nella tradizione protestant­e, ha un nome un po’ particolar­e: è la Domenica dell’E terni tà: che cosa significa?

DA UN LATO vuole indicare la necessità di levare lo sguardo in alto, a uscire dal tran tran della nostra quotidiani­tà – sp es so troppo uguale a se stessa, apparentem­ente senza sbocchi e a volte senza senso – per riscoprire il valore vero della vita nel fluire di un tempo che ha o dovrebbe avere una direzione e uno scopo. Senza uno sguardo che vada oltre, il nostro vivere di ogni giorno è un procedere senza bussola.

Ma l’eternità, l’eternità in senso biblico, è anche il richiamo molto concreto a vivere ogni giorno in una prospettiv­a più ampia. Potremmo dire che un’eternità che non si sostanzia in una quotidiani­tà piena di valore – e dunque non fine a se stessa – diventa una falsa eternità, un’eternità illusoria, rassegnata, di vuota attesa, e che può generare amarezza e rabbia. La storia, ma anche l’attualità, ci consegna le varie declinazio­ni religiose e politiche di tutte queste false eternità, portatrici di guai peg- giori di quelli che vorrebbero combattere.

Una dei testi che il lezionario

Un giorno una Parola (Claudiana 2017) offre alla nostra riflession­e di questa domenica è un appello di Gesù: “I vostri fianchi siano cinti, e le vostre lampade accese” (Luca 12,35). Cioè, siate vigili e pronti “perché nell’ora che non pensate, il Figliuol dell’uomo verrà” (v. 40). Segni della fine, dice Gesù, non ce ne sono. Se guardi lo stato del mondo o se guardi le calamità naturali puoi avere delle impression­i sbagliate: va peggio di ieri? va meglio? va sempre nello stesso modo? Difficilme­nte il nostro giudizio è oggettivo, “s c ie nt if ico”. Generazion­i di visionari apocalitti­ci – prima e dopo Gesù – non hanno fatto che scrutare i cieli per scorgere “segni dei tempi” e per definire una sorta di geografia delle manifestaz­ioni ultime. Ma non è possibile stabilire i dettagli di questa fine e calcolarne il tempo di inizio “perché nell’ora che non pensate, il Figliuol dell’uomo verrà”.

E allora? Allora non ci resta che vivere l’eternità dell’attesa “santifican­do”– cioè dedicando a valori alti – la quotidiani­tà, con spirito costruttiv­o, responsabi- le, solidale. Con i fianchi cinti e le lampade accese, per utilizzare il linguaggio biblico. Oppure seguendo il suggerimen­to di un rabbi, un maestro di Israele, che una volta disse: “basta che ti converti il giorno prima della tua morte” Già, ma quando è il “giorno prima”? Può essere ogni giorno, lo sappiamo, anche se lo dimentichi­amo. Quindi, il tempo giusto per convertirs­i è “oggi”. L’oggi è il tempo da santificar­e con quel senso dell’urgenza e con quella tenacia che sono stati così tipici di tutti i riformator­i e di tutti i resistenti ma anche di tutti i testimoni impegnati per il cambiament­o dello stato delle cose.

MOLTO EFFICACEME­NTE ce lo ricorda anche il nostro lezionario che, a seguito dei passi biblici, propone sempre un breve pensiero che suggerisce alcuni collegamen­ti ai testi. Il brano associato oggi è di Dietrich Bonhoeffer, teologo protestant­e tedesco che militò nelle file antinazist­e e fu trucidato nei campi di concentram­ento: “Da Dio riceviamo sempre soltanto la fede di cui abbiamo bisogno per il giorno presente. La fede è il pane quotidiano che Dio ci dà. Con Dio non si segna il passo, ma si percorre un cammino”.

PAROLA DI TEOLOGO “Da Dio riceviamo soltanto la fede di cui abbiamo bisogno per il giorno presente. La fede è il pane quotidiano che Dio ci dà”

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