Boschi si “cura” gli avvocati e blocca Orlando
Il contestato emendamento per estendere il rito sommario nel processo civile ritirato per il veto della sottosegretaria
In rotta di collisione il ministero della Giustizia, guidato da Andrea Orlando, leader della minoranza dem, e gli azionisti di maggioranza del governo: i renziani di Palazzo Chigi, capitanati da Maria Elena Boschi. È stata proprio la sottosegretaria che, ancora una volta, ha litigato con Orlando, avendo la meglio. Questa volta oggetto dello scontro è stato un emendamento alla legge di Bilancio ispirato da via Arenula: quello sul processo civile sommario, una sorta di processo breve per le cause davanti al giudice monocratico. L’emendamento, ritirato lunedì sera in commissione Bilancio, ha insolitamente compattato magistrati e avvocati, contrarissimi.
È NOTO CHE BOSCHI, avvocato, è molto sensibile alle istanze della categoria e i renziani in generale sono in ottimi rapporti coi vertici della categoria. Cosa non secondaria a pochi mesi dal voto: col treno o senza il leader Pd cerca di ritrovare vecchi consensi e di procurarsene nuovi e gli avvocati in Italia sono ben 280 mila, un discreto bacino elettorale (senza eguali in Europa). Dunque Boschi si è battuta perché quell’emendamento alla manovra fosse ritirato. A firmarlo era stato Guido Viceconte, senatore alfaniano, che non fa parte né della commissione Bilancio né della Giustizia. Scrive quell’emendamento, secondo quanto risulta al Fatto, dopo essersi confrontato con la collega di partito Fede- rica Chiavaroli, sottosegretaria alla Giustizia (un testo simile era stato presentato, e subito ritirato, dalla leghista Comaroli). Il M5S denuncia subito i pericoli di quell’emendamento: Maurizio Buccarella – senatore e avvocato – spiega che tutto il processo sarebbe affidato alla discrezionalità del giudice. Segue, domenica sera, lo scontro Boschi-Orlando, e lunedì Viceconte chiede alla collega di partito Simona Vicari, membro della commissione Bilancio, di ritirare l’emendamento. Vicari annuncia il ritiro e a quel punto il capogruppo del Pd in commissione, Giorgio Santini, ex lettiano poi renziano moderatissimo, si alza in piedi, visibilmente contrariato e chiede alla Vicari di non farlo. La senatrice però conferma: l’emendamento è ritirato. Oggi la manovra approda in aula con due giorni di ritardo dovuti anche a questo scontro nel governo: quell’emendamento di maggioranza, poi silurato da un pezzo di maggioranza, era peraltro uno stralcio della riforma del processo civile voluta da Orlando ferma da tempo in Senato. In questi giorni, peraltro, avvocati e magistrati si erano mobilitati contro il processo sommario: “La riforma in cantiere – aveva scritto l’Anm – non elimina e neanche favorisce l’efficienza del processo perché non opera sull’arretrato. Le regole del processo non sono inutile orpello ma il modo con cui le parti concorrono, con ordine, alla decisione del giudice”. Eliminare la predeterminazione di tali regole, rimettendone la scelta alla valutazione del giudice caso per caso “rischia di generare prassi applicative diversificate con sicure ricadute negative in termini di garanzia dei diritti dei cittadini”. L’Anm indica poi la via per accorciare i tempi davvero lunghi dei processi civili : “L’impiego di risorse adeguate per garantire l’operatività dell’ufficio per il processo in tutti i Tribunali, una seria revisione delle piante organiche, non solo degli uffici giudicanti, ma anche del personale di cancelleria e delle circoscrizioni giudiziarie”.
La riforma non velocizza i processi e rischia di avere ricadute negative sui diritti dei cittadini
LA NOTA DELL’ANM
IL PRESIDENTEdel Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin, universalmente ritenuto “re nz ia n o”, aveva scritto al ministro Orlando per esprimere “le preoccupazioni dell’avvocatura”: questa riforma “non comporterebbe vantaggi poiché i colli di bottiglia riguardano la fase decisoria, che anche in un processo ‘sommarizzato’ rimarrebbero tali e quali. La modifica del rito come strumento per velocizzare la giustizia nell’ultimo decennio ha sempre aumentato il tasso delle liti sull’applicazione delle regole e di conseguenza allontanato la decisione sul merito”.