Il “buco” pensionistico? Il sistema è in attivo
I contributi versati superano la spesa previdenziale da un decennio. Il gap c’è per l’assistenza
Da
quando è partito lo scontro tra governo e sindacati sull’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni a partire dal 2019, l’esecutivo e molti opinionisti mettono in guardia da un eventuale effetto disastroso sui conti pubblici di uno stop alla norma imposta dalla riforma Fornero. Lunedì il Corriere della Sera ha contestato le dichiarazioni di Susanna Camusso (Cgil) secondo la quale il “sistema previdenziale è in equilibrio” usando il “rapporto sull’invecchiamento” 2015 dell’Ue: “Ecco ‘l’equilibrio’ del sistema pensionistico... ogni anno, la spesa per le pensioni pub- bliche supera i contributi versati di 88 miliardi di euro. Lo scarto più vasto dell’Ue dopo l’Austria”. È così?
LO SBILANCIO. Ogni anno l’Inps chiude il bilancio in profondo “rosso”. In quello di previsione 2017 le entrate sono pari a 411 miliardi, ma 100 provengono dallo Stato. La spesa dell’ente include infatti anche spese che non sono propriamente “pensi oni”, ma prestazioni assistenziali - coperte solo in parte da contributi - come le pensioni di reversibilità o simili (oltre 40 miliardi). Nell’assist enza rientrerebbe anche la spesa pensionistica a carico dello Stato: 51 miliardi che finanzia- no le prestazioni agevolate o le pensioni derivanti da integrazioni dei contributi in situazioni delicate, tipo le minime per gli ex agricoltori. Ci sono poi anche 37 miliardi di spese sociali e per il lavoro ( malattia e invalidità, sostegno alla famiglia o alla maternità ecc.). Chiudono il conto i 39 miliardi per le politiche attive del lavoro e gli ammortizzatori sociali. Sono voci che rientrano tra la Gias (Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno) e le Gtp (Gestione prestazioni temporanee).
I NUMERI. Il Corriere ricava la cifra calcolando il totale dei contributi versati e la spesa pensionistica in rapporto al Pil. I dati della Commissione (fermi al 2013) non dividono per tipologia di spesa. Per il bilancio Inps nel 2017 le entrate contributive saranno pari a 219 miliardi, a fronte di una spesa per prestazioni di 250 (al netto dei 13 versati per conto dello Stato, le pensioni minime). Lo sbilancio è quindi di 30 miliardi, era di 25 nel 2015. Ma è una cifra fuorviante.
IL “BUCO”. Il buco in sé non esiste perché bisogna tenere conto delle tasse pagate dai pensionati che ritornano allo Stato e di tutto ciò che è “assistenza”. Prendiamo il 2015, dove la spesa è stata di 217 mi- liardi e le entrate contributive di 191 miliardi. Il saldo è negativo per 26 miliardi? Levando la quota a di Gias e Gpt a carico dello Stato dalle entrate e le tasse pagate dai pensionati dalle spese (insieme alle integrazioni al minimo) il sistema è in attivo di almeno 3,7 miliardi. E va così dal 1998. Le riforme degli anni 90 hanno stabilizzato il sistema.
LA SPESA. Nonostante l’invecchiamento quella previdenziale in rapporto al Pil (14,45% nel 2017, al netto della quota dello Stato, secondo i dati Inps) calerà nel prossimo decennio.
L’ETÀ D’USCITA. Quella a 67 anni è tra le più alte d’Europa. Molti commentatori ricordano però che quella effettiva è più bassa. In realtà nel 2017 sarà in linea con la Germania (62,5 anni contro 62,7). Secondo l’Ue nel lungo periodo sarà inferiore solo a quella imposta ai lavoratori in Grecia.
I dati
Dei 411 miliardi di uscite dell’Inps quasi 100 sono trasferiti dallo Stato e non sono proprio “pensioni”