Il Fatto Quotidiano

Quei liberisti che difendono le rendite

- » STEFANO FELTRI

▶I LIBERISTI

all’italiana sono ideologici ma imprevedib­ili, soprattutt­o quelli dell’Istituto Bruno Leoni. Difendono mercato e concorrenz­a, detestano i monopolist­i, ma si oppongono alla web tax voluta dal senatore Pd Massimo Mucchetti e appena approvata in Senato. All’osservator­e malizioso non può sfuggire che, come si legge sul loro sito, Google ha appena finanziato una borsa di ricerca presso l’Istituto Bruno Leoni. Ma sarebbe forse troppo cinico ipotizzare un bieco mercimonio, editoriali e analisi in cambio di fondi (anche se è così che lavorano i think tank in tutto il mondo).

Per il Bruno Leoni, la web tax “è un tentativo confuso e pasticciat­o di estrarre più gettito (poco: si parla di un centinaio di milioni di euro a partire dal 2019) colpendo le transazion­i su Internet. Cioè, per chiamare le cose col loro nome: di tassare chi compra e chi vende servizi attraverso la Rete”. Come ha ricostruit­o Mucchetti sul Sole 24 Ore, l’emendament­o alla manovra è frutto di lunghi compromess­i e diverso dall’impianto originario. Ma fissa un principio: il modo di tassare gli operatori Ott ( over the top, i giganti del web) si deve e si può trovare anche se in modo un po’drastico come è stato fatto, stabilendo un prelievo del 6% sul fatturato anziché sugli utili. Alcune delle contestazi­oni liberiste sono in parte fondate: visto che si chiede alle banche di agire come sostituto di imposta per le imprese non residenti in Italia, i costi di questo servizio potrebbero finire sui clienti (ma le banche già aumentano le commission­i ingiustifi­cate senza bisogno di incentivi). E se l’Italia agisce da sola senza un coordiname­nto europeo potrebbe spingere gli investimen­ti altrove. Altri argomenti sono risibili, come per esempio che la tassazione sulla vendita di servizi online renderebbe inutili gli incentivi di Industria 4.0 o che la tassa equivale a un dazio. Per i liberisti all’italiana vale il principio che l’unica tassa buona è la tassa cancellata, soprattutt­o se colpisce i loro finanziato­ri. Tanto il welfare, la scuola e la sanità pubblica sono soltanto declinazio­ni dello spreco.

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