Il Fatto Quotidiano

La donna e il falso aborto per sputtanare il “Post”

Una provocatri­ce si era detta vittima del senatore repubblica­no Moore

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

SI CHIAMA Project Veritas: è una organizzaz­ione fondata da James O’Keefe

SOSTENUTO dall’ala più conservatr­ice repubblica­na, il progetto vuole “indagare e mettere a nudo la corruzione” Ce

ne sono di sprovvedut­i a questo mondo. Gente che pensa di prendere in castagna con una fake newsil Washington Post, giornale nella storia della stampa per il Watergate: scoprì e svelò la vicenda che costrinse a dimettersi un presidente, Richard Nixon, il 9 agosto 1974.

L’inganno era stato ordito da un’organizzaz­ione che, nel nome della verità – si chiama Project Veritas: proprio così, in latino -, mira a screditare le testate più autorevoli degli Usa, colpevoli di dare addosso prima al candidato e poi al presidente Donald Trump.

Come sia scampato al trappolone tesogli, lo racconta lo stesso giornale, dopo aver allestito un team d’esperti e giornalist­i per lavorare sulle storie di molestie sessuali che stanno investendo ogni settore dell’economia e della politica negli Stati Uniti. La data d’avvio della bufera è il 5 ottobre, quando il New York Timessvelò le abitudini predatorie sessuali del produttore cinematogr­afico Harvey Weinstein. Da allora, sono finiti nel tritacarne delle accuse vecchie di anni o di decine di anni uomini politici e di spettacolo, uomini d’affari e di cultura, persone “al di sopra di ogni sospetto” e vecchi malvissuti. Ne resta fuori, quasi per una sorta di contrappas­so, il presidente, che, invece, durante la campagna, era stato accusato di molestie da diverse donne, era stato messo in difficoltà dall’uscita di un video esplicitam­ente sessista e aveva spesso tenuto linguaggio e comportame­nti inappropri­ati, soprattutt­o nei confronti di giornalist­e.

IN QUESTO CLIMA, una donna s’è presentata al Washington Postper raccontare una storia drammatica, ma a conti fatti falsa. Il controvers­o candidato repubblica­no all'elezione suppletiva del 12 dicembre per un seggio dell'Alabama al Senato, Roy Moore, l'aveva messa incinta quando era un'adolescent­e nel

1992 e l’aveva poi costretta ad abortire. Storia appetibile e pure credibile, poiché Moore era già stato accusato da altre donne, una persino quando aveva 14 anni.

Invece di affrettars­i a pubblicare la storia, i reporter del Post si sono insospetti­ti: hanno intervista­to, cioè interrogat­o, la donna per due settimane e l'hanno pure pedinata quando usciva dalla redazione. Così, l’hanno vista entrare nella sede di New York del Project Veritas, un'organizzaz­ione che vuole “indagare e mettere a nudo la corruzione, la disonestà, la frode e altri comportame­nti scorretti nel pubblico e nel privato, per realizzare una società più etica e trasparent­e”. Fondata da James O’Keefe, un’attivista di 33 anni, il Project Veritassi autodefini­sce “la più efficace organizzaz­ione non p r of i t ” a me r i c an a . O’Keefe non ha paura delle critiche dei liberals ed è sostenuto dal sito Breitbart, dietro cui c’è l’ex consiglier­e speciale di Trump, Steve Bannon.

Questa volta, però, gli è andata male. Il suo provocator­e, la donna identifica­tasi al Washington Post come Jaime Philips, è stata smascherat­a e l’intervista non è stata pubblicata. Prova che le fake news, come tutte le bugie, hanno le gambe corte, se le intercetta un buon giornalist­a. Meno chiara la motivazion­e della manovra: screditare il giornale – va bene -, ma anche favorire probabilme­nte Moore, il candidato di Bannon che, nelle primarie repubblica­ne, ha sconfitto il candidato di Trump, Luther Strange, e che dovrebbe prendere in Senato il posto del segretario alla Giustizia Jeff Sessions.

La scheda

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AP Dal 2013 il quotidiano è di proprietà di Jeff Bezos (Amazon)
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Alabama Il candidato senatore Moore

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