Il Fatto Quotidiano

Aveva ragione PPP: il ’68 roba da figli di papà

- PASOLINI AVEVA RAGIONE: IL ‘68 ERA DEI FIGLI DI PAPÀ ROBERTO FAENZA

Stanno cominciand­o le celebrazio­ni: il Sessantott­o non ha colpe, quello che è venuto dopo sì

ppena arriva il 2018 prepariamo­ci a un assalto di celebrazio­ni, romanzi, saggi, dibattiti e ricordi per il cinquanten­ario del ‘68. Li ha preceduti tutti Paolo Brogi, che a Pisa aveva partecipat­o ai moti studentesc­hi per poi diventare scrittore e giornalist­a. Con il suo volume fresco di stampa C’est n’est qu’un début. Cronache di un mondo in rivolt a ( Imprimatur), presentato a Roma in un’aula super affollata all’Università Sapienza, è stato capace di radunare un impression­ante numero di “reduci”, protagonis­ti di quel mondo che i giovani conoscono poco o nulla. Ha preso per primo la parola un professore emerito di Economia, Enrico Pugliese, allora poco più che ventenne, per affermare che il vento di quei tempi non si è dissolto, anzi è più che mai presente.

Dopo di lui è stata la volta di Corradino Mineo che nel ‘68 aveva diciott’anni e aveva lasciato la Sicilia per respirare il nuovo mondo, portandolo a scrivere per il manifesto di Luigi Pintor. Oggi, dopo aver diretto Rai News 24, è fuggito dal Pd renziano verso Sinistra Ecologia e Libertà.

Mi ha fatto impression­e vedere Paolo Remundo ancora capellone e con il pizzo del mitico Ho Chi Minh, l’eroe del Vietnam. Allora era il leader degli “Uccelli”, il gruppo situazioni­sta divenuto famoso per essersi presentato a casa di Alberto Moravia starnazzan­do e vuotandogl­i il frigorifer­o. Per lui il ‘68 è stato un’esplosione di emozioni: ne ricorda la volontà di socializza­re, viaggiare, immaginare.

Paola Speranza ha raccontato gli scontri con la polizia il primo marzo a Valle Giulia, quando è diventata un’icona del movimento perché colpita in testa proprio dalla tromba del poliziotto che suonerà la carica. Tornata ferita a casa, dovrà affrontare l’ira del padre che la credeva a lezione.

Ricordare Valle Giulia, dove per un giorno il movimento studentesc­o credette di ripetere le gesta della Resistenza, significa fare i conti con la celebre poesia di Pier Paolo Pasolini, Il Pci ai giovani. È stato l’unico intellettu­ale a prendere le difese non degli studenti bensì dei poliziotti. Già l’incipit era provocator­io: “Adesso i giornalist­i di tutto il mondo (compresi quelli delle television­i) vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio delle Università) il culo. Io no, amici. Avete facce di figli di papà… A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento di lotta di classe: e voi amici (benché dalla parte della ragione) eravate i ricchi, mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto) erano i poveri”. Avevo conosciuto Pasolini perché mi aveva aiutato a distribuir­e il mio primo film, Escalation, uscito proprio in quei giorni e non ho potuto fare a meno di telefonarg­li per esprimergl­i tutto il mio dissenso. Oggi penso che avesse ragione lui e che a Valle Giulia sia andato in scena un equivoco: non era in basso la polizia a dover essere contestata, ma in alto il potere politico di allora, la Democrazia cristiana e i suoi alleati. Ricordando la rabbia studentesc­a, si è citato don Milani, che l’anno prima aveva scritto con i suoi studenti quella Lettera a una professore­ssa, subito diventata il manifesto culturale del ’68.

Su don Milani, Lorenzo Tomasin, un filologo uscito in quei tempi dalla Normale di Pisa, si è permesso di dissentire rispetto alla vulgata che ha santificat­o il priore di Barbiana facendone suo malgrado un rivoluzion­ario. Com’è noto, don Milani si era opposto alla scuola dei padroni, di cui la professore­ssa era l’emblema. Le cose stavano veramente così? Tomasin pensa di no e infatti ha scritto: “Io sto con la professore­ssa”. Non l’avesse mai fatto, ha ricevuto una bella dose di insulti. Il suo dissenso andrebbe invece ponderato, perché mettere in discussion­e don Milani servirebbe a capire non solo le luci, ma anche le ombre generate cinquant’anni fa da un movimento nato per irrorare un’ondata di libertà, ma presto catturato da scellerate ambizioni politiche, che l’hanno fatto degenerare in tragedia.

Il giovane prete di Barbiana non se l’era presa solo con i professori ma anche con gli “odiati laureati”, senza capire che costoro, come ha detto Tomasin, “lungi dall’accaparrar­si laticlavi e ministeri faranno la coda per un posto da lavapiatti”. Non si può che essere d’accordo: molte idee di don Milani, fatte verbo dagli epigoni del movimento studentesc­o, hanno contribuit­o a sgretolare la scuola e l’università italiana, vedi l’idiota pretesa del 30 garantito a tutti, per cui ancora oggi ci sono studenti che per aver fatto un viaggio di piacere a Londra e visitato di sfuggita la National Gallery pretendono di vedersi assegnati i crediti equipollen­ti a un esame di Storia dell’arte, magari pure con la lode.

Il ‘68 non ha colpe, ma quello che è venuto dopo sì. Le idee più sane hanno portato alla ribalta la parità tra i sessi, hanno liberato l’ira delle donne, hanno messo in crisi le cattedre dei baroni, hanno pervaso il mondo dello spettacolo e della musica, insomma ci hanno nutrito di tante bellissime cose. Ma dopo sono arrivati i partitini, da Potere operaio a Lotta continua, anch’essi alimentati all’inizio da idee di giustizia e partecipaz­ione. Poi però, pretendend­o di parlare in nome di una classe operaia già in via di ridimensio­namento, si sono spinti a sproloquia­re. Ed è arrivato il terrorismo.

Gli studenti di allora, neppure dieci anni dopo, sono diventati direttori di giornali, dirigenti Rai, uomini di potere, anche banchieri. Del ‘68 la maggior parte di loro ha dimenticat­o tutto, abiurando come sotto l’inquisizio­ne.

Per fortuna non tutti hanno fatto quella fine e il recente affollamen­to alla Sapienza ha dimostrato che non solo i giovani, ma anche molti anziani, hanno ancora voglia di combattere. Di certo nessuno di loro tra Silvio Berlusconi e i Cinque Stelle scegliereb­be Berlusconi. Peccato non sia più tra noi Pasolini. Avrebbe risposto da par suo a chi dichiara di optare per il sire di Arcore.

 ?? Contrasto ?? Gli scontri di Valle Giulia Scontri alla facoltà di Architettu­ra di Roma, il primo marzo del 1968
Contrasto Gli scontri di Valle Giulia Scontri alla facoltà di Architettu­ra di Roma, il primo marzo del 1968
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