Rigopiano, ridevano anziché salvare la gente
Se dobbiamo liberare la spa ci facciamo il bagno”
■Intercettati i funzionari di Provincia di Pescara e Anas, ilarità e battute poco prima della strage: “Andiamo domattina là”. In Regione il capo staff di D’Alfonso ignora la telefonata del sindaco di Farindola
“Einsomma, mica deve arrivare a Rigopiano? Perché se dobbiamo liberare la spa, al limite ci andiamo a fare pure il bagno”. Sono le parole pronunciate al telefono dal dipendente de ll’Anas Carmine Ricca, alle 15.35 del 18 gennaio 2017, un’ora prima che la valanga travolgesse l’hotel Rigopiano di Farindola uccidendo 29 persone. Ricca sta parlando con il responsabile del settore viabilità della Provincia, Paolo D’Incecco (indagato) che, intercettato per un’altra vicenda giudiziaria, ride alla battuta. Ride anche Ricca, e aggiunge: “Cioè, ho capito che dobbiamo arrivare fin lì, però insomma è una bella tirata, lo sai meglio di me”. I due stanno parlando della possibilità di distaccare una turbina, che stava operando nel circondario di Penne, e fanno dei riferimenti alla situazione dell’hotel. D’Incecco chiede: “Quanto tempo... oggi pomeriggio non si può fare niente?”. Ricca risponde: “La Madonna che c’è qua... mo’ penso di no”. D’Incecco allora rinvia alla mattina seguente e il dipendente dell’Anas conferma: “Sì, almeno domattina, perché quello con la turbina fino a mo’ ha faticato...”.
È QUANTO si legge nell’informativa della Squadra Mobile inviata alla Procura di Pescara. In quelle stesse ore in cui la neve sta seppellendo l’Abruzzo, ci furono “sovrapposizioni e fraintendimenti”, turbine “doppione” e altre che non si sa dove vadano a finire. Vennero date “disposizioni confliggenti”, sintetizzano i carabinieri del Noe di Pescara, mentre i cellulari squillavano, arrivavano richieste di aiuto dai sindaci e telefonate dai consiglieri regionali per sollecitare interventi. E poi c’è il braccio destro e capo dello staff del governatore Luciano D’Alfonso, quel Claudio Ruffini delegato “alla delicata distribuzione dei mezzi” che, anche quando gli uomini dell’Anas dicono di avere un’emergenza perché “c’è gente sotto a una slavina”, risponde: “Non se ne frega niente D’Alfonso, queste sono le disposizioni”. È quanto viene intercettato in una telefonata della sera del 18 gennaio, che sintetizza come è stata gestita la vicenda. Ruffini chiama Sandro Sellecchia, dirigente A- nas, e dice che un mezzo “deve andare nel Valfino, lo decide D’Alfonso e nessun altro”. Sellecchia spiega: “Abbiamo avuto un’emergenza, c’è gente sotto a una slavina”. Non si riferisce a Rigopiano ma a una slavina a Ortolano, frazione di Campotosto. E Ruffini: “Non se ne frega niente D’Alfonso, queste sono le disposizioni. È un problema di D’Alfonso, non vostro…”. A quel punto il dirigente di Anas spiega di aver avuto istruzione da un suo superiore e “ribadisce che a Ortolano c’è una slavina con delle persone rimaste sotto e stavano andando a liberare la strada lì”. Ma Ruffini insiste: “Io non ne voglio sapere perché adesso D’Alfonso darà da matto”. Sellecchia ribatte che sono stati inviati dal prefetto, e Ruffini, “dice che D’Alfonso conta più del pre- fetto”. Ruffini, che non è tra i 23 indagati nell’inchiesta della Procura, non presidiò “il luogo deputato al coordinamento dell’emergenza se non per 2 ore e 30 minuti, cioè dalle 15.30 alle ore 18 del giorno 18 gennaio”. Il resto del giorno lo trascorse “a casa o negli uffici a Pescara”, e questo “ha senz’altro determinato un incomprensibile allungamento della linea di veicolazione delle informazioni con contestuali inevitabili sovrapposizioni e fraintendimenti, quando non addirittura non ha generato disposizioni confliggenti”, si legge nell’informativa del Noe. Il dirigente Sellecchia, alle 18.30, “si altera”, annota il Noe: “Fammela coordinare a me questa cazzo di attività. Se diamo gli ordini in venti non risolviamo i problemi”.
Sempre nella giornata del 18, Silvio Liberatore, responsabile Servizio emergenze della Protezione civile, è allarmato: “Dobbiamo fare un tavolo perché sennò qua ci scappa il morto”. Il caos emerge anche dalla telefonata tra l’amministratore delegato di Strada dei Parchi, Cesare Ramadori, e lo stesso Ruffini. Sono le 15.22 dello stesso giorno quando Ramadori “gli dice che il mezzo è già pronto da un paio d’ore ma non lo siete andati a prendere”. Appena un’ora dopo è il consigliere regionale di opposizione Lorenzo Sospiri a sollecitare Ruffini: “Ha capito che là c’è gente che non risponde più nella case, non sappiamo se è viva o morta”. Poi, davanti alle risposte del capo dello staff del governatore dell’Abruzzo, Sospiri commenta lapidario: “La gente sta morendo e voi non vi rendete conto”.
Se ne accorge anche l’addetto stampa della provincia di Teramo, Pina Manente, che manda un sms a Ruffini: “Qui conteremo i morti per carenza di soccorsi, forse non vi state rendendo conto”. Lo stesso Ruffini che non risponde alla chiamata del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (anche lui indagato) che lo chiama alle 15.01 del giorno della tragedia. Non gli risponde e non lo richiamerà.
Regione Abruzzo
Il capostaff del presidente alle 15.01 non risponde e poi ignora la telefonata del sindaco di Farindola