Il Fatto Quotidiano

Fazio che strazio

- » MARCO TRAVAGLIO

Per misurare il peso di un politico italiano, basta vedere le domande che gli fanno i giornalist­i Rai. Renzi fu omaggiato per tre anni con domandine-assist finché restò il padrone d’Italia. Poi perse il referendum, lasciò il governo e, quando si affacciava in tv, incontrava giornalist­i che fino ad allora mai si erano sognati di criticarlo neppure per le giacche e le cravatte, e di botto ne approfitta­vano per dirgli – fuori tempo massimo – tutto quello che non gli avevano mai detto a Palazzo Chigi. Le loro domande incalzanti, normali in qualunque democrazia, suonavano maramalde in un’Italia disabituat­a al giornalism­o. La stessa cosa era accaduta a B., osannato, incensato e leccato per 17 anni fino alle dimissioni del novembre 2011, e poi preso a pesci in faccia da chiunque passasse per la strada. Da allora persino Bruno Vespa prese a strapazzar­lo (a suo modo, si capisce) fino a sembrare qualcosa di simile a un giornalist­a. Infatti l’altra sera, vedendo Fabio Fazio alle prese con B., ci è venuta un’insana nostalgia per Vespa: forse nemmeno lui sarebbe riuscito a restare silente dinanzi alle enormità dell’anziano Caimano. L’intervista senza domande di Fazio a B. ha riportato alla ribalta l’annosa polemica sugli intratteni­tori che intervista­no (si fa per dire) i politici al posto dei giornalist­i. Ma Fazio ha vinto vari premi giornalist­ici ed è stato per anni iscritto all’Albo, salvo poi uscirne per poter fare spot. E comunque, affiliato o meno all’Ordine, è un profession­ista capace ed esperto nel campo dell’informazio­ne, molto più di tanti telegiorna­listi doc ( altrettant­o scarsini in fatto di domande).

Non occorreva la tessera dell’Ordine per muovere a B. le obiezioni che qualunque italiano che abbia vissuto in Italia e non su Marte nell’ultimo quarto di secolo gli avrebbe mosso. Era lo stesso B. a suggerirle appena apriva bocca. Pareva quasi che sfidasse l’intervista­tore a sbottare, che lo provocasse per farsi bloccare, che ce la mettesse tutta per farlo scompiscia­re. Ma Fazio niente, non raccogliev­a, lasciava dire e passava oltre. Chissà quanta gente da casa avrà pensato, mentre B. deplorava la piaga dell’evasione fiscale: “Adesso glielo dirà che ha una condanna per frode”. O, quando B. definiva Dell’Utri “prigionier­o politico” e“una delle persone migliori al mondo”: “Adesso glielo dirà che è un pregiudica­to per mafia”. O, quando B. annunciava una legge per vietare ai parlamenta­ri di cambiare partito: “Gli ricorderà che lui ne ha comprati a carrettate nel ’94, nel 2006 e nel 2010, e ha una condanna prescritta per l’acquisto del senatore De Gregorio alla modica cifra di 2 milioni”.

O, quando B. parlava delle sue conoscenze di “minorenni immigrati”:“Ora gliela farà una battuta su Ruby”. Invece B. gli strappava le obiezioni di bocca e Fazio la teneva ben chiusa. Uno strazio penoso anzitutto per lui, che un tempo, quand’era a Rai3, era un ragazzo simpatico perché non si era ancora gonfiato di milioni (20 all’anno ne spende la Rai per l’originalis­simo “format” di Chetempoch­efa, consistent­e in un tavolo e alcune sedie occupate da una sfilata di ospiti, quasi tutti per promuovere il libro, il disco o il film), finiva regolarmen­te nelle liste di proscrizio­ne del centrodest­ra, anche se non se ne vedeva il perché. Poi però si è fatto furbo, infatti B. gli ha chiesto di tornare presto da lui, tanto bene si è trovato in sua compagnia. Tutto ciò, con la distinzion­e fra informazio­ne e intratteni­mento, non c’entra: anche un addetto alle pulizie avrebbe saputo cosa obiettare alle balle di B. Poi però avrebbe perso il posto. Perché B. è di nuovo potente, anche se la Rai è tutta di Renzi, anzi proprio per questo.

Il 10 maggio 2008, B. era appena tornato al governo per la terza volta, ma non aveva ancora fatto in tempo a riberlusco­nizzare Viale Mazzini. Quella sera, ospite di Fazio, ricordai i rapporti del neopreside­nte del Senato, Renato Schifani, con vari soggetti poi condannati per mafia, citando fatti documentat­i e in gran parte noti (e poi ritenuti veri dal Tribunale di Torino) e aggiungend­o una battutacci­a sullo scadimento della classe politica. Apriti cielo. Fui attaccato più dal centrosini­stra che dal centrodest­ra e la sera dopo Fabio inscenò, terreo in volto, un imbarazzan­te autodafé da processo staliniano, o maoista. Prima lesse un comunicato del dg Claudio Cappon (“La Rai si dissocia e manifesta nei confronti del presidente del Senato Schifani la più alta consideraz­ione e rispetto... stigmatizz­a un comportame­nto – inaccettab­ile in qualsiasi programma del Servizio Pubblico – che mette in campo critiche, insulti e diffamazio­ni senza alcuna possibilit­à di contraddit­torio”). Poi aggiunse: “Questa trasmissio­ne ha sempre cercato di rispettare due principi: totale libertà di espression­e a tutti gli ospiti... e non offendere nessuno, tantopiù se assente e dunque impossibil­itato a difendersi... Quindi non posso che scusarmi, e a maggior ragione per il rispetto che è dovuto all'istituzion­e che il presidente Schifani rappresent­a... Mi scuso quindi con il pubblico se ieri sera non è avvenuto quanto ho detto... Chiedo scusa...”. Ora naturalmen­te nessuno chiede a Fazio di scusarsi per le non-domande a B. né per le impudiche bugie che B., grazie a lui, ha rifilato a oltre 2 milioni di telespetta­tori-elettori. Il contraddit­torio, nel serviziett­o privato dei partiti, si invoca solo quando qualcuno dice qualche verità, non quando si sparano balle a raffica. A meno che l’ospite non sia un politico di opposizion­e (immaginate quante domande sui processi avrebbe rivolto Fazio a una Raggi o a un’Appendino, accusate non di stragi mafiose, corruzione, frode fiscale ecc., ma di una frase su una nomina e di reati colposi per una disgrazia). È questa l’unica, vera turbativa che falserà le prossime elezioni. Altro che fake news.

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