I conti correnti sono più cari, ma di nascosto
Nel rapporto annuale non sono conteggiati balzelli e una tantum per i salvataggi bancari
Cresce leggermente la spesa di gestione di un conto corrente bancario: circa 1,1 euro in più nel 2016 rispetto all’anno precedente, attestandosi a 77,6 euro. E, come ovvio che sia, i conti online costano di meno: appena 14,7 euro. Ad allietare i 30 milioni di clienti italiani (questo il numero dei correntisti secondo i dati dell’Associazione bancaria italiana) è la Banca d’I tal ia nella sua indagine annuale sui costi dei conti correnti delle famiglie. “La crescita delle spese – spiega Bankitalia – deriva dai maggiori canoni per le carte di credito e di debito e dalle maggiori commissioni pagate per le operazioni effettuate”.
INSOMMA, un’inezia. Tanto che “le commissioni di istruttoria veloce, applicate sugli scoperti di conto, sono diminuite sia per i conti affidati (da 29,7 euro a 25,5 euro) sia per quelli non affidati (da 26,9 a 19,3 euro)”. Bene, benissimo. Mica tanto, dal momento che la media dei polli di Trilussa non vale molto quando si ha a che fare con le banche. E per capirlo basta leggere l’estratto conto trimestrale e di fine anno (vengono spediti a casa o si possono visionare tramite l’home banking o l’app). Lì si scoprirà che quei 77 euro e rotti sono una chimera e che si è ben lontani dalla somma che in realtà si sborsa. A fare la differenza non è, infatti, tanto l’Isc – l’indicatore sintetico di costo, voluto da Bankitalia nel nome della trasparenza – il cui valore è indicativo ed è ottenuto sommando i costi annuali, fissi e variabili modellati su sei profili tipo di utilizzo (giovani, famiglie con bassa, media ed elevata operatività, pensionati con bassa e media operatività); quanto piuttosto il foglio informativo e il ruolo del salvataggio delle banche che, nel 2016, hanno spinto gli istituti a introdurre nuovi balzelli, magari una tantum, e contribuzioni straordinarie che non rientrano in quelle voci standard normalmente rilevate.
Proviamo a spiegare e a fare qualche calcolo. Per la scelta del proprio conto non bisogna basarsi solo sul canone mensile o sul tasso d’interesse, ma occorre valutare il costo totale annuo. Una spesa data dalla differenza tra gli interessi attivi sulle giacenze, se previsti, e i costi legati alle operazioni fatte dal correntista nel corso dell’anno. Per avere contezza dei costi variabili occorre consultare l’Isc e sommare tutti i costi connessi. Si tratta, ad esempio, delle spese per la registrazione sul conto di ogni operazione, le commissioni per l’esecuzione dei singoli servizi, i canoni delle carte di credito e del bancomat. Inoltre ci sono dei costi fissi, come l’imposta minima di bollo di 34,20 euro pagata allo Stato (introdotta dal 2011 con il decreto Monti sui conti correnti che hanno una giacenza media superiore a 5.000 euro e che vie- ne conteggiata su base trimestrale), che – nel caso in cui sia previsto anche un deposito titoli – aumenta in base all’importo del deposito stesso.
VA DETTO CHE tutti questi calcoli dovrebbero essere facilmente comparabili e reperibili sul sito dell’Abi Comparaconti.it (l’ex Pattichiari). Peccato che dallo scorso maggio, il motore di ricerca sia sospeso, perché manca l’adeguamento alla nuova direttiva europea sui pagamenti ( Payment Accounts Directive) e per riattivarlo si attende il decreto del ministero del Tesoro che dovrà definire le nuove regole, sentito il ministero dello Sviluppo economico e la Banca d’Italia, in base anche alla legge sulla Concorrenza. Bisognerà aspettare almeno fino al febbraio 2018. Nel frattempo, si possono consultare i siti online privati, benché in genere meno completi. L’alternativa è cercarsi da soli i fogli informativi, sui siti delle banche (bisogna cliccare sulla voce Trasparenza, di solito è scritta in piccolo a fondo pagina), oppure chiederli nelle filiali (sono obbligati a fornirli). E lì scoprire – se con do quanto ha conteggiato il
Corriere della
Sera – che tra gennaio 2016 e lo scorso 15 novembre l’Isc per una famiglia con media operatività bancaria (228 operazioni l’anno, bonifici esclusi), è aumentato del 20% per i conti allo sportello, saliti in media da 117 a 140 euro. E del +17% per i depositi online nelle banche tradizionali, passati da 92 a 108 euro.
La galoppata dei conti corrente ha, quindi, una causa certa: quasi tutti gli istituti bancari (e comunque quelli più grandi) negli scorsi mesi hanno aumentato i costi giustificandoli con motivazioni generiche come l’ad e gu amento alle norme europee in tema di Fondi di garanzia e i contributi versati al Fondo di risoluzione per la normativa bail- in con i salvataggi che sono stati scaricati sui correntisti.
Se, quindi, ci si accorge che l’a ttuale conto costa troppa e non risponde più alle nostre esigenze personali e finanziarie, basta cambiarlo. Dal 2015, anche se non è stato mai troppo pubblicizzato, è possibile trasferire il conto corrente senza più intoppi o attese con una prassi veloce, in massimo 12 giorni lavorativi. Ad occuparsi di tutto sarà la nuova banca. L’operazione è totalmente gratuita.
La via di fuga
È possibile trasferire i propri soldi in un nuovo istituto in due settimane a costo zero