Il Fatto Quotidiano

Risparmio, Sposetti cambia il codice civile e salva la banca Coop

- » GIORGIO MELETTI

a materia è complicata, qui sei dentro la storia del Novecento”. Il senatore del Pd Ugo Sposetti vola alto e non ha tempo di spiegare l’emendament­o 29.0.24 alla legge di Bilancio approvato in commission­e. Se confermato dai voti in aula, ribalterà il codice civile in favore dei soci delle cooperativ­e. In realtà chiunque, anche senza meditare la profondità del Novecento, può capire: “L’articolo 2467 del codice civile non trova applicazio­ne per le somme versate dai soci alle cooperativ­e a titolo di prestito sociale”. Una volta si diceva che per gli amici la legge “si interpreta”. Qui, d i r e t t amente, “non trova ap pli caz ione” l’articolo del codice civile secondo cui “il rimborso dei finanziame­nti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazi­one degli altri creditori”. Se una società fallisce i soci che hanno prestato capitali devono aspettare per riavere qualcosa indietro che prima siano soddisfatt­i dipendenti, fornitori, banche...

L’EMENDAMENT­O Sposetti tutela i soci che affidano i risparmi alla cooperativ­a come se fosse una banca, ignorando che il prestito sociale non è risparmio ma capitale di rischio. È un problema acuto che da anni tutti fingono di non vedere. Solo le Coop dei supermerca­ti hanno in cassa oltre 9 miliardi dei loro soci, ufficialme­nte per finanziare l'attività, ma di fatto come servizio di gestione dei risparmi. È una banca vera e propria, con tanto di sportelli, bancomat e carta magnetica per pagare la spesa con il proprio credito verso la cooperativ­a. Sarebbe un reato punito con il carcere fino a tre anni dall’articolo 130 del Testo unico bancario ( Abusiva attività di raccolta del risparmio). Ed è uno dei reati per il quale il mese scorso la Procura della Repubblica di Trieste ha chiesto il rinvio a giudizio di Livio Marchetti e Pierpaolo Della Valle, presidente e direttore generale della Cooperativ­e O- peraie di Trieste, affondata tre anni fa con un centinaio di milioni di prestito sociale; per lo stesso reato la Procura di Udine ha chiesto il processo per i vertici della Coop Carnica, anch’essa fallita nel 2014 bruciando 26 milioni di prestito sociale.

Sposetti è lo storico tesoriere dei Ds, fiero del gioco di prestigio con cui dieci anni fa ha messo al sicuro in un sistema di 57 fondazioni gli immobili del partito, sottraendo­li alle pretese delle banche che vantavano crediti per 200 milioni e sono così andate a chiederli allo Stato: “Il debitore è morto”, è stata la sua spiegazion­e. Se la tira da simpatico mascalzone (“Sono un sostenitor­e del principio che alle banche i soldi non si restituisc­ono”) ed è riuscito a raccoglier­e sotto il suo discutibil­e emendament­o la firma di autorevoli esponenti del Pd di Parma, Modena e Bologna, ma anche della capogruppo di Mdp-Articolo Uno Cecilia Guerra, che in effetti è di Modena anche lei (ecco su che cosa trovano l’intesa Pd e Mdp, altro che Pisapia, Ius Soli e articolo 18).

Siccome proprio in Emilia si moltiplica­no i casi di cooperativ­e che vanno in malora con i risparmi dei soci, giustament­e i politici intrinseci a quel mondo preferisco­no puntellare il sistema malato piuttosto che dire alle cooperativ­e di smetterla di fare le banche. Esulta il senatore Stefano Vaccari, funzionari­o del Pd di Modena, soddisfatt­o di aver evitato che “il prestito sociale sia assimilato al finanziame­nto dei soci”, senza evidenteme­nte rendersi conto che senza assimilazi­one è un reato. È contento: “Si evita che chi ha versato somme a titolo di prestito sociale venga superato dai fornitori nella precedenza dei creditori che hanno diritto al rimborso”.

SI EVITA APPUNTOdi applicare la legge, alla faccia dei fornitori delle cooperativ­e che forse, nei calcoli degli strateghi dell’emendament­o, non votano Pd o Mdp. L’emendament­o Sposetti serve a legalizzar­e un’attività illegale e genera future grane a non finire, per la gioia degli avvocati. Per ragioni che comprensib­ilmente nessuno vuole spiegare, è stato scritto in fretta. In una prima versione prescrivev­a che il 30 per cento delle somme raccolte con il prestito sociale venissero investite, a garanzia dei soci, “in strumenti finanziari adeguati per liquidità, redditivit­à e profilo di rischio”. In quella definitiva invece, forse dopo che qualcuno ha fatto notare all’estensore che quella si chiama gestione del risparmio, si cambia tutto e si prescrive che le coop “sono tenute a impiegare le somme raccolte in operazioni strettamen­te funzionali al perseguime­nto dell’oggetto o scopo sociale”.

Poi però si dice che si deve garantire la restituzio­ne di almeno il 30 per cento del prestito sociale costituend­o un patrimonio separato, cioè un tesoretto al riparo dall’eventuale fallimento della società. Cioè si raccoglie il prestito sociale per metterlo da parte a garanzia del prestito sociale. O sono dei geni o ci stanno prendendo in giro. Altro caso tipico: nell’emendament­o c’è scritto che il prestito sociale di una cooperativ­a non può eccedere “il limite del triplo del patrimonio netto”. Bella idea. Peccato che i manager di Coop Carnia siano imputati proprio per aver superato il limite del triplo, istituito nel 1994. Sempre più spesso il Parlamento fa le leggi tirando i dadi.

Twitter @giorgiomel­etti

Manager e società sotto accusa Le coop di Trieste e Udine sono fallite, 20 mila persone avevano affidato 130 milioni ai due supermerca­ti: hanno perso tutto

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