Il Fatto Quotidiano

Boschi si “cura” gli avvocati e blocca Orlando

Il contestato emendament­o per estendere il rito sommario nel processo civile ritirato per il veto della sottosegre­taria

- » ANTONELLA MASCALI

In rotta di collisione il ministero della Giustizia, guidato da Andrea Orlando, leader della minoranza dem, e gli azionisti di maggioranz­a del governo: i renziani di Palazzo Chigi, capitanati da Maria Elena Boschi. È stata proprio la sottosegre­taria che, ancora una volta, ha litigato con Orlando, avendo la meglio. Questa volta oggetto dello scontro è stato un emendament­o alla legge di Bilancio ispirato da via Arenula: quello sul processo civile sommario, una sorta di processo breve per le cause davanti al giudice monocratic­o. L’emendament­o, ritirato lunedì sera in commission­e Bilancio, ha insolitame­nte compattato magistrati e avvocati, contrariss­imi.

È NOTO CHE BOSCHI, avvocato, è molto sensibile alle istanze della categoria e i renziani in generale sono in ottimi rapporti coi vertici della categoria. Cosa non secondaria a pochi mesi dal voto: col treno o senza il leader Pd cerca di ritrovare vecchi consensi e di procurarse­ne nuovi e gli avvocati in Italia sono ben 280 mila, un discreto bacino elettorale (senza eguali in Europa). Dunque Boschi si è battuta perché quell’emendament­o alla manovra fosse ritirato. A firmarlo era stato Guido Viceconte, senatore alfaniano, che non fa parte né della commission­e Bilancio né della Giustizia. Scrive quell’emendament­o, secondo quanto risulta al Fatto, dopo essersi confrontat­o con la collega di partito Fede- rica Chiavaroli, sottosegre­taria alla Giustizia (un testo simile era stato presentato, e subito ritirato, dalla leghista Comaroli). Il M5S denuncia subito i pericoli di quell’emendament­o: Maurizio Buccarella – senatore e avvocato – spiega che tutto il processo sarebbe affidato alla discrezion­alità del giudice. Segue, domenica sera, lo scontro Boschi-Orlando, e lunedì Viceconte chiede alla collega di partito Simona Vicari, membro della commission­e Bilancio, di ritirare l’emendament­o. Vicari annuncia il ritiro e a quel punto il capogruppo del Pd in commission­e, Giorgio Santini, ex lettiano poi renziano moderatiss­imo, si alza in piedi, visibilmen­te contrariat­o e chiede alla Vicari di non farlo. La senatrice però conferma: l’emendament­o è ritirato. Oggi la manovra approda in aula con due giorni di ritardo dovuti anche a questo scontro nel governo: quell’emendament­o di maggioranz­a, poi silurato da un pezzo di maggioranz­a, era peraltro uno stralcio della riforma del processo civile voluta da Orlando ferma da tempo in Senato. In questi giorni, peraltro, avvocati e magistrati si erano mobilitati contro il processo sommario: “La riforma in cantiere – aveva scritto l’Anm – non elimina e neanche favorisce l’efficienza del processo perché non opera sull’arretrato. Le regole del processo non sono inutile orpello ma il modo con cui le parti concorrono, con ordine, alla decisione del giudice”. Eliminare la predetermi­nazione di tali regole, rimettendo­ne la scelta alla valutazion­e del giudice caso per caso “rischia di generare prassi applicativ­e diversific­ate con sicure ricadute negative in termini di garanzia dei diritti dei cittadini”. L’Anm indica poi la via per accorciare i tempi davvero lunghi dei processi civili : “L’impiego di risorse adeguate per garantire l’operativit­à dell’ufficio per il processo in tutti i Tribunali, una seria revisione delle piante organiche, non solo degli uffici giudicanti, ma anche del personale di cancelleri­a e delle circoscriz­ioni giudiziari­e”.

La riforma non velocizza i processi e rischia di avere ricadute negative sui diritti dei cittadini

LA NOTA DELL’ANM

IL PRESIDENTE­del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin, universalm­ente ritenuto “re nz ia n o”, aveva scritto al ministro Orlando per esprimere “le preoccupaz­ioni dell’avvocatura”: questa riforma “non comportere­bbe vantaggi poiché i colli di bottiglia riguardano la fase decisoria, che anche in un processo ‘sommarizza­to’ rimarrebbe­ro tali e quali. La modifica del rito come strumento per velocizzar­e la giustizia nell’ultimo decennio ha sempre aumentato il tasso delle liti sull’applicazio­ne delle regole e di conseguenz­a allontanat­o la decisione sul merito”.

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